Quando abbiamo letto dell'arrivo su Netflix di Storia della mia famiglia, abbiamo subito drizzato le antenne leggendo il nome del suo autore, Filippo Gravino, già sceneggiatore di recente di un altro Original italiano, ossia la convincente serie di ACAB. Così, una volta ricevuti gli episodi, abbiamo cliccato play con quel misto di curiosità e aspettative che a volte ci capita ancora di provare, pur travolti dall'affollamento di contenuti degli ultimi anni. E non siamo rimasti delusi, perché Gravino è stato capace di assestare un notevole uno-due al mondo delle serie italiani della principale piattaforma streaming, passando da un genere all'altro con disinvoltura e sicurezza, virando su emozioni diverse ma ugualmente autentiche e forti.
La storia, e l'eredità, di Fausto

Il racconto di Storia della mia famiglia prende le mosse da Fausto e dal suo ultimo giorno, per una malattia incurabile che lo costringe a immaginare un'eredità da lasciare a chi ha intorno, ai fantastici quattro a cui chiede di prendersi cura dei propri figli quando non ci sarà più. Si tratta della madre Lucia, del fratello Valerio e degli amici di sempre Maria e Demetrio. Una richiesta che costringe i quattro a mettere insieme un nucleo famigliare alternativo, tra sentimenti, lacrime e risate, tra gioie e dolori, errori più o meno grandi, e soprattutto un vortice di emozioni che affonda le sue radici nel passato e ha ripercussioni in un presente in cui tutti cercano di fare del loro meglio per portare avanti le proprie vite ferite dal dolore.
Tutte le anime di Storia della mia famiglia
Al centro del racconto di Storia della mia famiglia c'è ovviamente il Fausto di un bravo ed emozionante Eduardo Scarpetta, che incontriamo in un presente che ci racconta i suoi ultimi momenti, ma che Filippo Gravino e la co-sceneggiatrice Elisa Dondi ci fanno conoscere anche attraverso flashback in un passato in cui costruire la relazione con quella che diventa la madre dei due figli Libero ed Ercole, e in cui tratteggia il complesso rapporto con le quattro figure che identifica per prendersi cura dei ragazzi dopo la sua scomparsa: quattro interpreti ugualmente abili nel costruire i rispettivi personaggi, dalla solida Vanessa Scalera che dà vita alla madre Lucia all'imperfetto e fragile Valerio di Massimiliano Caiazzo, fino ad arrivare ai due amici Maria e Demetrio, con cui Fausto ha sviluppato nel corso del tempo rapporti complessi e delicati, mutevoli nel tempo e di complicata definizione.

Un cast abile nel tradurre su schermo e rendere credibili le dinamiche che si sviluppano tra i rispettivi personaggi, nel presente che li vede costretti ad accettare la situazione e subire le scelte inattese di Fausto, così come nel passato che i flashback ci raccontano, in una montagna russa di emozioni forti e rapporti interpersonali da (ri)definire. Quelle dei protagonisti di Storia della mia famiglia sono interpretazioni che colpiscono per autenticità e spontaneità, freschezza nel mettere in scena il dolore così come l'allegria, senza mai essere eccessivi né in un senso né nell'altro, scivolando con naturalezza nel dialetto laddove necessario per rendere ancor più diretto e sincero il dialogo.
Ridere, pur nel dolore
Una lode che il cast divide con gli autori, che hanno espresso su carta ancor prima che su schermo l'intento che la serie Netflix riesce a concretizzare. Si parla spesso di dramedy, infatti, ma non è sempre chiaro lo spazio narrativo in cui questo genere va a collocarsi, come naturale ibrido tra commedia e drama. In questo spazio indefinito e spesso labile, Storia della mia famiglia si muove con disinvoltura, ci si trova a proprio agio, riuscendo a stuzzicare nello spettatore sia le risate che le lacrime, mai forzate o gratuite, sempre figlie di una costruzione che seppur ragionata appare naturale e genuina.

Ed è abile anche Claudio Cupellini alla regia nel far suo questo approccio e cucirci sopra la messa in scena necessaria a sostenere questa alternanza di sensazioni senza strafare, senza mai calcare la mano nel sottolineare i momenti più drammatici o lasciarsi andare alla commedia laddove l'allegria l'avrebbe concesso: il regista si muove con misura nel costruire le sequenze che si alternano tra presente e passato, avvalendosi di un'ottima selezione musicale per sottolineare i momenti, accompagnarli e permettere alla storia di Fausto e la sua sgangherata famiglia di venir fuori dallo schermo e raggiungerci.
Conclusioni
Quello che ci racconta Filippo Gravino in Storia della mia famiglia parte da uno spunto drammatico, ovvero la malattia e l'ultimo giorno di Fausto, ma la serie Netflix si sviluppa alternando sensazioni e suggestioni differenti, tra passione e allegria, riuscendo a emozionare e persino a divertire nonostante tutto. Bravo Eduardo Scarpetta a incarnare la figura del protagonista, ma altrettanto in parte i quattro interpreti che lo circondano e ne accolgono l'eredità, da Vanessa Scalera a Massimiliano Caiazzo, Cristiana Dell'Anna e Antonio Gargiulo. Misurata ed efficace la regia di Claudio Cupellini, come è a fuoco la selezione musicale che accompagna il racconto e ne enfatizza le emozioni.
Perché ci piace
- Il cast e la sintonia che riesce a trasmettere. Come una vera famiglia.
- La regia di Claudio Cupellini, che sostiene emozioni e sentimenti senza mai calcare la mano.
- La costruzione narrativa, che spazia su piani temporali diversi per costruire un tutto unico e organico.
- La selezione musicale con canzoni, che spaziano dai Blur ai The Cure, capaci di enfatizzare l'aspetto emotivo.
Cosa non va
- Non è una storia deprimente, ma triste è lo spunto di partenza, che può quindi scoraggiare chi non ama questo genere di racconto. È però una storia vera che merita attenzione.