La verità è il tema contemporaneo per eccellenza. Sfumata, impenetrabile, relativa. Una contro-lettura delle emozioni più intime, nella sua scomodità d'essere, si lega allora con il concetto chiave che domina le nostre notti insonni. Da questo punto, sviluppando quello che lui stesso definisce "un thriller sentimentale", Emiliano Corapi dirige Suspicious Minds. Giro lungo, il film: presentato nel 2023 ad Alice nella Città, salta la sala e, due anni dopo, arriva in streaming su Paramount+.

Una scelta distributiva sensata: Suspicious Minds, considerando tutto, sembra tracciato per una visione casalinga, magari da consumare in coppia. Un film-terapia? La rivelazione delle bugie taciute, e mascherate secondo uno schema (auto)distruttivo che, a tratti, ha la capacità di mettere in discussione la fiducia nei confronti dell'altro, facendo a pezzi il concetto di relazione.
Suspicious Minds: due coppie e un ascensore rotto
Al centro di Suspicious Minds - no, la canzone di Elvis non c'entra nulla - due coppie, quattro personaggi, un albergo a pochi passi dalla Stazione Termini e un fortuito episodio che sconquassa gli equilibri. O, forse, ne rivela semplicemente la natura. Fabrizio (Francesco Colella), manager, torna Roma con la moglie olandese Emile (Thekla Reuten). La prima vacanza dopo anni, ripercorrendo le tracce del loro innamoramento. Dall'altra parte ecco Giulia e Daniele (Amanda Campana e Matteo Oscar Giuggioli), vent'anni, bagaglio leggero, turisti distratti.
Non si conoscono, ma tutti e quattro condividono lo stesso spazio. Uno spazio che si ristringe quando Giulia e Fabrizio rimangono bloccati in ascensore. Una convivenza forzata capace di segnare un profondo solco. Usciti dall'ascensore, non saranno più quelli di prima. Cosa è successo? Perché Daniele è sospettoso nei confronti di Giulia? E se l'avesse tradito con quell'uomo più grande? E perché Fabrizio, tra il serio e il faceto, pare ammiccare al tradimento con una sempre più schiva e frigida moglie?
Molte domande e forse troppe risposte?

La domanda si estende e si comprime per ottanta minuti. Una domanda che ha la capacità di dialogare direttamente con il pubblico, non c'è dubbio, e ha la capacità di intrattenere finché il gioco regge, con la tensione che mantiene la sua carica cinetica (almeno all'inizio). Funzionano anche i quattro interpreti: perfettamente respingenti, incattiviti, nervosi, imprevedibili e per questo umani. Colella, tanto per cambiare, è una garanzia.
Il divario generazionale, tra l'altro, appare molto più teorico che pratico, (di)mostrando quanto non sia l'età a definire chi siamo bensì le nostre scelte, più o meno inconsapevoli. Veloce appunto: tra le righe, il film aggiunge pure che ogni scusa è buona per compiacere l'effimero approccio alle menzogne, rivolte prima a noi stessi che al partner. Un bignami sulle relazioni umane, quello di Corapi, regista e sceneggiatore esperto ma non bulimico, declinate secondo uno schema quadrangolare che non lascia scampo, e anzi risulta spietato.

Certo, come purtroppo troppe volte accade, lo sguardo interessato e interessante finisce per girare su sé stesso, portando ad un vuoto a perdere riempito da un'idea che funziona, senza però scapigliare, o risultare completamente attraente (ma comprendiamo quanto l'unicità di visione sia materia relativa). È un discorso a metà, Suspicious Minds, aperto senza la volontà di essere chiuso; è un cinema che pone i giusti quesiti ma, forse, azzarda un po' troppo nelle risposte (sottolineate in un finale che stupisce, ma fino ad un certo punto). Del resto, il dubbio è il vero bilancino della verità stessa: entrambi inconfutabili, entrambi smentibili. Soprattutto al cinema: troppa luce rischia di accecare. Meglio una buona zona d'ombra.
Conclusioni
Quattro coppie scoppiate e una discesa nelle rivelazioni più sconvolgenti. Suspicious Minds fa a pezzi il concetto di relazione, tracciando un solco tra apparenza e verità. Una buona idea e un buon cast, uniti ad una buona location, per un film che intrattiene ma che, forse, si blocca proprio nelle troppe risposte che aggiunge ad un finale prevedibile. Restano le buone intuizioni.
Perché ci piace
- Un buon cast.
- La location.
- L'idea.
Cosa non va
- Forse troppe risposte: il cinema deve domandare.
- Parte centrale prevedibile.