È con una sensazione di prevedibilità che iniziamo la nostra recensione di Sky Rojo, una nuova serie spagnola targata Netflix, realizzata e creata da Álex Pina, autore della serie cult La casa di carta. Prevedibilità perché questa nuova serie di otto episodi (noi abbiamo visto in anteprima i primi quattro) è esattamente quello che ci si aspetta dopo aver visto il trailer: un grosso, consapevole e - diciamol o- ormai non troppo sorprendente guilty pleasure. Costruita con gli ingredienti predefiniti per poter far parlare di sé (sesso, violenza, droga e una bella patina glamour), eppure non particolarmente originale, Sky Rojo sembra essere nata per avere successo, per finire in cima alle classifiche dei titoli più visti della piattaforma, ma è anche talmente artificiosa e collaudata da avere ben poco da dire. Diverte? A tratti, sì. Funziona? Più o meno. È riuscita? Questo è un punto un po' più complesso che affronteremo più avanti.
Tre donne in fuga
Protagoniste della vicenda sono tre prostitute, Wendy, Gina e Coral, che lavorano per Romeo, un papi che gestisce un club esclusivo, capace di dar sfogo, sotto pagamento, a qualsiasi fantasia erotica dei propri clienti, arricchendosi e sfruttando le donne, schiave sessuali del suo impero. Dopo averle private di una famiglia, promettendo soldi e fama, Romeo trova ogni escamotage possibile per non pagarle. Finché a pagarla è proprio lui. Le ragazze si ribellano, lo colpiscono a morte sfondandogli il cranio e fuggono dal locale alla ricerca di una libertà che ha anche il sapore dell'emancipazione. Ma Romeo riesce a sopravvivere, nonostante sia paralizzato, e manda due suoi scagnozzi alla ricerca delle tre fuggitive. Inizierà così un lungo inseguimento tra gatto e topo che non risparmierà nessuno e non sarà avaro di colpi di scena. Nel frattempo, avremo modo di conoscere, attraverso alcuni flashback o rivolgendosi direttamente allo spettatore, il passato delle nostre tre protagoniste: tre vite da tre mondi diversi (Cuba, Argentina e Spagna), ognuna col suo carico di desideri e aspettative. Si ha così la sensazione di non vedere solo una fuga dal passato, ma anche di una rincorsa verso un futuro, sperando sia migliore.
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First reaction: shock
Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate in questo quadro bidimensionale. Sky Rojo non ha la minima intenzione di donare profondità ai suoi personaggi e alle sue storie, preferendo l'impatto scenico, il pruriginoso e lo shock narrativo. Potrebbe aggiungere un minimo di sostanza a ciò che vuole raccontare (l'emancipazione femminile, il mondo senza regole della prostituzione, anche dare semplicemente un carattere maggiore alle protagoniste), ma la rifiuta costantemente. Ecco allora che i flashback servono solo a mettere in scena qualche momento violento, a dare vita a sequenze patinate e colme di uno stile grottesco ed esagerato, utile il più delle volte a dare sfogo a una certa dose di momenti un po' "spinti" (per quanto nulla sia davvero esplicito), ma senza che questi stessi elementi possano davvero far sentire il loro peso all'interno della narrazione. L'importante in Sky Rojo è shockare, non in maniera perversa e provocatoria, ma nel senso più superficiale del termine: dare vita a una lunga sequela di momenti (s)cult, a ritmo di trap e reggaeton, gettando nella mischia temi fin troppo seri, ma solo per il gusto di farlo.
Divertimento superficiale
Cosa rimane di Sky Rojo? Rimane un cast che comunque sembra divertirsi, soprattutto Miguel Ángel Silvestre, già visto in Sense8, nel ruolo di Moisés, uno dei sicari che insegue le protagoniste. Questi due fratelli sono sintomatici della chiave di lettura della serie: vengono descritti come pericolosi e letali, ma più si procede con le puntate, più si dimostrano anche goffi, sopra le righe e fuori di testa. Le tre eroine, interpretate da Verónica Sánchez (Coral), Yany Prado (Gina) e Lali Espósito (Wendy) sono un bel trio: insieme funzionano, ma sono ostacolate da una scrittura che tende spesso verso una semplicità soap-operistica, non distante dall'altro successo di casa Netflix e Álex Pina, e alcuni momenti veramente irreali ed esagerati. È chiaro che la serie non vuole essere un prodotto maturo e adulto, non vuole affrontare tematiche sociali e nemmeno trattare davvero i problemi della prostituzione che sceglie di mostrare. Rimane tutto in superficie, fumo negli occhi dello spettatore, giusto per tenerlo legato a una serie dal ritmo elevato eppure non totalmente coinvolgente, che punta sull'azione, sulla velocità e su questa fuga infinita senza, però, mai percepirne il pericolo vero. Violenza da B-Movie che, però, è anche all'acqua di rose: un paradosso che ostacola l'intera narrazione e che preferisce dimenticare il mondo reale per dar vita a un mondo surreale e grottesco dove il pericolo vero non esiste. Perché il vero grande difetto è doverci preoccupare per tre protagoniste che non rischiano mai davvero la vita. A questo punto, quanto ancora possiamo divertirci?
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Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di Sky Rojo non possiamo che sottolineare la nostra delusione per la nuova creatura di Álex Pina. Interessata a diventare un guilty pleasure, piena di momenti grotteschi e assurdi e per scalare le classifiche dei trending topic, la serie spagnola in questi primi quattro episodi non riesce a coinvolgere davvero, anche se intrattiene in maniera supericiale. Il cast di protagoniste e comprimari funziona e c’è una buona chimica sullo schermo, ma il tutto è depotenziato da una scrittura che non è interessata ad elevare la serie e ad affrontare le tematiche, anche serie e importanti, che l’opera getta negli occhi dello spettatore. Il risultato è che una storia di emancipazione, di fuga, di libertà viene oscurata da una coltre di fumo. Che rimane lì, in superficie, allontanandoci sempre di più.
Perché ci piace
- Il cast si diverte e funziona.
- Gli episodi hanno ritmo e intrattengono.
Cosa non va
- La scrittura vira troppo presto sul grottesco e sull’assurdo, dando alla serie una patina soap-operistica.
- Le tematiche serie legate al mondo della prostituzione e sulla ricerca di emancipazione non vengono approfondite risultando superficiali e manieristiche.