Sergio Castellitto a 360 gradi al Lucca Film Festival. L'attore e regista italiano è protagonista di un incontro su Cinema e terapia. Dopo tante presenze televisive e cinematografiche nei panni di un analista, ormai Castellitto si è conquistato sul campo il ruolo del terapista ad honorem tanto da scherzarci su: "Da Il grande cocomero a oggi ho indossato il camice numerose volte. Ormai ho una lunga carriera clinica alle spalle. Recitare è un incontro a metà strada tra te e un fantasma scritto da uno sceneggiatore. Personalmente non sono mai andato in terapia, ma ho fatto l'attore per trent'anni. Mi sono fatto la terapia gratis. Ogni tanto un attore deve liberarsi. Pensate solo alla memoria. Una parte del cervello si occupa solo di ricordare le parole che devi dire. Alla lunga è stancante".
Riflettendo sul mestiere dell'attore, Castellitto prosegue: "La scuola americana è legata all'immedesimazione, noi siamo più abituati all'identificazione. Noi siamo figli di Goldoni, della Commedia dell'Arte, tendiamo a sentire, non a vivere. Non vogliamo certo soffrire. Quando chiedevano a Marcello Mastroianni perché non ha mai fatto il regista, lui rispondeva 'Perché non ho niente da dimostrare a nessuno'. Questo fa capire che il vero frustrato è il regista. Quando dirigo io sono molto più frustrato, tentare di costruire un mondo attraverso il plastico della vita ti condanna a non essere mai contento".
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"Il cinema? Poesia che costa troppo"
Sergio Castellitto è reduce dal successo trionfale di In Treatment, serie israeliana che ha avuto il maggior numero di adattamenti internazionali e che vede l'attore protagonista della fortunata versione italiana. Interrogato sull'exploit della serialità televisiva a confronto con la disaffezione del pubblico nei confronti di tanto cinema, il regista ammette che "per parlare approfonditamente del fenomeno ci vorrebbe una masterclass... ma che dico. Potremmo istituire una laurea breve sul tema. Sento parlare di crisi del cinema da quando ho iniziato a lavorare. La crisi per me è movimento. Il cinema è poesia che costa un sacco di soldi. A volte non è neanche poesia e costa comunque tanto. I produttori italiani vogliono la commedia. Age e Scarpelli presentavano una sceneggiatura aggiungendo dieci battute comiche e poi le eliminavano nella versione definitiva. Il nostro cavallo di Troia è un film comico. Il cinema senza tv non si poteva fare perché i diritti facevano guadagnare un film. Vivaddio le serie e la libertà di narrazione che hanno portato. Viva Black Mirror!"
A far scoprire le serie americane a Sergio Castellitto sono stati i figli, soprattutto il maggiore. "A un certo punto mi ha detto 'Smetti di guardare questa roba' e mi ha iniziato a Breaking Bad. Anche Paolo Sorrentino lo ha capito che il diritto alla narrrazione te lo dà la tv e ha girato The Young Pope. Il cinema è un genere archeologico e lo dico nel senso più alto del termine. E' più complesso della tv è una sfida. Prova ad avere lo stesso approfondimento in dieci episodi o in un'ora e quaranta minuti".
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L'ipocrisia della recitazione a la ricerca di verità
Netflix e Amazon Prime stanno dando una scossa alla produzione, lanciando la corsa all'innovazione e all'originalità. In Italia la Rai continua a fossilizzarsi sulle solite produzioni pluriennali senza dar segno di voler andare incontro a un pubblico più giovane ed esigente. Spinto ad analizzare la ragione di questo atteggiamento, Sergio Castellitto esclama "Tengo famiglia", ma poi spiega: "La Rai è un luogo politico, non un luogo creativo. Perché nessuno ha mai avuto l'idea di fare una serie tv su Taxi Driver, 12 notti in taxi a Roma? Per fortuna è arrivata Sky, lo dico perché sono un cliente. Io l'ho fatta la tv generalista, ho interpretato Padre Pio e tanti altri personaggi. La tv che tengono accesa in corsia d'ospedale. La solitudine dell'umanità non è la solitudine della platea dove tu decidi di andare. Ma il successo di In Treatment ci insegna che si può fare. Immaginate se in Black Mirror, al posto del primo ministro inglese, ci fosse stato Matteo Renzi. Figurati se te lo fanno fare.".
Da giovedì 6 apile Sergio Castellitto è al cinema con Piccoli crimini coniugali, pellicola diretta da Alex Infascelli che lo vede contrapposto alla moglie cinematografica Margherita Buy. "E' stata un'esperienza molto divertente" ammette l'attore. "E' una storia molto teatrale, era una scommessa narrativa e recitativa. I protagonisti sono intellettuali borghesi fasulli, sono il simbolo dell'ipocrisia di certa borghesia, mi interessava perché è tutto ciò che non sono. Recitare mi ha dato una libertà interiore, sono una persona sincera perché ho maneggiato l'ipocrisia per trent'anni e ho capito che nella vita ho bisogno di sostanza umana".