"Il cinema è la morte al lavoro sugli attori" affermava Jean Cocteu, ma tra le mani di Francesco Patierno il mondo della settima arte diventa uno strumento di rinascita, un processo di sopravvivenza attuatosi sul corpo e sulla mente di Fuani Marino. Un nome curioso, unico, quello della giovane napoletana, ma comunque sconosciuto ai più; eppure, per un gioco curioso e paradossale del destino, dietro a quel nome così particolare, si nasconde un'esperienza vicina e analoga a tanti: un viaggio oscuro tra le onde tempestose di un'interiorità frammentata e colpita da quella coltre disarmante chiamata "depressione" che ha saputo avvolgere troppe menti, e lacerato troppi sorrisi.
Come sottolineeremo in questa recensione di Svegliami a mezzanotte, il documentario firmato da Francesco Patierno si slega dai codici cinematografici per abbracciare un senso di commovente poesia scritta con l'inchiostro della sensibilità umana. Non solo mera traduzione in linguaggio audiovisivo delle confessioni lasciate su fogli bianchi dalla stessa Marino, Svegliami a mezzanotte prende la forza impattante delle parole, per elevarsi a saggio mai retorico, ma maledettamente umano, sulla carica assorbente di un male come quello della depressione. Un'ombra, questa, che spegne il sole della vitalità giovanile, avvolgendo di un mantello nefasto lo sguardo di anime più o meno fragili, e tramutare, così, con un incantesimo malefico l'essere umano in eterno paziente. Un paziente non solo in campo ospedaliero, ma nel senso più letterale del termine: "paziente" perché perennemente in attesa che qualcosa possa cambiare, senza che nulla cambi mai. E così il letto diventa una culla avvolgente, gli occhi chiusi un'ancora di salvezza, il sonno un limbo dove nulla tange, soltanto allevia. E così il giorno passa, la notte si avvicina e la mezzanotte diventa il momento più agognato, una sveglia di fragile vitalità.
"Svegliami a mezzanotte", chiede non a caso Fuani al marito: una richiesta questa, fattasi titolo di un'opera maestosa, breve ma intensa, che tutto prende e tutto avvolge, lasciando lo spettatore prigioniero di un'intimità fragile, pronta ad aprirsi e farsi elemento alla portata di tutti; un pezzetto di sé da conoscere e condividere in un sogno investito di immagini, ricordi, parole, nell'attesa del risveglio; nell'attesa del domani.
Svegliami a mezzanotte: la trama
"Mi sono uccisa il 26 luglio 2012. Avevo da poco compiuto 32 anni e da neppure quattro mesi partorito la mia prima e unica figlia, Greta". Il film è il racconto della storia vera di Fuani Marino, una giovane donna che a causa di una forte depressione si lancia dal quarto piano di un palazzo e sopravvive alla caduta. Svegliami a mezzanotte è il suo racconto, un manifesto in linguaggio cinematografico pronto a indagare i luoghi oscuri del disagio psichico attraverso i fotogrammi, le parole e le emozioni di un'esistenza fragile, illuminandoli con il racconto di una insperata resurrezione che porta con sé la speranza.
Cicatrici d'oro di un percorso in salita
Ciò che non si conosce fa paura; è un processo naturale, umano, e trattare un argomento come quello della depressione incute inevitabilmente terrore, perché va a toccare un nervo scoperto della società contemporanea, un qualcosa di così invisibile eppure così lacerante. Solo a nominarlo questo argomento desta timore, e allora tanto vale ignorarlo, sottostimarlo, nella speranza che perda potere, riducendosi fino a scomparire. Fuani Marino sa cos'è la depressione: è una compagna di vita fastidiosa, che la scuote, la deconcentra, le sussurra pensieri destabilizzanti e le suggerisce azioni letali. Un vaso distrutto e ora pronto a essere ricostruito, il corpo di questa donna. Le sue cicatrici dopo quella caduta dal quarto piano sono sentieri dorati, percorsi da seguire con il tocco di una mano per rialzarsi e ripartire, non senza qualche ricaduta. In Giappone, quando un oggetto in ceramica si rompe, lo si ripara con l'oro, perché un vaso rotto può divenire ancora più bello di quanto già non lo fosse in origine, e la rinascita di Fuani è un processo lungo, non certo facile, raccontato da Patierno senza filtri, ma con un'onestà lacerante, atta a colpire e scuotere il proprio spettatore molto di più di quanto ci si aspetterebbe.
