Un cielo stellato, un vecchio camper, la campagna inglese, la malattia che incombe e una coppia di sessantenni in viaggio verso nord destinati da lì a poco a entrare in rotta di collisione. Il secondo film di Harry Macqueen è l'elegia di un lungo addio, come avrete modo di leggere meglio nella recensione di Supernova, in sala dal 16 settembre. Struggente e realistico nel rappresentare l'umanità più fragile, il racconto fa della sottrazione la sua cifra; mai urlato né retorico, deve la sua sincerità non solo a una scrittura solida ma anche ai due interpreti, Colin Firth e Stanley Tucci, giganteschi nel tratteggiare due caratteri straordinariamente comuni.
Un road movie intimista
L'impianto è quello del classico road movie con cui il regista ripropone un tema a lui caro, l'esplorazione dei sentimenti all'interno di una coppia: di vecchi amici come nel caso dei protagonisti del film precedente Hinterland, o di amanti come succede in Supernova. Il duetto in questione è quello composto da Sam e Tusker, che stanno insieme da vent'anni e si amano come il primo giorno. Sam è un pianista, Tusker uno scrittore, entrambi sono l'immagine dell'amore puro, che cresce tra l'aroma del caffè al mattino, la routine, gli sguardi complici, la tenerezza dei gesti quotidiani. Una vita passata a esplorarsi e a guardare le costellazioni, fino alla diagnosi di demenza precoce che da due anni affligge Tusker. Proprio l'incombere della patologia che avanza velocemente convince Sam a mettere in pausa i propri progetti per prendersi cura del compagno. Il tempo da trascorrere insieme è diventato l'elemento più prezioso da condividere prima che bruci definitivamente ogni ricordo, prima che l'oblio si porti via l'irruenza delle emozioni e Tusker inizi a "dimenticare anche chi è che mi dimentica".
Così decidono di mettersi in viaggio a bordo di un camper scalcinato per ritrovare amici e parenti e visitare i luoghi del loro passato, guidati da un navigatore che ha la voce di Margareth Thatcher, come ricorda una delle tante sagaci battute del film. Sarà il loro ultimo tratto di strada insieme nel tentativo di riappropriarsi di quanta più normalità possibile e di tutte le infinite piccole gioie di cui possono ancora godere: guardare le costellazioni sul soffitto della propria camera, sorseggiare dell'ottimo vino in compagnia dei famigliari, stringersi in un abbraccio. Inevitabile il dissolversi progressivo delle rispettive identità man mano che la memoria del loro universo comincia a sgretolarsi sotto i colpi impietosi della malattia: più Tusker si renderà conto di quanto stia per perdere rapidamente il controllo, più Sam diventerà protettivo, ostinatamente aggrappato all'illusoria speranza di poterlo sottrarre con le proprie cure alla ferocia del tempo. Il peggioramento delle sue condizioni lo porterà inoltre a prendere segretamente delle decisioni che Sam non è ancora pronto ad accettare.
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Colin Firth e Stanley Tucci in una grande prova d'attore
Colpisce la grazia con cui Harry Macqueen riesce a mettere in campo complesse riflessioni esistenziali dal fine vita all'essenza stessa dell'esistere, senza mai andare fuori misura. Al centro della narrazione l'amore e le conseguenze della demenza che fagocita irreversibilmente ogni frammento di memoria, una storia che riecheggia gli Ella & John di Paolo Virzì o la Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland (Still Alice), ma che in questo caso trova sviluppo in una dimensione più intima.
Il regista privilegia delle singole istantanee, immortala sensazioni e indugia sui dettagli: il discorso commosso di Tusker a tavola, la registrazione della propria voce su un vecchio mangia nastri, le premure di Sam, la sua dedizione incondizionata, l'amore totalizzante, l'egoismo di chi rimane, l'amarezza del "non si dovrebbe piangere qualcuno quando è ancora in vita".
Se il film è in grado di raccontare tutto questo con grande equilibrio, una buona parte del merito è indubbiamente della coppia di interpreti: Colin Firth e Stanley Tucci, amici di lunga data, riescono a restituire un ritratto naturale dei protagonisti, compensandosi e scambiandosi battute con una rara complicità. Dimesso e mite il primo, fiero e composto il secondo seppur fiaccato dalla malattia, insieme esplodono in una performance che detta il ritmo dell'intero racconto. Silenti, malinconici e straziati ciascuno dal proprio dolore.
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Supernova ribadendo quanto il secondo lungometraggio del britannico Harry Macqueen debba molto della sua riuscita alla straordinaria alchimia tra i due interpreti, Colin Firth e Stanley Tucci. Insieme esplodono in una performance di rara grazia: composti e misurati in ogni singola battuta e ad ogni sospiro, abbraccio o sguardo, dettano il ritmo dell’intero racconto.
Perché ci piace
- Il racconto commosso e mai urlato o consolatorio dell’impatto della malattia all’interno di una coppia.
- Colin Firth e Stanley Tucci giganteggiano per tutto il film, tratteggiando due caratteri straordinariamente umani, mai fuori misura.
Cosa non va
- Il tono rarefatto della narrazione e il lavoro di sottrazione potrebbero alla lunga stancare lo spettatore meno abituato a questo genere di storia.