Quello di Tim Fehlbaum, regista svizzero classe 1982, è il classico caso di un filmmaker che, dal giorno alla notte, è entrato con prepotenza sul radar di Hollywood. Prima di September 5 aveva dalla sua una manciata di cortometraggi e un paio di film: Hell, un horror post-apocalittico uscito nel 2011, e il fantascientifico Tides, del 2021.
Nulla di particolarmente eclatante o tale da piazzarlo in buona posizione fra i "most wanted" dell'industria. Poi però lui, Moritz Binder e Alex David hanno deciso di voler raccontare il giorno che ha cambiato per sempre la maniera di fare informazione in diretta televisiva: il massacro alle Olimpiadi di Monaco cominciato il 5 settembre del 1972 alle 4:30 del mattino e conclusosi nel sangue con la morte di 5 terroristi palestinesi dell'organizzazione settembre nero, di 6 allenatori e 5 atleti israeliani e di un poliziotto tedesco.
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La loro idea era quella di dare forma a una rappresentazione che raccontasse quegli istanti da ogni angolazione: quella di poliziotti, olimpionici, giornalisti, civili, diplomatici. C'era solo un problema: che si trattava di un progetto ambizioso che era già complicato a dirsi. A farsi anche di più.
Un po' perché quello dell'interminabile conflitto israelo-palestinese è un tema in cui è sempre ostico avere a che fare. Un po' perché anche prescindendo da quelle che possono essere le posizioni in merito all'argomento appena citato, il 5 settembre del 1972 è stato un momento di svolta nella maniera sia di produrre informazione che di fruirla. Bisognava dotarsi dei proverbiali piedi di piombo e partire per un'avventura in cui nulla doveva essere affidato al caso.
Il fattore Mason
Che tutto si sia risolto nel migliore dei modi è abbastanza evidente: stiamo qua a discutere di un film che alla fine è stato fatto, è in corsa agli Oscar per la Miglior sceneggiatura originale ed è in arrivo nei cinema italiani il 13 febbraio. Solo che per far sì che si concretizzasse - tradotto: che qualcuno si convincesse a elargire la pecunia necessaria - c'è voluto l'intervento diretto di Geoffrey Mason. Che, per chi non lo sapesse, oggi è un signore di 83 anni che vive a Naples in Florida e fa il produttore sportivo, ma ieri, più precisamente il 5 settembre del 1972, era un giovane produttore televisivo appena trentenne alla guida della control room della ABC alle Olimpiadi di Monaco.
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Iniziato l'attacco terroristico, Mason e il suo team si sono ritrovati nell'occhio del ciclone facendo, letteralmente, la storia dell'informazione con la prima diretta televisiva in assoluto di un attacco terroristico. Ricordando il primo incontro con Tim Fehlbaum e il suo produttore Phillip Trauer, Mason racconta: "Non sapevo nulla di Hollywood quando Tim e Philipp mi hanno contattato qualche anno fa. Ma mi sono sembrati ragazzi intelligenti, così ho raccontato loro cosa è successo". Una chiacchierata, quella fatta con Mason, che Moritz Binder ricorda così: "È stato un momento di pura adrenalina. Stavano inventando tutto mentre procedevano, con tutta quella tensione, e noi abbiamo provato le stesse emozioni ascoltando Geoff".
Per Fehlbaum c'era inoltre "qualcosa di estremamente affascinante nelle decisioni prese sul momento su cosa mostrare", sulle implicazioni morali ed etiche del mostrare a tutto il mondo un tragico evento come quello che poteva avere ripercussioni di ogni tipo. Sia per le famiglie degli ostaggi, che per il palcoscenico che poteva inevitabilmente essere offerto a Settembre Nero.
