Iniziamo la recensione della quarta stagione di Station 19 con una precisazione doverosa: è sempre difficile per uno spin-off creare un'identità propria che differisca dalla serie madre da cui nasce, in questo caso Grey's Anatomy, giunto alla 17esima stagione. Non possiamo dire che Station 19 ci sia riuscito, però questa quarta stagione, complice la tematica attuale della pandemia, ha portato maggior coesione e sviluppo nelle storyline dei pompieri di Seattle rispetto al serial originale. Vediamo insieme perché.
DOVE ERAVAMO RIMASTI
Un po' come Grey's Anatomy e altre serie tv generaliste tornate con un po' di ritardo sulla tabella di marcia per via della pandemia in corso, Station 19 si trova a dover fare i conti con delle storyline troncate nel finale della scorsa stagione e che devono essere riprese e riadattate alla nuova situazione sanitaria, trasposta anche nella finzione così come per altri show, soprattutto medical e procedurali.
Muovendosi fra flashback e sequenze ambientate nel presente, la premiere di stagione (ma anche un po' gli episodi successivi) porta gli spettatori a scoprire cosa sia accaduto nel frattempo e come i vari personaggi stiano affrontano la "nuova normalità" fatta di mascherine, distanziamento e così via, che nel tipo di lavoro svolto dai protagonisti triplica pericoli e accortezze. Già dalla scorsa stagione Krista Vernoff è diventata showrunner di entrambe le serie, così da creare un universo unico e coeso in cui sempre più spesso trovano spazio momenti crossover: non solo attraverso il grande evento della premiere e del midseason finale (la serie negli Usa tornerà non prima di marzo sempre a causa dei ritmi più lenti dettati dalle nuove regole di set del Covid-19), ma anche con brevi incursioni dei personaggi di Grey's Anatomy in Station 19 e viceversa.
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LA FAMIGLIA AL TEMPO DELLA PANDEMIA
Proprio la famiglia è il tema centrale di questa prima parte della quarta stagione di Station 19. Andy (Jaina Lee Ortiz) deve affrontare le triple conseguenze del precedente finale di stagione: la morte del padre, la scoperta che la madre è ancora viva e i postumi della confessione di Sullivan (Boris Kodjoe) sulla sua dipendenza dagli antidolorifici, oltre al loro neonato matrimonio (avvenuto forse troppo presto). La storia di Sullivan avrà ripercussioni anche sugli altri membri della squadra, in primis Ben Warren (Jason George) e il suo progetto dell'ambulanza di primo soccorso. Il capitano Maya Bishop (Danielle Savre) deve affrontare la consapevolezza degli abusi psicologici subiti dal padre e il neonato rapporto con Carina (la nostra Stefania Spampinato), che si trasferirà in pianta stabile nel cast dello spin-off da Grey's Anatomy.
Famiglia e amore saranno al centro dell'evoluzione della "coinquilinanza" di Dean (Okieriete Onaodowan) e Vic (Barrett Doss), verso un punto di non ritorno ora che lui ha capito di essere innamorato dell'amica. Jack (Grey Damon) deve capire cosa stia diventando per lui la "famiglia per caso" formata insieme a Marsha, Inara e il figlio sordo di quest'ultima, Marcus. Infine Travis (Jay Hayden) avrà a che fare mai come prima con i propri genitori, soprattutto il padre che rivelerà una grande sorpresa al figlio. Perno morale e narrativo, ancor più che in passato, sarà proprio la coppia formata da Ben e Miranda Bailey (Chandra Wilson), capo del Grey Sloan Memorial Hospital, che si autoimpongono di vivere separati a causa delle complicazioni e rischi maggiori per la propria famiglia di contrarre il virus. Quasi dei "mentori" sentimentali per le altre coppie, come Carina e Maya.
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MAGGIOR COESIONE ED EQUILIBRIO NARRATIVO
Quello che in questa prima parte di stagione dimostra Station 19 è appunto il saper gestire meglio l'equilibrio narrativo fra passato e presente, giustificando le varie storyline legate alla pandemia pensate per i vari personaggi, senza intaccare troppo le rivelazioni dello scorso finale, pensato pre-Covid-19. Il mix di azione, romance e drama che ha caratterizzato finora lo show continua su quella linea, tentando di portare i personaggi verso una (almeno apparente) stabilità emotiva. L'attualità viene trattata sempre con tatto e mostrandone quasi a tempo zero (dato che questa "nuova normalità" la stiamo ancora tutti vivendo) tutti i vari aspetti: chi si preoccupa, chi cerca di vivere la situazione senza troppo stress, chi la prende forse troppo alla leggera, chi non rispetta le regole, chi le rispetta fin troppo alla lettera, e così via.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di questa prima parte della quarta stagione di Station 19 contenti della maturazione della serie, che ha saputo creare maggior coesione narrativa con l’inserimento della pandemia nelle storyline dei personaggi, equilibrandola agli altri elementi caratteristici dello show e rinforzando il concetto di nucleo familiare più o meno allargato. I crossover con Grey’s Anatomy continuano, così come il mostrare la quotidianità della “nuova normalità” che stiamo tutti vivendo.
Perché ci piace
- I nuovi episodi danno il giusto spazio a tutti i protagonisti mostrando lati e aspetti diversi della pandemia in corso.
- I casi episodici sono sempre accattivanti e legati all’attualità, senza dimenticare i temi dell’integrazione razziale e LGBTQ+ che sappiamo cari a Shondaland.
Cosa non va
- La serie non riesce ad avere una propria identità che sia slegata dalla serie madre e dai crossover con essa, e sarà un problema quando Grey’s Anatomy chiuderà i battenti.