La notizia della nomina di Taika Waititi a regista per il nuovo film di Star Wars, ha elettrizzato i fan della saga, ed è sicuramente un bel colpo (anche in termini d'immagine) per la Disney, che ha messo le mani su un regista che l'anno sorso, con il suo Jo Jo Rabbit, ha incantato critica e pubblico.
Ma ora la vera domanda che tutti si stanno facendo è se basterà a risollevare le sorti di una saga che, con la trilogia sequel, è andata incontro a un progressivo calo di incassi e consenso.
Dirigere un film di Star Wars, infatti, potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio per il regista neozelandese, che dovrà stare molto attento a ciò che deciderà di creare, di offrire ai fan di una saga tanto amata quanto discussa e divisiva.
Il regista del momento
Taika Waititi è un attore, sceneggiatore e regista neozelandese che già con i suoi primi cortometraggi a inizio millennio aveva riscosso grandi riconoscimenti.
Nel 2005 era arrivata una candidatura all'Oscar per il suo Two Cars, One Night a cui era seguito il primo lungometraggio: Eagle vs Shark.
La svolta era arrivata con Boy, accolto in modo molto positivo al Sundance Film Festival, e grandissimo successo in madrepatria.
Aveva poi diretto il mockumentary Vita da vampiro - What We Do in the Shadows ed il film Selvaggi in Fuga.
Il grande pubblico lo ha scoperto grazie a Thor: Ragnarok, che ha incassato quasi 900 milioni di dollari in tutto il mondo ed è stato lodato da molti per fantasia, ritmo, humor e per l'aver valorizzato un cast di prima grandezza.
Sicuramente si è trattato del momento in cui Waititi si è guadagnato agli occhi delle grandi produzioni (Disney in primis) parecchio credito, nonostante ancora oggi il suo Thor sia additato da una bella fetta del pubblico come una sintesi di tutto ciò che vi è di detestabile nel MCU.
Il già citato Jo Jo Rabbit ne ha confermato talento a livello di scrittura, e sicuramente di regia, nel suo sapere mescolare dolore ed ironia, il tutto all'interno di un iter narrativo mai banale e dove il terribile dramma dell'olocausto non perdeva assolutamente nulla della sua drammaticità. Ma ora, ora che Waititi dovrà dirigere il nuovo episodio di Star Wars, creare assieme a Krysty Wilson-Cairns uno script e portarlo sul grande schermo, in molti si chiedono se questo grande amante del kitsch, in grado di valorizzare la CGI come pochi altri e di conciliare azione e gag in modo unico, sia davvero la persona giusta, se davvero riuscirà dove J.J.Abrams e Rian Johnson hanno fallito. A suo favore, sicuramente gioca l'aver confezionato uno degli episodi migliori (forse il migliore secondo molti) della serie The Mandalorian. Tuttavia un conto è dirigere un episodio, un altro è avere la responsabilità di raccogliere un testimone così scomodo e allo stesso tempo importante come quello della saga creata da George Lucas.
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Una Trilogia molto discussa
La trilogia sequel di Guerre stellari ha avuto sicuramente un minor successo a livello di pubblico e critica di quanto ci si aspettasse, anzi è significativo che dopo l'uscita de Star Wars: Il risveglio della forza, gli altri due film siano andati incontro ad un progressivo calo sia a livello di incassi che di consenso della critica e del pubblico. Il primo film venne comunque accusato di aver copiato sostanzialmente la trama di Una Nuova Speranza, di avere dei nuovi personaggi poco accattivanti, e di aver usato molto male quelli vecchi. La morte di Han Solo fu molto criticata. A molti dei fan apparve troppo forzato, con una sceneggiatura poco curata, tuttavia passò l'idea che essendo il primo episodio, fosse anche normale, ed in molti si aspettavano che il secondo film chiarisse ogni dubbio e perplessità.
Rian Johsnon si rifece ad alcune delle idee partorite da Lucas a suo tempo per i sequel, e vi mise (per sua stessa ammissione) elementi e riferimenti al grande cinema bellico ed adventure della Hollywood che fu. Tuttavia il risultato fu ancora più divisivo: l'umorismo troppo conforme ai canoni Marvel (secondo alcuni), la sceneggiatura discontinua, il non essere riusciti a rendere alcuni dei nuovi protagonisti accattivanti, furono tra le accuse più ricorrenti. In molti però ammisero che al film andasse senz'altro riconosciuta una grande dose di coraggio ed audacia, nell'aver cercato di effettuare una cesura, di non rimanere impigliato al passato.
Anche per questo il ritorno di J.J. Abrams fu visto come un passo indietro ne Star Wars: L'Ascesa di Skywalker, ed il fatto che la sceneggiatura fosse stato il frutto di un percorso molto incidentato, complesso, che aveva coinvolto a diversi livelli ed in varie fasi Abrams, Chris Terrio, Colin Trevorrow e Derek Connolly, aumentò le perplessità. Il film è stato quello peggio accolto da pubblico e critica, a dispetto della campagna promozionale e del ritorno dell'Imperatore Palpatine, per non aver risolto (agli occhi di molti) gran parte dei problemi che avevano afflitto la saga. Il finale in particolare, è stato giudicato frettoloso e ben poco epico.
