La commedia italiana, portata ad un altro livello. Un livello diverso, un universo a sé, dove la comicità, oggi fragile e in via d'estinzione, trova nuova linfa, seguendo lo spirito imprevedibile di attori (comici) che, però, sono anche autori. Dunque, nulla è lasciato al caso, e anzi, come dimostra il film, c'è voglia di raccontare, di far sorridere, ma anche e soprattutto c'è voglia di prendere parte alla causa. In qualche modo, c'è la voglia e la necessità di esprimere opinioni importanti attraverso il mezzo splendidamente nazionalpopolare che è il cinema. Un mezzo che arriva a tutti, altroché. Lo stiamo capendo, lo stiamo rafforzando: un obbligato plurale maiestatis perché, alla fine, siamo tutti sulla stessa barca. Ecco allora che dietro l'umorismo, Santocielo di Francesco Amato, con protagonisti Ficarra e Picone, si rivela più profondo di come appare, meno esuberante di ciò che sembra, più stratificato e mai semplicista (al netto di alcune flessioni fisiologiche indotte dalla durata, ben due ore).
Ora, in apertura di recensione bisogna dirlo, anche perché Santocielo è una commedia, e chi sceglie la commedia insegue il buon umore, che di questi temi è merce rara: vi avvertiamo, affinando la loro poetica, Ficarra e Picone non cercano mai la risata facile (ma ci sono diverse trovate davvero esilaranti), né inseguono la via della scorciatoia. Anzi, Santocielo è, nella sua importate durata, un film volutamente portato a compimento, riempito di temi sociali mai lanciati ma sempre suggeriti, ben legati alla sceneggiatura e ben legati ai personaggi (e alla loro tangibile evoluzione). Il tutto, alleggerito da un pretesto che ci ricorda Niente di grave, suo marito è incinto con Marcello Mastroianni o il cult con Arnold Schwarzenegger, Junior di Ivan Reitman. Ma, appunto, è solo un pretesto: dietro un uomo incinta, il valore della commedia di Santocielo viene strutturata in disamina contemporanea, affrontando argomenti tutt'altro che secondari.
Santocielo, la trama: diluvio universale o un nuovo Messia?
Sì, un uomo incinta. Anzi, incinta del nuovo Messia. Lassù, il Paradiso è in fermento. Gli uomini stanno distruggendo il pianeta, tra guerre e inquinamento, e Dio in persona (Giovanni Storti), indice una votazione tra gli angeli: diluvio universale, o un altro Messia, dopo duemila anni? Per un solo voto, viene scongiurata la pioggia apocalittica. Ma chi mandare sulla Terra? Si offre volontario Aristide (Picone), che poco conosce gli umani. Appena sceso, combina l'impensabile: per errore, finisce per mettere incinta Nicola (Ficarra), un misogino, bigotto e pregiudizievole professore di una scuola cattolica, che non vuol concedere il divorzio a sua moglie Giovanna (Barbara Ronchi) per non sfigurare davanti la suora che dirige l'istituto. Come rimediare al patatrac? L'errore macroscopico unirà il puritano Nicola e Aristide, intanto invaghitosi di Suor Luisa (Maria Chiara Giannetta).
Dove c'è amore, c'è famiglia
La forza più grande di Santocielo è l'accessibilità. Lo abbiamo scritto tante volte, il cinema italiano, oggi, pare stia puntando sempre più sui family movie. Peccato però che i family movie, per come spesso vengano intesi, risultano ridicoli, macchiettistici e molto poco adatti al grande schermo (preferissero almeno la distribuzione streaming!). Ecco, l'intelligenza di Santocielo sta proprio nella modulazione narrativa ideata da Ficarra e Picone: sfruttando i cliché, di cui il personaggio di Nicola si fa riassunto, viene messo in moto un umorismo garbato eppure pungente, ricercato eppure scorretto (o corretto?) nelle sue stoccate. Del resto, Santocielo riflette - divertendosi e divertendo - sul ruolo maschile all'interno della famiglia, e su quanto bisogna rintracciare una nuova connessione tra l'uomo e la gravidanza. Un film che parla di famiglia senza aggettivarla, ma prendendo appunto la posizione più naturale e giusta possibile: l'amore. Non una questione di genere, non una questione di identità, bensì di consapevolezza, di empatia, di ruoli che si invertono perché, ora, abbiamo perso la capacità di "mettersi nei panni degli altri".
Temi importanti, certo, ma mai sciorinati con tono saccente, tuttavia amalgamati in un umorismo alla portata di tutti. Un pregio, appunto: Ficarra e Picone arrivano trasversalmente al pubblico nel loro archetipo comico e sornione, nel loro essere continui e collegati nelle battute che uno inizia e l'altro finisce. Due che stanno al gioco, come stanno al gioco, dettandolo, Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta, attrici incredibili nella loro intelligenza scenica ed espressiva. Dunque, nessun ruolo femminile di contorno, anzi. Sono loro il centro di Santocielo, ed è la parte femminile, scoperta da un retrogrado professore, che prende ben presto il sopravvento nella seconda metà, mostrando la verità da un'altra angolazione, nonché smussando le indecisioni di una parte centrale che si blocca di netto, soffrendo un minutaggio probabilmente eccessivo (in fondo, una gravidanza dura nove mesi!) per una commedia. In fine, e fin dal titolo, lo spunto della religione: la Fede viene trattata con equilibrio ma con giusta fermezza, tanto che si affronta il valore della preghiera, molto diversa dal concetto di religione. Del resto, se sono gli uomini che rendono la religione antiquata e schematica, allora forse è arrivato il momento di guardare avanti, accettando la più naturale delle verità: se c'è amore, c'è famiglia.
Conclusioni
Lo abbiamo scritto nella nostra recensione: Santocielo enfatizza l'umorismo di Ficarra e Picone, garbato ed elegante, ma anche popolare e accessibile. Una commedia intelligente, che affronta con fermezza e dolcezza temi fondamentali. Fondamentale, la presenza di Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta.
Perché ci piace
- L'umorismo dosato.
- Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta.
- Temi importanti, accessibili a tutti.
- Il finale.
Cosa non va
- Dura troppo...
- ... tanto che la parte centrale sembra bloccarsi.