Messi nel vorticoso ripetersi di labirinti, i personaggi del film seguono percorsi diversi. Analizziamone uno per volta:
La famiglia Torrance: prima di analizzare i personaggi singolarmente, è necessario parlare di questa piccola cellula composta da tre persone che è paragonabile ad un persona sola. La famiglia Torrance non è una famiglia. Mi spiego: aldilà dell'ovvio legame genetico tra padre/figlio e madre/figlio, e di quello religioso marito/moglie, i tre componenti della famiglia si comportano ed agiscono da soli o, al limite, in coppia. Le scene in cui si trovano tutti e tre insieme sono rare nel film. Il primo caso è quando si trovano nell'abitacolo della macchina, in viaggio verso l' Overlook hotel, ed è una situazione strana e straniante. Danny dice di aver fame ed il padre lo riprende per non var mangiato a colazione. Poi Wendy chiede al marito se la zona che stanno attraversando è quella in cui si smarrì la spedizione Donner. Alla domanda di Danny su cosa fosse la spedizione Donner, Jack risponde senza evitare di citare il cannibalismo che gli uomini di quella spedizione furono costretti a praticare per cercare di sopravvivere. Il tono di Jack è freddo e cinicamente compiaciuto, quasi fosse un argomento che lo stimola. Danny non è impressionato e, nonostante il ruolo di Wendy sia quello di madre protettiva, il bambino tranquillizza i genitori dicendo loro che ha visto un documentario sul cannibalismo alla TV. Nella seguente battuta si palesa il rapporto tra padre e figlio. Dice Jack: "Allora è tutto ok, l'ha visto anche alla TV". Pronuncia la frase con tono tra il divertito e il beffardo. Jack non ha dialogo con suo figlio e Danny apprende molte più cose dalla televisione. Al padre non importa questa situazione affatto reciproca: la televisione può benissimo sostituirlo mentre lui si dedica alla scrittura. Arrivati all'albergo la famiglia si divide subito e, da questo momento, non si riavvicinerà più. Il personaggio che vedremo più volte da solo (o in compagnia di fantasmi, unici suoi referenti) è proprio Jack, la cui debolezza verrà stritolata ed espulsa ormai guasta dalla forza malsana dell'albergo. Danny e Wendy hanno invece un rapporto più intenso e caloroso. Non solo giocano insieme (nel labirinto, quasi che Danny volesse iniziare sua madre a quel segreto), ma hanno atteggiamenti protettivi reciprochi: Wendy abbraccia spesso Danny, Danny avverte la madre col grido "Redrum, redrum" dell'arrivo di Jack, che vuole ucciderli. Paradossale è il fatto che la figura paterna, assente nella piccola famiglia, sia traslata verso Halloran il cuoco. E' lui che prende a cuore le sorti di Danny e di Wendy ed è sempre lui che, col suo sacrificio, permette a madre e figlio di fuggire
Jack: qualcuno ha fatto notare che la figura di Jack rassomiglia in qualche modo alla figura di Stanley Kubrick, soprattutto per la volontà d'isolamento che i due hanno in comune. E' lo stesso Kubrick ad ammettere:
"E' vero che il personaggio di Jack [...> mi rassomiglia in certi punti. Certamente traspaiono alcuni miei fantasmi, ma tutto è trasformato dalla caricatura. Se si accetta questa prospettiva, in ciascuno dei miei film c'è qualcosa di me".
Jack Torrance appartiene all'universo di personaggi kubrickiani frustrati che cercano inutilmente di sfuggire al proprio destino. Jack è consapevole del proprio fallimento ancor prima di entrare all' Overlook hotel: non è ricco, non è uno scrittore di fama e fatica a mettere in pratica le idee, seppur scarse, che gli salgono alla mente, non è un buon padre né tanto meno un buon marito. E' un uomo debole, intrappolato in un labirinto senza via di fuga. La famiglia lo annoia e lo irrita, allora decide si chiudersi ancor più in se stesso, conscio del fallimento ed altrettanto conscio che dal suo fallimento dovrà partire per smuovere la sua vita. Già all'inizio del film il personaggio di Jack ha qualcosa di inquietante: il suo ghigno, la sua maschera nervosa, il suo tono sempre in bilico tra cinica ironia e rabbia furente. Grandissimo merito va a Jack Nicholson, calatosi in questa parte senza alcuna difficoltà e trasformato il personaggio di Jack Torranca da vittima a carnefice e da carnefice a vittima, ribaltando continuamente le due posizioni all'interno del film. I primi segni di squilibrio di Jack li abbiamo nella scena un cui lo vediamo giocare con una pallina da tennis anziché scrivere. E' una scena in continuità, un piano sequenza impeccabile nella sua semplicità. Kubrick inquadra in piano ravvicinato la macchina da scrivere e, accanto ad essa, un posacenere con una sigaretta. Il suono è un rumore ritmico, come quello di un tamburo. La macchina da presa si alza ed allarga il campo, inquadrando Jack che gioca con una pallina da tennis lanciata contro il muro del grosso salone dell'albergo. Il rumore è ottuso - pum, pum - così come è ottusa l'immaginazione di Jack, scrittore in crisi, arida mente.