Esistenze suggerite in ricordi corporei
Svegliami a mezzanotte non ha paura di seguire questo processo di rinascita, soffermarsi sulla profondità di cicatrici ora elevatesi a testimonianze fisiche di un dolore che tenta di abbracciare anche la serenità. Lo sguardo di Patierno non si arroga il diritto di ricreare le fasi di un'esistenza in involuzione. Lascia che a colpire l'anima dello spettatore sia la forza del ricordo, restituito con la voce suadente e profonda di Eva Padoan sulla base delle parole della stessa Fuani. Sogni, speranze, segni di un recente passato affidati alla musicalità vocale, e resi visibili da fotografie, filmati amatoriali, dettagli corporei, frammenti di una vita passata ma mai dimenticata; una galleria di immagini quasi ipnagogiche, tra il sogno e la veglia, di un qualcosa che si credeva aver perso, ma ora pronto a ripresentarsi per danzare insieme al fantasma del ricordo.
Ma in questa galleria di pensieri e ricordi, lo sguardo della protagonista viene celato per fare del documentario una confessione intima vicina alla natura del sogno. Lo spettatore si fa pertanto testimone privilegiato di quel processo meccanico che è la mente di Fuani: un'interiorità interrotta, eppure così alacre, fucina di una vitalità spasmodica decostruita e ricostruita dalla forza di una donna pronta a ergersi a portavoce di pensieri omessi, esperienze celate, esistenze inascoltate. E se il materiale di un passato personale non fosse abbastanza, ecco che il regista sottolinea il contenuto del ricordo, inserendo spezzoni di repertorio, e momenti recuperati dall'archivio dell'Istituto Luce per rimarcare ed evidenziare la portata di certe emozioni e pensieri astratti, ora magicamente resi tangibili e visibili.
Dar corpo ai ricordi
Associazione visiva di raccordi mentali, Svegliami a mezzanotte è un racconto personale vestito di un abito surrealista, erede diretto dei lasciti visivi di Salvador Dalí e Luis Buñuel. Ancorandosi alla compattezza e al significato delle parole, il documentario di Francesco Patierno si avvale di un vestito trasparente, inafferrabile, che va a colpire la sfera più inconscia dello spettatore, per gettarlo nell'animo più profondo della sua protagonista. In Svegliami a mezzanotte le parole hanno adesso un corpo, rendendo ancora più umana un'esistenza suggerita, e mai mostrata direttamente se non attraverso il peso del ricordo sotto forma di foto e filmati. Un abbraccio iconografico di un sogno che parla di un incubo, dove il tentato suicidio si fa microfono di un vuoto interiore scavato dall'ombra della depressione, pronto a soffocare una voce che mai come adesso intende farsi sentire per esorcizzare un male tenuto per troppo tempo nascosto, e così finalmente annientarlo, e distruggerlo all'alba della mezzanotte.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Svegliami a mezzanotte sottolineando come il documentario di Francesco Patierno sia la perfetta traduzione di un racconto personale come quello di Fuani Marino, giornalista napoletana vittima della forza della depressione. Giocando sul potere del ricordo, e della messa in sequenza di filmati amatoriali e scatti personali, il regista fa della sua opera una confessione intima, carezza leggera pronta a colpire in pieno volto lo spettatore, commuovendo senza retorica ma tanta umanità.
Perché ci piace
- La dolcezza del racconto.
- L'uso di materiale di repertorio insieme a scatti privati e filmati amatoriali.
- La decisione di non mostrare il volto di Fuani nell'atto del racconto, limitandosi alle cicatrici.
Cosa non va
- L'inserimento di certe ricostruzioni per la narrazione di eventi salienti.
- Che finisce.