Lo avevamo lasciato un anno e mezzo fa sul red carpet della Berlinale con un sacchetto di carta in testa con su scritto il suo mantra dell'epoca, 'I am not famous anymore'. Oggi lo ritroviamo a Venezia molto più calmo, riflessivo, a tratti sorridente anche se non proprio rilassato. Shia LaBeouf sembra aver superato quella fase turbolenta della sua vita che lo aveva portato all'attenzione della cronaca per notizie non prettamente cinematografiche. L'attore, impegnato nella presentazione del war movie Man Down, al Lido si dimostra attento con la stampa e disponibile con i fan che lo circondano per i selfie di rito, anche se appena può cerca di sfuggire all'attenzione fumando nervosamente in solitudine. Il suo sostegno al film dell'amico Dito Montiel, che dieci anni fa lo diresse nel bellissimo Guida per riconoscere i tuoi santi, è appassionato, soprattutto considerando che adesso, come lui stesso ammette, sceglie solo progetti che gli permettano di lavorare con persone con cui si sente a suo agio. L'importante è che la crisi di qualche tempo fa sembra ormai alle spalle.
Di nuovo sul set con Dito Montiel
In Man Down Shia LaBeouf interpreta un marines catapultato in un universo post-apocalittico in cui si muove disperatamente alla ricerca della moglie e del figlio. Una misteriosa guerra sembra aver distrutto gli Stati Uniti risparmiando solo pochi superstiti che vivono per le strade. Ad affiancare Gabriel, il personaggio di Shia, troviamo il commilitone Devin, interpretato dal massiccio Jai Courtney, che lo aiuta nella sua ricerca per riunire la famiglia. "Dito ha una capacità organizzativa incredibile" racconta Shia LaBeouf "e lavoriamo molto bene insieme. Sa quale bottone spingere per convincermi a fare qualcosa e siamo molto onesti l'uno con l'altro. A lui posso dire tutto, perché è in grado di capirlo. Dieci anni fa mi ha diretto in Guida per riconoscere i tuoi santi, il mio film preferito tra quelli che ho girato. E' tornato a cercarmi in un momento molto difficile della mia vita, in cui ero di pessimo umore, e mi ha convinto a tornare sul set. Lui stesso non sapeva se sarebbe riuscito a realizzare un altro film, ma alla fine ce l'abbiamo fatta". Per il ruolo del marine Gabriel Drummer, LaBeouf ha attinto ai suoi trascorsi personale, visto che il padre dell'attore è un veterano del Vietnam che, dopo la guerra, si è adattato a svolgere i lavori più disparati per mantenere la famiglia. "Mio padre era un militare, perciò mi sono ispriato al suo passato" confessa l'attore. "Gabriel ha molto di mio padre, è il padre che avrei voluto sempre".Marito e soldato
Al di là degli spunti autobiografici, Dito Montiel ha offerto a Shia LaBeouf un altro ruolo complesso e altamente drammatico. Una nuova sfida per l'attore che, al di là dell'aspetto bellico, sembra aver amato molto la dimensione personale della storia, il dramma umano del suo personaggio. Al riguardo Shia spiega: "Per me Man Down non è un film di guerra. E' Kramer contro Kramer. Non ho mai pensato che la dimensione action fosse preminente. Per me questo è un film su una famiglia spezzata. Per prepararmi a interpretare un marine credibile ho lavorato con un ex marine di nome Nick Jones che ha fatto da consulente sul set. Sono stato a lungo a contatto con Nick e siamo diventati amici intimi. Abbiamo addirittura trascorso il Natale insieme. E' stato lui a parlarmi della guerra, a farmi capire cosa scatta nella mente di un soldato dopo aver combattuto. Per quanto riguarda il rapporto con Kate Mara, che interpreta mia moglie, sul set abbiamo vissuto un'esperienza che ci ha avvicinato. In quel momento i nostri problemi erano reali. Dove finisce la recitazione e dove inizia la realtà?"
Un uomo nuovo
Il set di Man Down ha riunito Shia LaBeouf a un'altra vecchia conoscenza, Gary Oldman, con cui aveva già lavorato sul set di Lawless. L'attore sembra entusiasta di aver potuto condividere col grande Oldman una delle scene chiave del film, che li vede in un serrato faccia a faccia: "Gary Oldman è il mio eroe. E' un gran bugiardo, ma faccio tutto quello che mi dice perché lo adoro. In Man Down abbiamo un'unica scena insieme, che però è lunga 27 pagine. Per il Ringraziamento, mentre tutti tornavano a casa, sono rimasto in Louisiana, sul set, a studiare il copione sul mio computer. Recitare con Gary Oldman ti mette alla prova perché lui è talmente grande che riesce a superare la tecnica e a volte ti mette in difficoltà. Io sono un attore che, sul set, dà voce alla propria emozione. Quando abbiamo iniziato a girare, Gary ha proposto di fare le prime quattro pagine. Ovviamente mentiva, infatti pian piano aggiungeva pagine e alla fine ha voluto fare tutto insieme. Però lavorare con lui è stato uno dei momenti più belli della mia vita".
Quando gli viene chiesto quale è stato lo scoglio principale per interpretare Gabriel, Shia confessa: "Il suicidio. Gabriel è un padre perciò è molto difficile capire questo pensiero, ma lui viene sfiorato dal pensiero della morte. Rendere la sua disperazione è stata una sfida, ma l'ho affrontata con professionalità. Ogni volta che accetto un nuovo lavoro, per me, è come se fosse la prima volta. Quando ho girato Guida per riconoscere i tuoi santi ero un ragazzino, ma con gli anni mi sono dato una calmata". Prima di salutarci, Shia ci confessa che, anche se ha deciso di mettersi in gioco come artista a tutto tondo, il cinema resta sempre in cima alla lista dei suoi interessi. "I film sono il mio impegno primario, anche se non so più cosa sia primario. I media devono essere un veicolo per l'espressione personale. Adesso ho appena concluso il nuovo film di Andrea Arnold. Scelgo i progetti in base a chi me li propone. Mi piace lavorare con amici, con colleghi con cui ho una connessione. Mi sento meglio quando sono a contatto con persone che mi conoscono e mi amano".