Jack Torrance è un uomo solo, lo è sempre stato. Probabilmente l'alcool è il suo unico rimedio alla tristezza, lo intuiamo dalle scene girate nella sala delle feste, dove il suo bisogno di bere è talmente forte da evocare lo spirito del barista Loyd, che gli offre bourbon "per ordini superiori". E' proprio in questa circostanza che Jack confessa di aver fatto male una sola volta a suo figlio, a quel "piccolo figlio di puttana": Jack denota un'aggressività indipendente dall'abuso di alcool, come una rabbia sempre covata e (quasi) sempre repressa.
Da questo momento i suoi gesti sempre più rabbiosi ci sembreranno la diretta conseguenza della caduta delle sue barriere censorie interne: Jack non ha più la forza, la voglia di trattenersi e l'Overlook è la "droga" che ne distrugge i freni inibitori. Non solo Jack avrà subito un grande bisogno di rifugiarsi nuovamente nell'alcool, ma paleserà anche una forte carica sessuale quando non esiterà a baciare in modo passionale la donna che ha tentato di strangolare suo figlio.
Jack è però un uomo debole. Probabilmente la sua efferatezza non è un "dono naturale", come gli dirà il fantasma di Delbert Grady - vero campione di cattiveria umana -, ma piuttosto la conseguenza di una vita fallita ormai da tempo. Jack comincia a credere che il suo insuccesso sia legato non a colpe proprie, bensì alla zavorra della famiglia. Quando Wendy, in lacrime, confida al marito di voler abbandonare l'Overlook hotel col piccolo Danny, Jack ha una rabbiosa reazione e rinfaccia alla moglie la colpa di avergli rovinato la vita. Un uomo fallito, depresso, psicotico è in grado di dimenticare gli affetti e decidere drasticamente e con soddisfazione l'eliminazione degli ostacoli postisi sul cammino della sua esistenza. L'affetto di Jack per Danny ha qualcosa di morboso. E' lo stesso Jack a dire al figlio spaventato di voler rimanere all'Overlook "per sempre e sempre e sempre".
La mano di Kubrick e la potente recitazione di Jack Nicholson ci restituiscono un personaggio che è sì carnefice (fallito, anche in questo), ma anche vittima. La scena finale, quella in cui Jack è perso nel labirinto innevato, sotto la luce gelida della notte, non può non scuoterci. Il grido disperato di Jack, il suono del gatto delle nevi che si allontana con sua moglie e suo figlio, ci restituiscono la vera vittima sacrificale di questo rituale di morte: il padre, l'uomo, il fallito.
