Una vita in televisione, dai primi passi come giornalista sportiva nei primi anni '90 alla conduzione di programmi diventati cult: Mai dire Gol con la Gialappa's, Quelli che il calcio, L'Isola dei famosi, X-Factor. Se li è cuciti addosso negli anni contribuendo a ridefinire il ruolo della conduttrice televisiva, facendo in molti casi da pioniera e parando i colpi anche di una edizione tormentata del Festival di Sanremo, quella del 2014. Oggi Simona Ventura continua a "lanciare il cuore oltre l'ostacolo" e guarda anche al cinema; ospite del Festival del Cinema e della Televisione di Benevento, si racconta così.
Gli esordi, la tv oggi e il debutto al cinema
Una vita in tv, ma anche al cinema, visto che ha investito in una società di produzione e lo scorso anno è arrivata anche a Venezia con una sua regia...
La regia è la mia seconda vita, adesso stiamo finendo un progetto sugli ultimi cento giorni di Marco Pannella e in un momento come questo ne sentiamo quanto mai la mancanza. In tv ho fatto tante cose, i programmi mi rimangono attaccati addosso ogni volta che vanno in onda, non so se è una disdetta per chi viene dopo di me, sono come vestiti che mi sono cucita su misura: rimangono sempre miei anche se vanno avanti con gli anni. È molto bello, vuol dire che la gente ha capito la passione e il lavoro che c'è dietro.
Come ricorda i suoi esordi, che sapore hanno?
Sono stata molto fortunata a trovare persone che credevano in me e dei direttori illuminati che mi hanno dato la possibilità di far esplodere la mia creatività e di tenere il volante dei miei programmi. Mi hanno fatto crescere insieme a loro, fare un programma di successo per un direttore di allora era una medaglia che ti rendeva orgogliosa di quel mestiere.
E oggi?
Oggi il mondo della tv è più difficile. Non è vero che ci sono direttori più o meno illuminati, ogni età ha il suo tempo, ci sono persone molto valide anche adesso, ma lo stagno prima era enorme e tutti si abbeveravano, dai raccomandati a quelli bravi, chiunque aveva la sua possibilità. Oggi lo stagno è piccolissimo e tutti vogliono comunque abbeverarsi, è diventato una lotta per avere degli spazi. Grazie a Dio ho sempre avuto un piano B e non ho mai partecipato a queste lotte. Quando ho deciso di andarmene dalla televisione l'ho fatto sulle mie gambe, l'ho deciso io perché era venuto il momento, non ho né rimorsi né rimpianti.
Cosa l'ha spinta ad abbandonare?
Lavoravo moltissimo, dal 2001 al 2011 in Rai ho fatto dei bei programmi, gli ultimi due anni erano stati molto intensi, ne avevo tre: L'isola dei famosi, X-Factor e Quelli che il calcio. Se avessi continuato a quei ritmi avrei perso i miei figli che in quel momento stavano diventando adolescenti e avevano bisogno di una guida che gli stesse vicino. E poi non ero felice, quando tornavo a casa non ero contenta, rimanevo da sola e non avevo spazio per me. A quel punto visto anche le pressioni del momento, ho preso il treno di Sky e quando vedo che X-Factor è su Sky ancora oggi sono molto felice di aver preso parte a quelle prime edizioni.
X Factor 5: (Lo) Spirit(o) in the Sky è diverso da quello della Rai.
Sarebbe andata diversamente se fosse stata uomo?
Assolutamente no, ma effettivamente una donna sul campo qualcosa deve lasciare e io penso di averne lasciate molte sul terreno. Non sono uomo quindi è inutile dire "se lo fossi stata", anche se ho lavorato in ambienti molto maschili e ho avuto tanti amici uomini. Sono loro che mi hanno aiutata nel mondo della tv, e non le donne, perché non ce n'erano, le donne fanno fatica a trovare spazi manageriali, difficili da ottenere e da gestire. Sono molto felice invece che oggi a capo del Day Time in Rai ci sia una donna, Simona Sala. Sono sempre stata in ambienti molto maschilisti, ma gli uomini mi hanno fatta crescere e io ho saputo far parte dell'ingranaggio.
