Film coraggioso del 1960 La Dolce Vita di Federico Fellini rappresenta nella cinematografia nazionale e oltreoceano un classico ineguagliabile: tra gli eventi del quinto Festival di Roma la kermesse non si è lasciata sfuggire la presentazione in anteprima mondiale della versione restaurata di uno dei più grandi capolavori del cinema italiano. Operazione importante per il patrimonio cinematografico internazionale, il restauro digitale 4K ha permesso di ridonare brillantezza alla vecchia copia del film destinata alle sale, arricchendola con una straordinaria definizione dell'immagine e facendone emergere riflessi quasi nascosti. Il progetto è il risultato della collaborazione della Cineteca di Bologna, della fondazione L'immagine ritrovata e di The Film Foundation, che dagli anni '90 ha iniziato a occuparsi della preservazione di film del passato. La nuova versione del capolavoro di Fellini, che sarà distribuita gratuitamente in 12 città da Medusa
(sono previsti due giorni di proiezioni per ogni città a partire dalla prossima settimana), è il risultato del lavoro effettuato sul negativo originale e su una versione antecedente all'ultimo montaggio del film, dieci minuti che adesso sarà possibile visionare. L'operazione, finalizzata a conservare la bellezza di opere filmiche importanti e, soprattutto, a farle conoscere ai più giovani e promossa da Gucci, che aveva iniziato nel 2004 a collaborare al restauro, ha come testimonial Martin Scorsese, il primo cineasta a sollevare a livello internazionale la questione del restauro dei film. Abbiamo incontrato a Roma il regista americano, che ci ha parlato del suo rapporto con le opere di Fellini e ci ha raccontato il significato del film La Dolce Vita nella sua carriera, rivelandoci come le innovazioni introdotte dal regista riminese lo abbiano ispirato nella realizzazione di alcuni dei suoi maggiori successi.
Signor Scorsese cosa significa per la sua vita e per la sua carriera il film La Dolce Vita?
Perché secondo lei quel film ha segnato il percorso artistico di Federico Fellini? Martin Scorsese: E' molto interessante, anche se qualcuno non sarà d'accordo con me, il fatto che ne La Dolce Vita non c'è plot, è un film che dura tre ore e che non ha una vera e propria trama. Riflette la vita! Dopo questo film Fellini non ha più raccontato una storia con un inizio e una fine, ma ha portato sullo schermo ritratti di personaggi, atmosfere e storie, spingendosi fino a un risultato unico e grottesco! Ha cambiato il mondo in questo modo.
C'è una scena che ha particolarmente apprezzato del film?
Ripensando ai suoi film è stato ispirato in qualche modo da questo film o da Fellini? Martin Scorsese: Quando realizzo film non so se quello che faccio sia legato a qualcosa che ho nella mente. Ho un certo stile ed è stato così per film come Casinò e Quei bravi ragazzi, ma se c'è qualcuno che, data una trama, ha avuto la libertà di farne uno spettacolo della vita e ci è riuscito, quello è stato Fellini. Lui ci ha dimostrato che si può fare! Prima di lui c'era stato Antonioni con L'avventura, un regista che seguiva un percorso del tempo e un viaggio interiore molto diverso. Fellini mi ha dato la possibilità di utilizzare la storia e i personaggi mettendo tutto in scena. E la cosa straordinaria è che in quegli anni nessuno se lo aspettava...
A Venezia ci ha commosso con il documentario A Letter to Elia, un suo personale omaggio al cinema. Anche questo di lavorare al restauro di film del passato è un suo modo per mostrare il suo amore per il Cinema? Martin Scorsese: Per me il senso della conservazione è molto importante per le generazioni future, senza avere alcuna fissazione sulla Storia, ma ricordando che dobbiamo imparare dal passato. Quando ero agli esordi erano passati appena quarant'anni dal successo del cinema americano e mancavano anni a Rashomon... Oggi i giovani percepiscono la storia in un modo molto diverso. Sono interessati a un certo tipo di storia che riguarda la pittura, la musica, la danza. L'unica cosa che posso fare con i miei amici è rivolgermi ai cineasti e lavorare sulle opere della mia formazione, far conoscere che tipo di impatto emotivo abbiano avuto su di me. E' difficile distinguere tra influenze cinematografiche, come nel caso del film su Kazan, che non avrei potuto omaggiare diversamente. Noi abbiamo un dovere nei confronti dei nostri figli, almeno di fargli sapere com'era questo lavoro e questo mondo. Dobbiamo preservare questo materiale.
Il suo documentario Il mio viaggio in Italia descrive in qualche modo le sue origini italiane. Com'è oggi il suo rapporto con la nostra nazione e con il nostro cinema?
Martin Scorsese: Guardo sempre gli ultimi film italiani e mi sono sentito molto incoraggiato da film come Gomorra, Io sono l'amore... che sono riuscito a vedere in questi anni. La nuova generazione ha un modo diverso di vedere il mondo, ma i temi sono universali e lo stile è nuovo e va incoraggiato. Continuerò a tenervi d'occhio!