Pericoli e insidie da valutare
Katleen Kennedy, la potentissima produttrice e mente dietro la nuova trilogia, già nel 2017, dopo il grande successo d'incassi di Thor Ragnarok aveva individuato nel regista neozelandese l'uomo ideale per la saga.
A quanto pare ha anche superato le perplessità di Waititi, che si era pronunciato in modo dubbioso su una sua inclusione, ed i motivi sono tutt'altro che superficiali.
Waititi avrà a che fare con una fanbase (quella di Star Wars) che non è solo la più numerosa ed importante, ma anche la più agguerrita, esigente ed aggressiva del mondo del cinema, ed è un elemento che sul successo o fallimento di un film può avere un peso determinante.
Thor Ragnarok era si divertente, ma sovente eccessivo, e se questo è il suo biglietto da visita per un film di questa portata a livello di budget e pubblico, viene da pensare che alcune critiche mosse a Star Wars (in particolare al secondo e terzo film della saga sequel) rischino addirittura di impennarsi.
Certo The Mandalorian, l'ottavo episodio, è la prova che se vuole Waititi può creare qualcosa al tempo stesso di fedele ma anche autentico, e le sue doti e qualità non sono minimamente in discussione.
Tuttavia è Thor ciò a cui la Kennedy e la Disney puntano a replicare, qualcosa in linea con quel pubblico che, orfano dell'universo cinematografico Marvel, ora cerca un sostituto, o quantomeno un prodotto in linea con ciò che dal 2008 gli è stato dato.
Uno Star Wars in salsa Marvel? Qui la parola spetta a Waititi, ma molti fan sono preoccupati che alla sceneggiatura non sia data quell'attenzione per i personaggi, quella fedeltà alla saga che si aspettano.
Soprattutto lo stile di Waititi può andare bene per ciò che riguarda il lato più adventure e leggero di Star Wars, ma chi conosce la saga, sa che è anche fatta di phatos, dramma, epica, e da quel punto di vista il suo Thor non è che brillasse. Anzi.
L'esempio che molti sperano sia seguito da Waititi è quello di Rogue One: A Star Wars Story, forse il miglior film della saga dai tempi della prima trilogia, un war movie spaziale di grande ritmo e drammaticità.
Krysty Wilson-Cairns del resto ha scritto la sceneggiatura di 1917, guadagnandosi una nomination all'Oscar e chi meglio di lei potrebbe aiutare Waititi a creare qualcosa di simile a Rogue One?
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Un rebus chiamato Kathleen Kennedy
Waititi sa girare scene d'azione di enorme impatto e dinamismo, ma il tono scelto potrebbe essere un problema, assieme ad un elemento che non viene da molti sottolineato, centrale nel cinema a grosso budget dei nostri giorni: l'invadenza dei produttori.
Basterebbe chiedere a Zack Snyder o Josh Trank (per fare due nomi) quanto possano essere avversari più che alleati, quanto ci si possa trovare infine a guardare un film che non è neppure lontano parente di quello che si era concepito inizialmente.
Colin Trevorrow, che doveva essere il regista di l'Ascesa di Skywalker, fu rimosso dal progetto proprio da colei che gran parte della fan-base ostile alla nuova trilogia, ha sempre indicato come la "colpevole": Kathleen Kennedy.
"Differenze artistiche" fu il comunicato ufficiale, a quanto pare nessuno dei copioni scritti da Trevorrow aveva soddisfatto la Kennedy, che in passato già aveva operato un drastico cambiamento di regia per lo spin-off Solo: A Star Wars Story (con esito discutibile a giudicare dal risultato).
La Kennedy è del resto nota per farsi pochi problemi in merito, Rogue One aveva visto Gareth Edwards sostituito a favore di Tony Gilroy tra lo stupore generale.
La sensazione è che per Waititi non sarà così semplice, perché Rogue One era un progetto "minore", il suo Thor arrivò come l'ultima spiaggia per il personaggio, ed in nessuno dei due film vi erano pressioni così forti come quelle che dovrà affrontare in Star Wars.
E di certo sarà difficile vedergli avere la stessa libertà di azione a cui è abituato.
Il rischio, è quello che ancora una volta si veda la nascita di un film troppo commerciale, troppo indirizzato per tono e natura verso il pubblico generalista, staccandosi dalle tematiche e dalle atmosfere che hanno fatto sì che sia The Mandalorian che la serie The Clone Wars riscuotessero il successo che è sotto gli occhi di tutti.
Perché a volte è il produttore a dover fare un passo indietro, in favore di una maggior libertà creativa, e nel caso di Star Wars l'insuccesso della nuova trilogia è un segnale chiaro.
Il tempo ci dirà se a Waititi verrà data questa possibilità e se sarà in grado di sfruttarla. Ma a guardare certi momenti di The Mandalorian non si può nascondere un certo ottimismo.