La nuova via del reality, lo streaming e la sala
Ha ridefinito l'idea di conduzione femminile e ha fatto da apripista al reality vip sulla tv italiana: come è cambiato e cosa è diventato oggi? Qual è il loro futuro?
L'isola dei famosi arrivò per dare una seconda possibilità alle persone che avevano avuto una carriera e che poi l'avevano persa per svariati motivi. Si trattava di gente sicuramente attrezzata per rigestire un successo del genere. Sono stati anni bellissimi, adesso ce ne sono tantissimi e i personaggi che partecipano ai reality sono sempre gli stessi, trovare una via nuova è davvero difficile; caso a parte rappresenta Alfonso Signorini, persona molto colta che si appassiona alle dinamiche interne e alle storie dei concorrenti che entrano nella casa. Non è solo gioco e superficialità, ci sono storie che lui sa tirare fuori e gestire molto bene, ha dato al Grande Fratello una nuova vita. Il futuro del reality è registrato, ormai la gente si è abituata alle piattaforme da Netflix ad Amazon, Disney +, c'è un ritmo molto più veloce. Non significa che sarà meno appassionante, ad esempio ho fatto Temptation Island (n.d.r. nel 2018), ho registrato ventuno giorni in quattro puntate, è stato molto accattivante e ha avuto grande successo. Ma il futuro del reality sono anche le dinamiche interne, deve dare un perché, una soluzione e un giovamento alle persone. Quello che è stato fatto Ultima fermata ad esempio, un primo esperimento fatto con Maria De Filippi, sviscera le problematiche di una coppia.
Un programma come Mai dire gol potrebbe avere spazio oggi sulla tv italiana?
Fu un programma innovativo nato dall'amicizia. Si potrebbe fare, ma non avremmo più i calciatori ad esempio, perché il mondo del calcio è molto cambiato: ormai è marketing, diritti. Così come era stato concepito Mai dire gol oggi sarebbe finito, perché i calciatori non sarebbero più disposti a venire e cambiarsi: le sigle con Elio erano epiche, c'erano i giocatori che si vestivano da alpini, dicevano delle cose, si prendevano in giro. Adesso è tutto molto difficile, perché ci sono i social, c'è una recrudescenza del rancore, e ogni cosa si basa sui diritti detenuti dall'azienda, che non è disposta a fare queste cose.
Cosa le manca della tv di quegli anni?
La libertà di espressione, l'ironia, la satira anche molto feroce, che adesso non c'è più, la leggerezza. Non ce ne rendevamo conto, ma erano anni molto leggeri.
Il cinema italiano sta attraversando un periodo di profonda crisi, il box office registra numeri non confortanti. Quanto lo streaming è responsabile di questa tendenza e cosa c'è bisogno di fare per riportare il pubblico al cinema?
È molto difficile dare una risposta, dopo la pandemia la gente non vuole chiudersi, ma aprirsi. Un'idea sarebbe fare proiezioni all'aperto o creare eventi come hanno fatto per gli Abba a Londra; lo streaming fa parte di noi, è progresso, non sono contro le piattaforme, ci lavoro e credo che il cinema possa utilizzarle al meglio. Ad esempio, avevo perso Mare Fuori quando andò in onda, ma sono riuscita a recuperarlo dopo in streaming. Ormai è così, ci siamo abituati a un ritmo frenetico.
Se potesse dire qualcosa alla Simona che muoveva i primi passi nella televisione italiana?
Ho vissuto tutte le età come volevo, ho buttato sempre il cuore oltre l'ostacolo, vedo la me di quegli anni con grande tenerezza e orgoglio, ce l'ho fatta a modo mio.
La Simona di domani?
Con Giovanni! E non davanti alle telecamere, ho fatto già tantissime cose e voglio lasciarle a chi se lo merita. Voglio occuparmi di regia come sto facendo e di produzione di contenuti. E possibilmente mi vedo nonna, in pensione mi piacerebbe andare a vivere sul mare.