Solitudine zen
Recita un antico proverbio zen: "Se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente cadere, fa rumore?".
Quello che invece il giovanissimo regista di When a Man Falls in the Forest sembra chiedersi è: quando un uomo sembra non avere più nessuno nella sua vita e muore, della sua morte si accorge qualcuno? E la risposta sembrerebbe essere si, quantomeno stando alla sceneggiatura di questo venticinquenne statunitense, Ryan Eslinger, qui a Berlino in concorso con la sua seconda opera.
Il film di Eslinger vede come personaggio centrale della vicenda Gary Fields (Timothy Hutton), un uomo in crisi con il lavoro e con il matrimonio tanto da addormentarsi sempre più spesso sulla scrivania per poi risvegliarsi durante la notte in un ufficio vuoto, o quasi. Ad occuparsi infatti delle pulizie dell'edificio vi è un ex compagno del liceo di Gary, Bill (Dylan Baker), un uomo goffo, paranoico e dissociato che lavora di notte e dorme di giorno e vive in completa ed assoluta solitudine. Quando riconosce in Bill il vecchio compagno di scuola che era solito tormentare per il suo essere nerd, decide di contattare un altro ex compagno, Travis (Pruitt Taylor Vince), che non sente da oltre quattro anni ma che ancora non si è ripreso dal senso di colpa per un incidente mortale da lui provocato. C'è poi Karen (Sharon Stone), moglie di Gary, una donna in piena crisi di mezza età, che non accetta l'idea di invecchiare e di essersi lasciata dietro, per sempre, una stagione della vita più serena e spensierata e che reagisce da una parte come fa il marito, ovvero chiudendosi sempre di più in sè stessa ed evitando un qualsiasi confronto, e dall'altra con piccoli furti in boutique di abbigliamento.
Il grido di aiuto da parte di ciascuna di queste persone è silenzioso ma non per questo meno evidente: sono quattro personaggi profondamente diversi tra loro ma che vivono tutti una differente forma di solitudine e di incomunicabilità da cui apparentemente non sembra esserci via d'uscita se non nei sogni, nei desideri, nel non-detto.
Tra questi quattro personaggi, Gary è anche quello più intenzionato a voler uscire da questa situazione sia agendo in prima persona (la sequenza in cui Hutton mostra tutta la sua bravura con un lunghissimo sfogo alla segreteria telefonica della moglie) che spronando i suoi ex-compagni; ma sarà solo una tragedia, il silenzioso cadere in mezzo alla (metaforica) foresta deserta del titolo, a riuscire dove le sole parole e intenzioni non avevano potuto.
La struttura narrativa del film, sebbene non estremizzata come nel caso del recente Babel o del premio Oscar Crash - contatto fisico, è quella ormai fin troppo abusata che vede il destino unire i protagonisti del film e legarli indissolubilmente così che un'azione dell'uno possa influenzare gli altri, una tecnica che ormai sta diventando sempre più un pretesto piuttosto che una scelta ben definita. E' anche una tecnica che se coaudivata da un'ottima sceneggiatura, grandi interpreti e soprattutto un regista di esperienza e polso può portare ad indimenticabili capolavori (leggi America oggi o Magnolia), oppure quando anche uno solo di questi elementi viene a mancare può portare a prodotti molto meno riusciti, se non pretestuosi e facilmente irritanti. In questo senso il film di Eslinger non corre di questi rischi perchè non vola mai così in alto da poter risultare presuntuoso, ma piuttosto finisce col mostrare spesso i suoi limiti dietro la macchina da presa o in fase di scrittura: qualche banalità di troppo, qualche divagazione evitabile oppure un eccessivo macchiettismo sono tutti piccoli difetti se presi singolarmente, ma nell'insieme non fanno che allontanare sempre più il film da quell'equilibrio perfetto richiesto per far funzionare un film del genere.
E se è anche vero che pretendere un'opera strutturalmente complessa, che possa parlare di temi adulti come quelli trattati da questo film, da un 25enne è forse davvero un pò troppo, ci promettiamo di tenere d'occhio questo Ryan Eslinger e speriamo sicuramente di vederlo a breve tra i nomi che contanto del cinema indipendente americano. Per ora ci spiace semplicemente constatare che l'opera da innamoramento instantaneo di questa 57° Berlinala che tutti stiamo ancora aspettando non è nemmeno questo When a Man Falls in the Forest.
Movieplayer.it
2.0/5