Sherlock Holmes non è di casa solamente a Baker Street ma anche su Netflix. Il servizio streaming per antonomasia infatti ripropone dal 1° aprile 2024 l'adattamento targato BBC del più celebre investigatore privato della letteratura (con buona pace di Poirot e gli altri), lanciando letteralmente la carriera dei suoi due attori protagonisti. Correva il 2010, l'anno prima c'era stato l'exploit cinematografico dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie e nel 2012 sarebbe arrivata Elementary su CBS che compiva un gender swap per il personaggio di Watson, prima ancora dei film dedicati a Enola Holmes con Millie Bobby Brown su Netflix. Ma Benedict Cumberbatch, prima di Smaug e Doctor Strange, era diventato il detective ideato da Arthur Conan Doyle, talmente celebre da essere realmente esistito per molti, tanto che Londra gli ha dedicato una stazione della metropolitana. Questo lo rende il miglior Sherlock Holmes del 21° secolo? Noi pensiamo proprio di sì.
Un tutt'uno col personaggio
Come dicevamo, grazie a questo ruolo la carriera degli allora molto meno conosciuti al di fuori del Regno Unito Benedict Cumberbatch e Martin Freeman venne letteralmente lanciata non solo nell'Olimpo di Hollywood ma proprio a livello mondiale. Questo grazie all'interpretazione dei due protagonisti, che sono riusciti a creare una chimica incredibile tra il medico ex soldato dell'esercito, narratore letterario della avventure vissute con il suo improbabile coinquilino, e il detective per antonomasia, sprezzante, arrogante, dipendente dall'oppio ma con una mente incredibilmente deduttiva e bravo ad osservare le persone. Un protagonista profondamente respingente (chi ha letto i romanzi originari lo sa bene) e una "spalla" che vuole cercare di vivere secondo le regole dettate dalla società. Sono stati capaci di diventare letteralmente quei personaggi, tanto da essere riconosciuti a livello mondiale alle fiere, agli eventi, per strada, principalmente per quei ruoli, anche dopo essere entrati nel tanto più chiacchierato Marvel Cinematic Universe in momenti diversi.
Sherlock Holmes 3.0
La scrittura dei due creatori, Steven Moffat - che già si era fatto apprezzare per Coupling e aveva appena iniziato il cammino in Doctor Who con Matt Smith e l'avrebbe proseguito fino al Dottore di Peter Capaldi - e Mark Gatiss, anche interprete del fratello del protagonista, Mycroft, impegnato in politica, è l'elemento cardine del successo della serie inglese rendendolo il miglior adattamento moderno dell'originale cartaceo di Arthur Conan Doyle. Più dello Sherlock Holmes truffaldino e fisico di Guy Ritchie, più di quello metodico e contemporaneo di Johnny Lee Miller, più ancorato alla realtà di quelli di Matt Frewer e Richard Roxburgh, più giovanile di quello in pensione di Ian McKellen, meno scanzonato di quello di Will Ferrell e con un fascino diverso da quello di Henry Cavill. Uno Sherlock moderno, che vive tra smartphone e social media, che li usa sorprendentemente a suo vantaggio invece di rifuggirli a tutti i costi come era lecito aspettarsi, dimostrando la piena consapevolezza del materiale originale da parte dei due autori. Una conoscenza a menadito che permette di giocare coi personaggi e ribaltarli, come la fantomatica sorella dimenticata di Holmes, o la futura moglie di Watson, e così via.
Il giuoco delle parti
Altra felice intuizione del duo Steven Moffat & Mark Gatiss è stata giocare col materiale originale, cambiando leggermente alcuni elementi che danno il titolo ai vari casi celebri che il protagonista e il suo compare si trovano ad affrontare. Dallo Studio in Rosa (e non più in Rosso), ai Mastini di Baskerville (al plurale), dallo Scandalo a Belgravia (e non più in Boemia) al Segno dei Tre (invece che dei Quattro). Elementi modificati a livello di trama che diventano così anche parte della narrazione e della risoluzione del caso. Fino al L'abominevole sposa, dal racconto del Cerimoniale dei Musgrave, un escamotage per portare nel passato - quindi alla reale epoca dei fatti raccontati e non ai giorni nostri - i personaggi e per sopperire l'attesa per una nuova stagione con un film TV. Una delle caratteristiche peculiari di Sherlock fu infatti l'attesa spasmodica di due-tre anni (che all'epoca si sembravano tantissimi, prima delle tempistiche delle produzioni di oggi, Stranger Things sei in ascolto? - e dei ritardi dovuti a pandemie e scioperi) per quelli che erano "solamente" tre episodi ma di fatto tre mini-film della durata di ben un'ora e mezza ciascuno. Tanto che ancora adesso si vocifera di una possibile quinta stagione, nonostante gli impegni di set oramai difficilmente conciliabili dei due interpreti principali.
Il villain per antonomasia
Nella letteratura gialla il Professor Moriarty, uno scienziato che ha perso contatto con la realtà, o forse è più lucido di tutta l'umanità messa insieme - è considerato il villain per antonomasia. Per creare il miglior Sherlock Holmes del 21° secolo ci vuole il miglior cattivo del 21° secolo e lo show ci ha regalato anche quello, ovvero un altro attore letteralmente lanciato dalla serie: Andrew Scott. La scena della piscina alla fine del primo ciclo di episodi rimane ancora una delle migliori prove viste nella serialità e una delle sequenze più inquietanti che fanno a gara con gli storici psicopatici della storia del cinema. Così come il rincorrersi dei due lungo tutte le stagioni, attraverso le proverbiali Cascate di Reichenbach del problema finale dell'investigatore protagonista e il loro importante significato nella mitologia del personaggio. Perché questo è lo Sherlock Holmes di Benedict Cumberbatch: un mito già leggenda per i nuovi adepti a venire.