Splinter Cell: Deathwatch, la recensione: il ritorno di Sam Fisher nella nuova serie animata Netflix

Dodici anni dopo l'uscita dell'ultimo capitolo videoludico targato Ubisoft, la spia creata dal compianto Tom Clancy torna sotto una veste inedite, appagante e ben realizzata.

Banner ufficiale di Splinter Cell: Deathwatch

È nato prima il romanzo o il videogioco? Nonostante Splinter Cell e il suo protagonista Sam Fisher siano creature del compianto Tom Clancy, tra i più grandi scrittori di spionaggio americani di tutti i tempi, nel caso specifico è il videogioco ad essere culla dell'opera. La creazione è tutta di Clancy, che ha scritto e supervisionato interamente il primo capitolo della saga videoludica uscito nel 2002, mentre la penna dei successivi romanzi è di autori differenti.

Questo per dire che l'IP e il suo sfruttamento appartengono a Ubisoft, che in un momento aziendale complesso riesce a sviluppare quasi meglio una serie animata rispetto a un videogioco. È infatti il caso di Splinter Cell: Deathwatch - interamente disponibile su Netflix -, che arriva 12 anni dopo l'uscita dell'ultimo Splinter Cell: Blacklist e concede al mitico Sam Fisher una veste completamente rinnovata in un medium diverso, sorprendentemente valido e funzionale.

Benvenuti nella nuova Echelon di Splinter Cell: Deathwatch

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Sam Fisher in azione

Dati i precedenti di Ubisoft Film & Television con il disastroso film di Assassin's Creed e la non così brillante Rabbids Invasion (ideata comunque per i più piccini), era più che lecito temere l'arrivo di un prodotto mediocre anche con Deathwatch, e invece va detto che proprio la nuova serie animata di Splinter Cell potrebbe essere la vera game changer dello studio, molto più del precedente Captain Laserhawk: A Blood Dragon Remix, tratto da un'espansione di Far Cry 3 ma purtroppo passato in sordina sempre su Netflix.

Il campionato è differente, neanche a dirlo, perché Sam Fisher è tra le più amate icone videoludiche del nuovo millennio e protagonista dell'unica saga spy-stealth che può competere - comunque ad armi impari - con Metal Gear Solid. Tanto per chiarire il peso del personaggio. Ciò detto, non aspettatevi un Sam Fisher come quello di vent'anni fa: il tempo è passato e l'agente segreto è maturato anche off-screen, lontano dall'affetto dei fan. Ora è un vecchio patriota ritiratosi a vita privata in Polonia più di un decennio dopo gli eventi di Blacklist, nonostante sia sempre pronto a tornare in azione.

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L'iconico visore notturno di Splinter Cell

Perché sì, Splinter Cell: Deathwatch è a tutti gli effetti sequel diretto della saga videoludica, con una storia originale ideata da Derek Kolstad (creatore e showrunner del progetto e papà di John Wick) e il ritorno di vecchie conoscenze del franchise come Anna "Grim" Grimsdottir e la Displace International. Pesca soprattutto dal tessuto narrativo di Chaos Theory e Convintion, rispettivamente terzo e quinto capitolo dei videogiochi, rispettandone la continuity e proseguendo il discorso sulla nuova e avanzata 4th Echelon e le sue nuove "cellule segrete", tra cui la co-protagonista Zinnia McKenna, una versione rabbiosa, femminile e vendicativa del Fisher degli inizi.

Un rilancio positivo per Splinter Cell

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Una scena di Splinter Cell: Deathwatch

A saltare all'occhio immediatamente è il portentoso taglio cinematografico con cui Splinter Cell: Deathwatch si presenta. Più da grande che da piccolo schermo perché anche nei tagli da un episodio all'altro (in totale sono 8 da 20 minuti ciascuno) si nota una struttura narrativa continuativa e non propriamente pensata in senso seriale tout-court, il che amplifica tono e atmosfera del prodotto, curatissimo sia sul piano dell'animazione che dell'intreccio.