Wendy: all'inizio del film Wendy è il personaggio che ci sembra più debole, coi suoi occhi sempre stupiti ed impauriti, il suo volto magro, scavato, senza dubbio non bello. La nostra impressione verrà smentita durante il film, poco alla volta. Questa madre-bambina (Wendy è, ricordiamolo, la compagna di giochi di Peter Pan) non possiede la forza visionaria del figlio né la rabbia e la follia del marito. E' una donna ordinaria, abitudinaria, infantile e responsabile. Ha però il grande dono di essere e sentirsi a tutti gli effetti madre e sarà proprio questo suo forte legame col figlio a renderla di gran lunga superiore al marito. Wendy adora Danny, lo vizia ed è la sua compagna di giochi. Quando Halloran chiama confidenzialmente Danny "Doc", Wendy sembra esserne gelosa, perché quella piccolezza è in verità un'enormità per un rapporto così stretto e personale con il bambino come quello che ha lei. Wendy sembra aver accantonato il ruolo di "amante" per dedicarsi unicamente al ruolo di madre. Non è praticamente mai affettuosa col marito, mai seducente, sembra vivere il sesso come una trasgressione alla normalità. Ne abbiamo conferma nella scena in cui Wendy porta la colazione a letto al marito. Svegliando Jack, gli dice, imbarazzata e divertita come una ragazzina, che la notte prima hanno fatto tardi, alludendo al sesso in modo indiretto e pudico. Non è un caso che Wendy rimanga colpita quando vede, nel convulso finale del film, uno uomo travestito da orso praticare una fellatio ad un altro uomo, disteso sul letto. Wendy pare succube del marito. Accetta in modo passivo le sfuriate di Jack, le sue rabbiose lamentele, arriva addirittura a scusarsi quando non dovrebbe. Tutto sembra volerci dire una sola cosa: Wendy non ha la forza di contrastare la follia del marito. Invece sbagliamo in modo grossolano. Kubrick è abilissimo a ribaltare i ruoli di questi due personaggi, ma altrettanto impeccabile è Shelley Duvall, la cui recitazione incerta, timida, fatta di mezzi gesti, mezze parole, contribuisce a coglierci di sorpresa quando Wendy reagirà al marito dimostrandosi più forte e, soprattutto, molto più intelligente. Wendy è l'unico personaggio che per gran parte del film ignora la verità sul malefico influsso dell'albergo. Danny lo sa da molto tempo, grazie al suo potere, Jack stesso lo prova sulla sua pelle e sulla sua mente quasi subito. Wendy non scorge nulla di strano o forse finge di non vedere. Ella vuole che la sua famiglia sia e rimanga unita, è una madre, è una moglie. La consapevolezza della tragedia imminente la coglie in modo violentissimo nella scena in cui scopre a cosa ha lavorato il marito in quei mesi: pagine e pagine vergate da una sola ed ossessiva frase.
Non è un caso che Jack, smascherato inequivocabilmente in questo modo, colga la moglie alle spalle. Wendy, pur piangendo disperata, imbraccia con titubante forza una mazza da baseball, tenendo il marito a debita distanza. Ha amato quell'uomo, ma ora si rende conto che Jack è malato. Lungi da lei odiare il suo uomo, Wendy è una donna comprensiva che non sa odiare, ha l'equilibrio che il marito non ha mai avuto. Così, colpendolo quasi senza volerlo, si arma di tutta la sua forza e trascina Jack nella dispensa dove lo chiuderà per proteggere se stessa e Danny, ma anche per proteggere Jack.
Danny: rappresenta la tipica figura del figlio edipico. Egli si sente minacciato da suo padre e lo mette nel ruolo del mostro cattivo, una figura che dovrà essere eliminata affinché la congiunzione con la madre sia totale. Danny è però davvero troppo poco "bambino". Il suo potere lo rende di gran lunga più consapevole di chiunque altro e non fa che renderlo solo, senza amici, costretto a giochi solitari, a processioni ininterrotte col suo triciclo. Egli stesso ammette che "qua (l'Overlook hotel n.d.A) non ho nessuno con cui giocare", anche se scoprirà presto che ha persino troppe figure con cui giocare, sebbene spesso sia un gioco di fuga terrorizzata. Danny cerca rifugio dalla sua solitudine inventandosi il personaggio di Tony, speculare rappresentazione di un se stesso "diverso", detentore di un potere che è così minacciosamente invadente da essere al contempo amato e temuto. Danny è solo nel suo peregrinare. La steadicam lo segue con distacco nelle sue scorribande col triciclo, tra corridoi stranianti, cucine gelide, saloni pieni d'eco. Tutto attorno a se è spazio vuoto, riempito unicamente dalle spaventose figure che l'albergo produce. Jack e Tony, gemelli in un unico involucro, incontrano le due gemelle Grady, che propongono loro di giocare insieme per sempre, quasi a sottolineare una benevola comprensione tra vittime.
Danny però non è vittima. Egli tiene in mano il gioco, egli è l'unico che, una volta che Jack ha rotto tutti i ponti col mondo esterno - mettendo fuori uso il gatto delle nevi e la radio -, ha la possibilità di mettersi in contatto con qualcuno, quella figura paterna che tanto gli manca, il buon Halloran. Sempre Danny salva se stesso e sua madre vergando sulla porta del bagno - riflessa poi nello specchio - la parola Redrum. Infine è Danny che si libera del mostro minaccioso incarnato nella figura paterna e lo fa con tale intelligenza da lasciarci stupiti: cammina all'indietro nel labirinto che conosce come le sue tasche e lascia in eredità al padre l'illusoria e falsificata traccia lasciata dalle orme. Danny non sarà mai come suo padre, non ne seguirà le orme: o meglio, ne lascerà di totalmente diverse, opposte.