Con la recensione di Star Trek: Lower Decks ci spostiamo da Netflix - dimora, fuori dagli USA, della serie che nel 2017 ha rilanciato il ramo televisivo del franchise - e torniamo su Amazon Prime Video, che nel 2020 ha accolto il lancio internazionale del ritorno di Jean-Luc Picard. In quel caso era a cadenza settimanale, il giorno dopo l'esordio del singolo episodio su CBS All Access in patria, mentre in questa occasione, complice l'assenza di simultaneità, la nuova serie arriva con tutti e dieci i capitoli disponibili in un solo colpo. Dieci capitoli che si discostano un po' da quello a cui siamo abituati quando si parla dell'universo di Gene Roddenberry, essendo questo serial animato - come la prosecuzione della serie originale che andò in onda tra il 1973 e il 1974, e che potete recuperare su Netflix - e impostato sul tasto della commedia, elemento che ha sempre fatto parte del franchise ma come ingrediente di singoli film o episodi, mai come colonna portante di un intero progetto. Eppure, a modo suo, è il prodotto più puramente trekkiano da alcuni anni a questa parte. N.B. La recensione si basa sulla visione in anteprima della stagione completa.
Giovani guardiamarina crescono
Come lascia intendere il titolo, Star Trek: Lower Decks si focalizza sui livelli inferiori di una classica astronave, in termini geografici e gerarchici (l'appellativo è tratto da un episodio di Star Trek: The Next Generation che si focalizzava su un gruppo di guest star nei panni di personaggi secondari, trovata che ha anche ispirato alcuni episodi di Doctor Who per consentire agli attori principali di apparire in tutte le puntate senza prolungare i tempi di lavorazione). Qui troviamo i nostri quattro protagonisti, tutti guardiamarina della Flotta Stellare. La nuova arrivata, D'Vana Tendi (voce di Noël Wells in originale), è originaria del pianeta Orione ed è una grande appassionata di tutto ciò che riguarda la vita a bordo. Lei interagisce principalmente con Sam Rutherford (Eugene Cordero), che è dotato di un innesto cibernetico - sulla falsariga di Geordi LaForge - a cui si sta ancora abituando. Completano il quartetto Brad Boimler (Jack Quaid), molto attaccato alle regole e desideroso di salire di rango, e Beckett Mariner (Tawny Newsome), che invece delle regole farebbe volentieri a meno, pur essendo in teoria la più brava del gruppo. Questo perché, all'insaputa degli amici, lei è la figlia del capitano (Dawnn Lewis), e ogni scusa è buona per mettere in imbarazzo la genitrice...
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Non le solite missioni
Al di là della componente animata (con uno stile che ricorda molto Rick and Morty, da cui proviene il creatore Mike McMahan) e del registro comico, l'elemento davvero innovativo è la scelta di concentrarsi non sull'equipaggio principale, ma su quelli che in genere, nel migliore dei casi, avrebbero una battuta sola e poi sparirebbero per il resto dell'episodio. Qui si rovescia il tutto, riducendo la trama "principale" (le varie missioni) a sottotrama o addirittura a gag sullo sfondo. Una trovata che, come abbiamo detto, non è strettamente inedita nel contesto del franchise, ma che per la prima volta diventa la premessa generale di tutto un serial, dando una nuova lettura al messaggio di base di Star Trek: nelle intenzioni di Gene Roddenberry, infatti, l'equipaggio dell'Enterprise rappresentava un'utopia dove tutti sono considerati uguali (motivo per cui, al fianco di Kirk, Spock e McCoy c'erano anche una donna afroamericana, un uomo di origine giapponese e, dalla seconda stagione in poi, un russo, quest'ultima una scelta che aveva valenze politiche al di fuori della società statunitense); questa volta la parità è sul posto di lavoro, con uno spazio non indifferente concesso a chi tradizionalmente occupa le ultime posizioni della catena alimentare sul piano professionale. Spazio concesso con abbondanti dosi di irriverenza, anche se questa non perde mai di vista il contesto del franchise più ampio in cui è stata inserita.
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Eh sì, perché abbiamo a che fare con una commedia animata, ma è anche riconoscibilmente il mondo ideato da Roddenberry e dai suoi successori, dagli effetti sonori ai movimenti di macchina alla presenza di determinati personaggi, doppiati dagli interpreti originali (non diciamo altro per non rovinare la sorpresa, ma è d'uopo precisare che a livello cronologico siamo dopo gli eventi del film Star Trek La Nemesi). Salvo rare eccezioni, la nuova forma espressiva non si spinge più in là di quello che vedremmo in ambito live-action, perché il mondo è quello che conosciamo da quasi cinquantacinque anni e non ha senso cambiarlo per pura deformazione comica. E pur discostandosi da quello che a cui siamo abituati il nuovo serial è l'incarnazione più pura di Star Trek da circa un paio di decenni, e non solo per la scelta di tornare a una struttura verticale, dove la continuity è legata soprattutto all'evoluzione dei personaggi. È infatti dalla conclusione di Star Trek - Deep Space Nine che non si vedeva qualcosa che fosse disposto a sfidare apertamente le convenzioni del franchise pur rispettandole (cosa che J.J. Abrams ha cercato di fare nel 2009 inventando la nuova linea temporale, salvo poi riciclare elementi stranoti nel sequel), ed è esattamente ciò che McMahan fa cambiando l'estetica e il tono, ma rimanendo fermamente ancorato in quell'universo. Per la prima volta dal 1999, si va veramente là dove Star Trek non era mai andato prima.
Conclusioni
Chiudiamo con entusiasmo la recensione di Star Trek: Lower Decks, serie che dopo alcuni episodi un po' elementari trova il giusto equilibrio tra comicità demenziale e avventura cosmica, con risultati brillanti.
Perché ci piace
- Il cast vocale è strepitoso.
- L'animazione arricchisce visivamente il mondo di Star Trek.
- Il tono comico è molto efficace.
- L'assenza di trame orizzontali è una ventata d'aria fresca.
Cosa non va
- I primi episodi sono un po' elementari sul piano della scrittura.