Nel primo caso, la regia unica di Guillame Dousse riesce a nobilitare una serie di inquadrature ricercate che danno estrema personalità alla serie, radicandola nel proprio genere d'appartenenza con sequenze stealth e d'azione perfettamente riuscite. C'è fluidità nei combattimenti CQC e funzionano pure i momenti furtivi che richiamano con entusiasmo le complesse fasi d'infiltrazione dei videogiochi, ovviamente con obiettivi concettuali differenti, mancando di fatto l'interazione diretta col personaggio.

Per quanto riguarda la storia, invece, è decisamente interessante la ripresa di uno degli "avversari" più noti di Sam Fisher proiettato però verso il futuro, con una nuova generazione di villain alla guida, giovani, affamati e pericolosamente lungimiranti.
Miscela poi tematiche green con gli strumenti delle guerre del domani, il che àncora Deathwatch al presente e gli dona un tocca d'attualità. Il fatto che sia interamente ambientata in Europa, inoltre, allontana la serie da intrighi di CIA ed NSA e la avvicina alla sua anima da vecchio continente.

I limiti di un adattamento 'cinematografico'

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Sam e McKenna in un banner promozionale

Tutto perfetto, quindi? Beh, per quanto vigoroso e bellissimo, il taglio cinematografico impedisce ad alcuni episodi di spiccare proprio in virtù di questa sua natura, abbassando ritmo e tensione soprattutto nel corpo centrale dell'opera, che risulta più di congiunzione rispetto all'incipit e alla conclusione. Per quanto intrigante e ben elaborata, inoltre, la trama è in molte sue svolte decisamente troppo classica e per alcuni forse un pochino prevedibile, nonostante questo non tolga effettivo valore al racconto e al finale.

Fosse state pensata interamente in chiave seriale, Deathwatch avrebbe potuto sorprendere ed osare di più di episodio in episodio, aumentando il numero di scontri o di situazioni furtive che sono poi il core del franchise. Va da sé che lo spirito spy-thriller "old fashioned" di Splinter Cell andava protetto e mantenuto ad ogni costo, ed essendo diverso il medium, diverso doveva essere l'approccio, specie perché privati dell'elemento immersivo e obbligati a input narrativi differenti.

E in definitiva ci troviamo davanti a una buonissima serie animata che cammina furtiva sul filo della propria qualità intrinseca, che tutto sommato è un ottimo risultato per un'IP in grande spolvero tenuta nell'armadio per troppo tempo e che - ci auguriamo - si sta soltanto sgranchiendo le ossa.

Conclusioni

Spionaggio, azione e stealth: questi i tre elementi fondanti del franchise videoludico di Tom Clancy, gli stessi che sono poi alla base di Splinter Cell: Deathwatch. Cambia medium ma noi no, direbbe qualcuno parafrasando qualcosa, e infatti la serie animata di Derek Kolstad non rinuncia ai tratti fondamentali dell'IP Ubisoft, trasmutandoli però in uno show che al netto della sua struttura episodica si presenta in realtà con un grandioso taglio cinematografico. Un Sam Fisher in grande spolvero per una missione d'impatto green miscelata alle guerre del domani che rispetta l'animo old fashioned della saga, re-introducendo un'icona videoludica a lungo assente con la speranza che sia tornata per restare.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Animazione fluida e appagante
  • Sam Fisher è ancora un'icona
  • Interessante il lavoro di recupero e aggiornamento di vecchie e gloriose minacce del passato.
  • Il taglio della serie è sorprendente...

Cosa non va

  • ...Nonostante questo faccia male al corpo centrale dell'opera in senso episodico.
  • Alcuni personaggi secondari potevano essere meglio approfonditi.
  • Per quanto funzionale e ben elaborata, la trama è molto classica.