Su Sky Cinema e Now Tv dal 7 giugno Security, film diretto da Peter Chelsom con protagonista Marco D'Amore, ispirato all'omonimo romanzo di Stephen Amidon, già autore di Il capitale umano. La star di Gomorra interpreta Roberto, responsabile della sicurezza di una serie di ville a Forte dei Marmi, che controlla con un sistema di telecamere.
Sposato con Claudia (Maya Sansa), candidata sindaca, che non si fa scrupolo di scendere a compromessi con imprenditori per sostenere la sua campagna politica, l'uomo cerca di scoprire la verità sull'aggressione a una ragazza, ripresa con evidenti segni di percosse dalle sue telecamere. Nel frattempo la figlia Angela (Ludovica Martino) ha una relazione segreta con un suo insegnante, Stefano (Silvio Muccino), che sembra sapere più di quanto non voglia ammettere sulla serata in cui è successa la violenza.
Segreti, giochi di potere, relazioni interessate: Security offre un ritratto non lusinghiero della società italiana, in particolare modo quella borghese, disposta a fare finta di nulla davanti alle ingiustizie pur di mantenere le apparenza. Ne abbiamo parlato con gli attori Silvio Muccino e Ludovica Martino, raggiunti in collegamento Zoom.
Video intervista a Silvio Muccino e Ludovica Martino
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Security e l'importanza di indignarsi
Quando sente delle persone scherzare sulla violenza fatta alla ragazza, con parole come "se gli imeni sono intatti allora va tutto bene", il personaggio di Marco D'Amore è l'unico a indignarsi. Secondo voi ha ragione? Non si può scherzare sulla violenza?
Silvio Muccino: L'indignazione è un sentimento meraviglioso. È un sentimento che andrebbe insegnato: ci si indigna troppo poco. È un sentimento fondamentale. Questo è un film che denuncia tantissime cose. Forse la cosa più crudele che fa è denunciare l'atteggiamento passivo: il nostro essere talmente concentrati a proteggere il nostro ombelico da non lasciarci più turbare o indignare da niente. Ci vuole uno sguardo come quello di Roberto, il personaggio di Marco D'Amore: che non a caso è il più lucido, è quello che guarda, che osserva. Fa quello di lavoro: osserva dentro le case degli altri, nell'anima degli altri. E ha ancora, beato lui, la capacità di indignarsi e di sorprendersi in negativo. Che è quello che dovremmo riabituarci a fare tutti quanti.
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Ludovica Martino: Quando ho visto il film non mi ricordavo di questa battuta in sceneggiatura. Forse l'hanno aggiunta dopo e sono rimasta, da spettatrice, indignata. Mi sono detta: ma che battuta è? E poi ho capito che era estremamente vera: queste battute sono all'ordine del giorno, ormai non ci sono più filtri su niente. E allo stesso tempo non ci indigniamo mai abbastanza, perché siamo circondati da notizie brutte e le frasi brutte vengono pompate, ci arrivano all'orecchio in continuazione. È una cosa che ho notato anche io: è di un cattivo gusto pazzesco, che però è assolutamente in linea con la storia. Quella battuta racchiude tantissimo dei pregiudizi, della paura, di tutti i temi portanti del film.