State a casa, il nuovo film di Roan Johnson in sala dal 1° luglio con Palomar e Vision Distribution, è molto più che un film sulla pandemia. È un film su un altro tipo di virus che attanaglia e si insinua silenzioso nelle nostre vite e non se ne va più via. Di questo e altri aspetti meta-narrativi del film abbiamo parlato con il regista londinese-toscano, insieme al cast dei quattro giovani protagonisti composto da Lorenzo Frediani (Nick), Giordana Faggiano (Benedetta), Dario Aita (Paolo) e Martina Sammarco (Sabra). Come si racconta in quest'intervista a regista e cast di State a casa, Johnson torna in sala cinque anni dopo Piuma perché sentiva l'esigenza di raccontare il momento drammatico che tutto il mondo stava vivendo.
La video intervista al regista Roan Johnson e ai quattro giovani protagonisti Lorenzo Frediani, Giordana Faggiano, Dario Aita e Martina Sammarco
GIRARE CON LA PANDEMIA
Roan Johnson è stato il primo a girare durante il primo lockdown le nuove puntate de I delitti del Barlume, e nel secondo ha girato State a casa: "Io ho scritto sia le puntate del Barlume sia questo film circa nello stesso periodo ovvero il primo lockdown. Ho veramente sentito l'esigenza di raccontare questo avvenimento globale e perché pensavo che ognuno stesse facendo i conti con se stesso e con questo evento molto più grande di lui. È stato girato nel secondo lockdown, forse quello più pesante da un punto di vista psicologico, perché mentre il primo aveva il fattore novità, di comunanza, il secondo essendo una ripetizione penso sia stato più pesante da un punto di vista umano".
Continua Roan Johnson: "Noi abbiamo avuto la fortuna di esorcizzare l'evento reale ed avere una sorta di catarsi su quello che stava succedendo vivendolo sul set, perché avevamo inscenato lo scenario peggiore di quello che poteva succedere all'uomo e alla comunità - in questo caso una comunità simbolica di quattro ragazzi in un appartamento condiviso - anche se si stava parlando di qualcosa di molto più grande, e facendo questo in un'unica location - tra l'altro loro abitavano insieme anche fuori dal set e io li andavo a trovare il venerdì e sabato sera per fare il "quinto coinquilino" - ci ha secondo me un po' curati e vaccinati da un altro virus psicologico che ci ha colpito. E speriamo che questo piccolo film possa fare altrettanto".
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IL SIGNIFICATO DELL'ARTE
Dal suo punto di vista, Dario Aita interprete del geloso Paolo: "Girare in lockdown è stato stranissimo, era un periodo critico soprattutto per noi artisti. Mentre il mondo ci stava crollando addosso, la domanda almeno per me è stata 'che utilità abbiamo noi artisti oggi nel mondo? C'è la gente che sta morendo e un rider era molto più utile di noi in questo preciso momento storico'. Che cosa potevamo fare? Raccontare una storia che parlasse di questo periodo è stata una risposta ottima da parte di Roan, quindi prendere parte a questo progetto è stato entusiasmante e estremamente utile perché dal nostro punto di vista è stata una risposta a quel dubbio, a quella domanda. A cosa può servire il nostro lavoro oggi? A raccontare una storia affinché la gente possa metabolizzare ed elaborare un momento di crisi profonda, questa è l'unica cosa che possiamo fare con tutta l'umiltà del mondo".
UN FILM SUL DARE, AVERE, PRENDERE CON LA FORZA
Che cosa ha lasciato agli attori addosso e sulla pelle (come potrebbe fare con gli spettatori) questo film? Giordana Faggiano, interprete di Benedetta, dice: "Personalmente ho dato a questo film una parte di anima che pensavo di non avere, che piano piano è venuta a galla e della quale continuo comunque a trarne beneficio anche adesso, e quello che ho preso è una maggior sicurezza nel fare questo lavoro e nello stare sul set. Per me questo è stato fondamentale e devo ringraziare Roan, perché non è scontato per noi attori anche solo fare un provino ed essere scelti, e chi ti dà la possibilità come regista e come produttore di poterti esprimere a 360 gradi è un grande dono".
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Le fa eco Lorenzo Frediani, interprete di Nick (che ricorda un altro Nick televisivo, quello di New Girl): "Sono d'accordo sull'opportunità che ci è stata data, questi personaggi hanno un'arcata drammatica da tragedia, tanto da risultare spaventosa nel momento in cui leggi la sceneggiatura. Noi quando abbiamo letto l'ultima mezzora di film eravamo sconvolti, ad esempio per il mio Nicola che parte come un personaggio leggero e finisce in quel mondo, la sfida era riuscire a tenere insieme tutti i mattoni che Roan aveva messo lì con uno sviluppo di plot vertiginoso. Il film è una spirale in cui gli avvenimenti accadono in maniera velocissima, e di scena in scena il personaggio è salito dieci gradini, è partito da una commedia universitaria se vogliamo per finire in una tragedia. A livello attoriale è un grande regalo che Roan ci ha fatto, metterci davanti dei personaggi complessi e dovevamo fare in modo che risultassero credibili nello sviluppo. Il film ci ha anche lasciato la 'festa' che abbiamo fatto per un mese e mezzo, il clima che si respira soprattutto nella prima parte del film spero sia quello che abbiamo vissuto sul set e in casa fra di noi, di comunanza, anche perché avevamo tre settimane per girare e tre quarti del film è in piano sequenza. Quindi o così o niente (ride)".
I CAMEI DI ROAN JOHNSON
State a casa è un film che cita le opere precedenti di Johnson, una specie di summa del suo lavoro finora, anche se vira decisamente dai generi precedenti, e proprio all'inizio del film si dice che per i quattro coinquilini "fino a qui tutto bene" (prima che scoppiasse la pandemia). Johnson ha sempre fatto un cameo nei propri film, ma questa volta no. Dicono in coro i quattro giovani interpreti: "Gliel'abbiamo chiesto tante volte", continua Dario: "Gli abbiamo proposto di interpretare il rider", Giordana asserisce: "Lui stava crescendo e ha detto no (ride)". Chiude Roan: "È successo che non c'era l'opportunità di un ruolo, sennò l'avrei fatto. A un certo punto avevamo pensato allo zio di Benedetta, ma sarebbe stato troppo".