Tutto inizia con una storia. In gran parte delle culture e delle religioni, d'altronde, lo strumento che crea l'universo e la vita è l'atto verbale, articolato e rievocato in forma di aneddoto, poesia, canzone. Ed è un piccolo universo quello che creano con Spira mirabilis Martina Parenti e Massimo D'Anolfi, un caos intelligente in cui una certa pazienza, una grande attenzione e una sensibilità ben disposta possono portarci a individuare un tesoro multiforme e inusuale.
Un film certamente non per tutti, questo conviene dirlo subito. I due registi chiedono davvero molto al loro spettatore in fatto di attenzione e curiosità: il loro viaggio inizia da lontano ed è chirurgico, minuzioso, in molti passaggi quasi insopportabilmente pesante, ma è costellato di immagini magnifiche e chiaramente frutto di un progetto ambizioso e di una accorata e autentica ispirazione artistica.
La meravigliosa spirale
Spira mirabilis è un'espressione che dobbiamo a Jakob Bernoulli, celebre matematico svizzero del diciassettesimo secolo, che la riservò alla (scientificamente detta) spirale logaritmica osservata in diverse manifestazioni in natura: è la curva le cui spire si allargano progressivamente allontanandosi dal centro, come nel guscio di una chiocciola, nello stigma dei girasoli o nella forma delle galassie. Non che sia minimamente la spira mirabilis il tema del documentario di D'Anolfi e Parenti. Il titolo la evoca simbolicamente, è un correlativo oggettivo, una suggestione: ci indica un andamento sinuoso e circolare per esplorare e celebrare un altro meraviglioso mistero della nostra natura.
Questo mistero è il mito, l'anelito, la ricerca sul tema dell'immortalità, affrontato da cinque diversi punti di vista legati per libera associazione agli elementi del fuoco, della terra, dell'aria, dell'acqua e dell'etere. Il primo tocca la storia della strenua resistenza di una comunità sioux in Nord Dakota, decimata, isolata e umiliata; il secondo ci porta nei laboratori dove si producono e si restaurano le statue del Duomo di Milano (al centro anche del precedente lavoro della nostra coppia di documentaristi, L'infinita fabbrica del Duomo); il terzo ci racconta il lavoro affascinante di un paio di musicisti svizzeri, creatori dello hang, uno strumento musicale idiofono che si suona con movimenti ritmici della mano; il quarto riguarda l'incredibile ricerca durata quindici anni di un biologo giapponese che ha scoperto, studiando la medusa scarlatta, che questo piccolissimo organismo è in grado di rigenerarsi e ringiovanire, e quindi, a meno che non venga consumata da altri animali, è praticamente immortale. Il quinto tema, o immagine, o suggestione di Spira mirabilis è la voce dell'attrice francese Marina Vlady che declama L'immortale di Jorge Luis Borges.
Il canto del mondo
A rendere particolarmente ostica questa opera di Parenti e D'Anolfi, già concettualmente complessa e arbitraria, è la quasi totale mancanza di dialoghi, o di una qualsivoglia guida che informi e aiuti lo spettatore a orientarsi nel magma delle splendide immagini, dei suoni ambientali, dell'insistente battere e vibrare e sibilare di utensili assortiti. Non possiamo del tutto dare torto a chi dirà che non venire incontro allo spettatore è un errore da parte degli autori, che il fuggi fuggi che abbiamo visto in proiezione stampa al Lido di Venezia è un prodotto del loro scarso interesse per la comprensione del pubblico. D'altro canto noi ci sentiamo di riconoscere a Spira mirabilis per lo meno una incrollabile - e ammirevole - coerenza e aderenza alla propria missione artistica.
Questo documentario non intende descrivere o spiegare alcunché, è pura osservazione e associazione; e se nella parte conclusiva i vari spunti si fanno più esaurienti e meno criptici, ma anche più convenzionali, è perché questo è l'andamento della spirale meravigliosa, che giunta al punto di arrivo raggiunge e rivela la sua forma finale. La visione di un'opera così enigmatica resta un'esperienza molto soggettiva: è possibile che diate tutto quello che avete a Spira mirabilis, in fatto di concentrazione e stoicismo, sentendovene comunque respinti; da parte nostra possiamo dire che l'abbiamo fatto (e non è stato facile) sentendoci infine accolti, arricchiti e commossi.
Movieplayer.it
3.5/5