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Mason è stato anche di fondamentale importanza per facilitare un processo necessario a rendere il film più teso e credibile: il permesso di usare i veri filmati d'epoca della ABC. Il network non aveva alcuna intenzione di cedere facilmente quel footage. Guarda caso però, Geoffrey Mason ha ancora un amico di vecchia data che lavora in Disney e ha un certo potere decisionale sulle attività del gruppo. Il nome di questo amico? Bob Iger. È bastata una telefonata e il via libera all'utilizzo del materiale d'archivio è arrivato.
Un film tedesco che ha attori americani
Fehlbaum and co, per comporre il team di attori della loro pellicola, erano intenzionati ad avere un cast capace di coinvolgere il pubblico di oggi, ma che avesse anche quella bravura necessaria a ricreare quella grinta tipica degli anni settanta e il realismo necessario alla storia.
John Magaro, noto per aver vestito i panni di Vince Muccio in Orange Is the New Black e per pellicole indie in Past Lives e First Cow si è rivelato azzeccatissimo per tratteggiare le sfumature di Mason, un uomo ordinario, catapultato improvvisamente sotto i riflettori. Quella che l'autentico Mason si è trovato a vivere è stata una situazione in cui doveva prendere, velocemente e in tempo reale, decisioni morali complicatissime mentre, contemporaneamente, doveva cogliere quella che era l'opportunità più grande della sua carriera.
September 5: manuale di tensione
Una tensione morale che Magaro ha subito afferrato: "Geoff cercava di farsi strada nel settore. Un modo per farlo era puntare sul sensazionalismo, mentre l'altro era essere un giornalista puro, come Marvin Bader". È stata proprio questa la ricchissima zona grigia che ha voluto esplorare. Per il boss di ABC Sports Roone Arledge è stato scelto Peter Sarsgaard. Sulle pagine dell'Hollywood Reporter riassume così il suo approccio al film: "Gli attori amano recitare e mettersi in mostra, ma questo film non lo richiedeva. C'è una forma di autorità più potente: quella di chi sa di avere il potere senza doverlo dimostrare".
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A Ben Chaplin è andato il complicatissimo ruolo di Marvin Bader, un dirigente delle operazioni olimpiche, figlio di sopravvissuti all'Olocausto. Inevitabilmente, in un momenti come quello che si è trovato a vivere, il fardello emotivo che portava sulle spalle è diventato anche più pesante. Chaplin ha spiegato di essersi immedesimato in una persona che sa di dover carreggiare il dolore altrui, mentre cerca, contemporaneamente, di liberarsene. Un personaggio come quello di Bader, nell'economia di una pellicola come September 5 - La diretta che cambiò la storia, è perfetto: rappresenta in modo estremamente adeguato sia le tensioni morali che i conflitti interiori di tutti. L'attrice tedesca Leonie Benesch è stata scelta per il ruolo di Marianne, un personaggio inventato appositamente per la pellicola che aveva lo scopo di raccontare quello che la Germania stava vivendo.
Una nazione che, proprio con le Olimpiadi del 1972, voleva definitivamente scrollarsi di dosso tutte le ombre del suo terribile passato nazista e che, ancora una volta, si ritrovava a essere un luogo di morte e orrore per degli ebrei. Fehlbaum ha pure coinvolto come comparse sul set di September 5 autentico personale delle sale di regia dei media tedeschi. L'obbiettivo era quello che gli attori potessero ispirarsi a loro. Un intelligente escamotage per far sì che il lungometraggio riuscisse a trasmettere uno straordinario e drammatico senso di realismo.
Una strana congiuntura storica
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Ad aggiungere ulteriore risonanza e gravitas al tutto: il film era in post-produzione quando Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre 2023, dando il via a quello che è accaduto poi. September 5 racconta, gioco forza, un atto di violenza di matrice palestinese. Fehlbaum non ha voluto volontariamente approfondire le cause storiche preferendo attenersi ai fatti e alla prospettiva dei media americani del 1972. In un'epoca fatta di film e serie TV che raccontano didascalicamente ogni cosa, ritrovarsi fra le mani un'opera come questa, che resta dentro per giorni e giorni suscitando domande alle quali è difficile rispondere, è quasi miracoloso.