Shake, la recensione: se l'Otello di Shakespeare diventa un buon teen drama contemporaneo

La recensione di Shake: otto episodi diretti da Giulia Gandini in cui si reinventa l'Otello di Shakespeare in chiave teen. Buona idea e buon cast. In streaming su RaiPlay.

Shake, la recensione: se l'Otello di Shakespeare diventa un buon teen drama contemporaneo

Un cast giovane (ovvio), un titolo a portata di hashtag (dalla doppia valenza), un format-archetipo e una scrittura dalla buona inventiva, che non inventerà nulla ma rafforza ciò che già sappiamo: stiamo vivendo una sorta di primavera generazionale, in cui le serie teen (potrebbe essere riduttivo, in quanto i riflessi arrivano fino all'età della decantata maturità) spopolano e riempiono i palinsesti (ehm, i cataloghi) delle piattaforme. E sarebbe da sospirare: finalmente. La Gen Z, data fin troppo per scontata, e spesso sottovalutata, ha finalmente dei riflessi narrativi in cui potersi ritrovare, rispecchiare, e magari pure capirsi un po' meglio (sicuramente meglio di come i media mainstream la dipingano). E, perché no, anche traendo ispirazione, un po' di conforto, una sorta di aiuto. Così, seguendo un'onda lunga e alta, che non ha paura di osare e sperimentare, ecco spuntare Shake: otto puntate da venticinque minuti tutte disponibili in streaming su RaiPlay. Dietro lo show, un'idea mica male: l'adolescenza come una grande tragedia e una grande commedia, molto simile ai drammi shakespeariani.

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Shake: un momento della serie

Per questo, la serie diretta da Giulia Gandini, e scritta da Gianluca Bernardini, Carolina Cavalli, Caterina Salvatori, rivede l'Otello di Shakespeare in una Roma contemporanea (e dove, sennò?), tenendo ben impressi i temi nevralgici per inserirli in un contesto strettamente locale e fortemente identitario (c'è tutto, amicizia, famiglia, sessualità, amore), aggrappandosi agli archetipi funzionali al linguaggio seriale più fresco e immediato (i messaggi in sovrimpressione, le riprese in verticale, direttamente dall'occhio dello smartphone). Un linguaggio nuovo, certo, ma legato ad una messa in scena non propriamente rivoluzionario, visto il fulgido filone dei teen drama contemporaneo (la lista è lunga, lo sapete). Ma poco importa. Gli interpreti sono bravi (e in Shake sono tutti molti bravi), la sceneggiatura regge (quindi la base è solida), l'interesse generale si mantiene vivo. E, cosa non scontata, le sfumature acchiappano anche il pubblico più grandicello, in balia di una certa nostalgia per gli anni più belli e complicati di tutti. Del resto, che fatica abbandonare i giorni liberi per eccellenza, in cui la (nostra) storia doveva essere ancora scritta.

Shake, amore e gelosia: la trama

Chiaro, in Shake l'Otello è una traccia, una suggestione, un intelligente pretesto. Un trampolino che ci porta nel cuore di Roma, tra la campanella di scuola, le feste del sabato sera, il telefono che vibra, anticipandoci quel vocale che non ci fa dormire la notte. Allora, il protagonista dell'opera di William Shakespeare diventa Thomas (Jason Prempeh), carismatico sedicenne bravo a scuola e fenomeno del parkour. Insieme a lui, le figure ideali di Cassio e Iago, ossia Michele (Alessandro Cannavà) e Gaia (Giada Di Palma), a comporre il trio di amici. Come nel Bardo e come in qualsiasi comitiva liceale, sarà la Desdemona di Beatrice (Giulia Fazzini) ad alterare gli umori, prendendo le redini della vicenda.

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Shake: una scena

Quella Beatrice che, così bella e così attraente, catturerà l'attenzione sia di Thomas che di Gaia, però fidanzata con Emilia (Greta Esposito). In mezzo, ecco scoppiare un'incendio aizzato dall'invidia e dal livore: Beatrice e Thomas, mettendosi insieme, scateneranno proprio Gaia, che metterà in piedi un piano che dovrebbe separare i due innamorati. La gelosia di Thomas travolgerà Beatrice, che ha un passato non chiuso con Leonardo (Damiano Gavino), e di riflesso travolgerà Michele, in una sorta di tutti contro tutti che si risolverà in una finale di parkour.

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L'Otello, oggi.

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Shake: un'immagine della serie

Sì, immaginiamo cosa state pensando, ma la trama di Shake è più facile a vedersi che a dirsi. Tuttavia, non temente: non c'è nulla di arzigogolato o incongruente, e anzi i doppi punti di vista riescono a dare allo show una certa totalità e fluidità d'azione, con la regia di Giulia Gandini che si mantiene in bilico tra estetica e sostanza, tra fisicità (il parkour) e gli sguardi che saettano come fulmini. Ogni episodio, infatti, si concentra su un personaggio, e sulla sua rispettiva visione della main story, legata all'ideale di rappresentare coralmente un gruppo di ragazzi e ragazze alle prese con diverse e fondamentali consapevolezze: fragilità, ansie, errori. Ripassare la lezione non fa male, e aiuta gli spettatori (non solo quelli più giovani, a cui Shake è rivolta) ad empatizzare con sé stessi e con gli altri, estremizzando l'Otello di Shakespeare in una sorta di romanzo young contemporaneo, debitore a sua volta alla britannica Skins, probabilmente il primo esempio tra i teen drama contemporanei.

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Shake: una foto di scena

Quello di Shake è un affresco probabilmente preimpostato, ma convincente nella sua destrutturazione generale del dramma teen, elevando il coro dei protagonisti (e le loro rispettive relazioni) in forte correlazione alla doppia cornice: c'è Roma, sfruttata come fosse una caption, e c'è ovviamente l'adolescenza, con le sue scoperte, le sue paure, le sue incertezze. Otello, Iago e Desdemona oggi mutano forma, ristretti (o allargati?) nei codici da social, che accompagnano un'intera gamma di emozioni. Ma dietro la gelosia che pervade Shake, e dietro un'ottimo sound elettronico, composto da Ginevra Nervi (a cui si alternano brani di Cmqmartina, Fred Again o Ditonellapiaga), c'è il confine che separa l'amore dalla gelosia, l'invidia dall'amicizia. Una tempesta forse esagerata ma idealmente realista nella sua voglia di sconfinare oltre l'età dell'innocenza, esaltando il linguaggio seriale in una storia di scoperte primordiali e di formazioni sentimentali.

Conclusioni

Nulla di troppo originale all'orizzonte? Solo in parte: come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione di Shake, l'idea di rivedere l'Otello di Shakespeare in chiave young è una gran bella trovata, funzionale all'intento e alla moda del momento, che cavalca (giustamente) il target di riferimento odierno. A completare l'opera un ottimo cast, che surriscalda ancora di più l'ottima primavera attoriale italiana: da Jason Prempeh a Giulia Fazzini, da Giada Di Palma ad Alessandro Cannavà, fino a Greta Esposito e Damiano Gavino. Bravi!

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • Il cast, tutto in parte.
  • L'idea.
  • La regia, fresca e ispirata.

Cosa non va

  • Una serie comunque profondamente debitrice agli archetipi di genere, da Skins fino a Skam.
  • Alcune trovate teoricamente innovative potrebbero essere considerate già da boomer...