Il true crime è sicuramente un genere che va per la maggiore al momento e Netflix può vantare uno dei cataloghi più nutriti in circolazione sul tema, con tantissimi documentari e docuserie basati su storie vere di crimini violenti. Questa volta, il colosso dello streaming ha deciso di affrontare un caso recentemente trattato anche in Murder At The Cottage, una serie originale Sky: quello dell'omicidio di Sophie Toscan du Plantier. Il documentario, diviso in tre parti e diretto da John Dower, esamina e cerca di trovare risposta al brutale assassinio avvenuto il 23 dicembre 1996 nella tranquilla regione rurale del West Cork, in Irlanda, in cui perse la vita una talentuosa produttrice televisiva francese. Il caso, che ha dato vita a un'indagine imponente e scatenato una vera e propria ossessione nazionale sia in Irlanda che in Francia, rimane, dopo più di 25 anni, ancora irrisolto. Come vedremo nella nostra recensione di Sophie: un omicidio nel West Cork, infatti, nonostante la presenza di un principale sospettato, nessuno, ad oggi, ha pagato per l'omicidio della donna. La docuserie, ricca di interviste ai protagonisti della vicenda, offre una visione avvincente e piena di colpi di scena del caso anche se, il chiaro tentativo di creare empatia nei confronti della vittima, sembra riuscire a metà.
Un posto tranquillo
Era il 23 dicembre 1996 quando il corpo di una donna venne rinvenuto nei pressi della sua abitazione a West Cork, una remota regione rurale della parte occidentale della Contea di Cork, Irlanda, conosciuta e amata per la sua tranquillità e per le sue viste panoramiche sull'oceano. Meta turistica e di enorme diversità culturale, West Cork, a metà degli anni '90, non era certo abituata ai crimini violenti, tantomeno agli omicidi. Per questo motivo, la comunità rimase ancor più sconvolta quando Sophie Toscan du Plantier, una produttrice cinematografica e televisiva francese, venne ritrovata brutalmente assassinata fuori dalla sua casa, sperduta tra le deserte colline del posto. Un delitto apparentemente difficile da risolvere, proprio a causa dell'isolamento dell'abitazione e del temperamento schivo della donna, giunta da sola a West Cork per trascorrere la vacanze di Natale lontana da Parigi. Nel corso della docuserie divisa in tre capitoli (Il mondo sottosopra, Sospetti e Giustizia), il caso viene esaminato nei minimi particolari, anche grazie alle testimonianze dirette degli abitanti del luogo, dei membri della Garda, la polizia locale, e dei familiari di Sophie. Tutti i sospetti sembrano, fin da subito, stringersi attorno a un giornalista inglese residente a West Cork, Ian Bailey, che però, a 25 anni dall'omicidio, rimane ancora a piede libero per insufficienza di prove.
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Sophie
Ma chi era Sophie Toscan du Plantier? Nel corso del documentario diretto da John Dower, ci viene descritta una donna 39enne allegra e solare ma, allo stesso tempo, riservata e amante della propria privacy, con un'attrazione morbosa e quasi "romantica" nei confronti della morte e della fugacità dell'esistenza umana. Scrittrice e produttrice televisiva francese, Sophie abitava a Parigi ma aveva acquistato una casa a West Cork per sfuggire allo sfarzo e alla mondanità della vita che conduceva nella capitale francese insieme al marito, celebre produttore cinematografico. Un comportamento che aveva destato non poco scalpore all'interno di una comunità rurale che si accingeva a trascorrere il Natale in famiglia e che considerava alquanto strano che una donna, perlopiù sposata e con un figlio adolescente, decidesse di trascorrere le feste in totale solitudine. A parte questo, però, il ritratto che emerge di Sophie, anche soprattutto grazie alle interviste rilasciate dai suoi familiari, è quello di una donna piena di passioni, amata dalla sua famiglia e infatuata della vita stessa. Emerge con chiarezza che, tra gli obiettivi principali del documentario, vi siano quello di mostrare Sophie oltre al suo ruolo di vittima e di trattare la storia con estrema dignità. Se il secondo intento viene pienamente raggiunto (non viene mai mostrato, ad esempio, il corpo senza vita della donna), quello di rendere Sophie la vera protagonista delle vicende lascia un po' il passo a colui che, a tutti gli effetti, diventa il personaggio principale della narrazione: Ian Bailey.
Ian
Giornalista di professione e poeta a tempo perso, Ian Bailey emerge, fin dall'inizio della seconda parte come il protagonista, o sarebbe meglio dire l'antagonista, indiscusso della narrazione. Principale sospettato dell'omicidio di Sophie, arrestato due volte e scagionato altrettante, Ian si racconta nel corso della docuserie, sostenendo la sua innocenza e presentandosi come una mera vittima della gogna mediatica. Allo stesso tempo, però, appare quasi orgoglioso del suo status di figura sospetta e della visibilità derivatagli dal caso. Dalle interviste degli abitanti del luogo, infatti, emerge la figura di un uomo megalomane, impegnato nella costruzione di un'immagine grandiosa di se stesso, con il solo risultato di apparire alquanto fastidioso. Ma perché a un certo punto delle indagini viene collocato sulla scena del crimine e quali prove vengono presentate a suo sfavore dalla Garda? E, soprattutto, per quale motivo, nonostante tutte le accuse mosse contro di lui, Ian Bailey è oggi un uomo libero?
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Una narrazione avvincente
Ciò che caratterizza in modo positivo Sophie: un omicidio nel West Cork è sicuramente la sua narrazione avvincente e ricca di colpi di scena. Il documentario, infatti, procede senza mai pigiare troppo sull'acceleratore e svelando le sue carte poco alla volta, fino quasi a dare l'impressione che l'indagine prenda vita propria. Il racconto è lento ma inesorabile, caratteristiche che lo portano ad assomigliare a quello stesso paesaggio in cui le vicende sono ambientate e che finisce per diventare un vero e proprio personaggio. Inoltre, il racconto riesce sempre a mantenere un buon equilibrio tra la suspense, il gusto del macabro e il senso di umanità che mai una volta viene meno, evidenziando quale sia la posta in gioco della vita reale anche in un crimine così efferato. Infine, nonostante la docuserie non appaia affatto timida nel manifestare la propria posizione sul caso, tutte le parti vengono ascoltate e prese in considerazione in egual misura, dando l'opportunità allo spettatore di elaborare una propria opinione personale sulla vicenda.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella nostra recensione di Sophie: un omicidio nel West Cork, la docuserie diretta da John Dower esamina un efferato caso di cronaca nera avvenuto nell'Irlanda degli anni Novanta, servendosi soprattutto delle testimonianze dirette dei protagonisti della vicenda. La narrazione è avvincente e ricca di colpi di scena, in perfetto equilibrio tra tragedia, suspense e senso di umanità che non viene mai meno nel corso delle tre parti che compongono il documentario. Sophie viene presentata oltre il suo ruolo di vittima ma il tentativo di renderla la vera protagonista lascia un po' il passo a colui che diventa il vero fulcro della narrazione: il principale sospettato Ian Bailey.
Perché ci piace
- Narrazione avvincente e ricca di colpi di scena.
- Non viene mai meno il senso di umanità .
Cosa non va
- Il personaggio di Ian, principale sospettato, prende un po' il sopravvento sulla vera protagonista delle vicende, Sophie.