Ryuichi Sakamoto è stato un gigante della musica. Nel 1988 vinse l'Oscar per la miglior colonna sonora per le musiche de L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci; dieci anni prima, con la sua band Yellow Magic Orchestra iniziò la transizione della musica elettronica verso il synth pop; alla fine degli Ottanta e all'inizio degli anni Novanta indicò la più lucida delle strade per la musica nel videogioco, mostrando come, dopo le sperimentazioni di Tomohiro Nishikado, fosse necessario anelare una commistione più totalizzante del suono con ciò che vedevamo a schermo. È stato un sperimentatore, un innovatore, che ha fatto della musica il suo mezzo espressivo, attraverso una vita che si è spenta il 28 marzo del 2023 a causa di un cancro, che a 71 anni lo ha costretto a deporre le armi. Prima di quel momento, però, ha voluto lasciarci qualcosa: Ryuichi Sakamoto | Opus, film realizzato da Neo Sora, figlio del musicista, è quel lascito che era stato presentato in anteprima all'80esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, per raccontare l'ultimo concerto di un uomo che ha fatto la storia della musica nell'intrattenimento.
La video-arte di Neo Sora
Opus non è un prodotto facile a livello commerciale. Siamo dinanzi a un vero e proprio concerto di musica classica, con un solo musicista, che è contestualmente anche il compositore e il protagonista della intera rappresentazione. Il fatto che sia stato scelto per aprire la nuova edizione di Piano City Milano è emblematico. Eppure, la videoarte nasce con l'intento di mettere in immagine una fattispecie artistica, creando un linguaggio artistico che si può declinare con la successione di immagini. Opus, dal punto di vista registico, prova a dare movimento a un film che potrebbe anche solo essere ascoltato, ma non basterebbe. Diventerebbe un'attività monca, seppur soddisfacente. Se da un lato, infatti, il docile e mansueto pianoforte di Sakamoto stimola il nostro udito, attiva le nostre sinapsi, va a sposare quelle che sono le più soffici esigenze della nostra psiche in cerca di sollievo e serenità, lo sforzo compiuto da Neo Sora è quello di dare anche agli occhi l'occasione di carpire un messaggio. Ancor prima dell'immagine di chiusura, scelta con una grande intuizione sul futuro, il regista costruisce un palcoscenico sul quale Sakamoto può mostrare non solo il proprio afflato nei confronti del pianoforte e della musica, ma anche l'impegno profuso per far sì che questo progetto potesse arrivare a compimento.
Le registrazioni risalgono tutte alla fine del 2022, a pochi mesi da quella che sarebbe stata, poi, la data di morte del musicista giapponese: allestito uno spazio intimo - lo studio 509 dell'NHK Broadcast Center, a Shibuya, Tokyo - circondato da quelli che sono stati i suoi fedeli collaboratori, oltre al figlio Neo Sora, Sakamoto ha voluto emettere il proprio canto del cigno. Sakamoto suona, così, 20 brani, uno di seguito all'altro, con pochissime pause per sincerarsi della sua condizione e, soprattutto, per rendersi conto di ciò che stava accadendo: quella sarebbe stata l'ultima esibizione pubblica, pur senza avere un grande pubblico, ma solo le 30 persone della troupe.
Ryuichi Sakamoto | Opus diventa un lascito, ma anche una grande opportunità: per la prima volta, infatti, il Maestro si ritrova a suonare da solo The Wuthering Heights, suo brano del 1992, e Ichimei - Piccola Felicità, del 2011. Per gli amanti della storia meno recente, nella lista dei 20 brani selezionati da Neo Sora e da suo padre c'è anche Tong Poo, primo brano del lato B dell'album Yellow Magic Orchestra, dell'omonimo gruppo musicale che aveva nel Maestro uno dei membri fondatori: un pezzo storico, perché YMO fu uno dei primi veri esempi di synth pop e nel 1978 segnò una grande pietra miliare per l'evoluzione di generi come la techno e l'hip hop. In Opus Tong Pop viene suonato con un arrangiamento inedito, a un ritmo molto lento, che trasmette non solo l'affaticamento di Sakamoto a distanza di oltre 40 anni da quell'esecuzione, ma anche la volontà di trasmetterlo al pubblico in maniera più ovattata. Il film diventa così un'opportunità per sperimentare, per guardare oltre, per provare a raccontare la propria musica in un modo diverso e inedito, così da concedere a tutto il pubblico un lascito importante.
Perché ascoltare non basta
Dal punto di vista registico sono due gli elementi che Neo Sora mette in risalto con Opus. Il primo è la scelta di girare l'intero film in bianco e nero, esaltando la lucentezza del pianoforte a coda Yamaha che suona Sakamoto, contrapposta alle tonalità grigie dei capelli del Maestro e il candore dell'intero studio. Ma il bianco e nero sono anche i colori che identificano il pianoforte, che riconducono ai tasti della tastiera, esaltando quel contrasto che passa dalle note alle loro alterazioni, ma allo stesso tempo trasmettendo un legame indissolubile tra l'artista e il proprio strumento. L'altro aspetto che si nota osservando l'opera e non solo ascoltandola, e qui torniamo al discorso dell'esaltazione del concetto di video arte, è l'utilizzo che si è fatto della luce: nonostante il film non sia girato in un'unica giornata, ma a più riprese, per andare incontro alle esigenze di salute di Sakamoto, la luce ci accompagna in un percorso che emula l'andamento della giornata, evocando il trascorrere del tempo. E il tempo è un concetto sempre stato caro a Sakamoto e qui viene interpretato per far sì che possa accompagnare la messinscena passo dopo passo. Non si va dall'alba alla notte, però, ma si compie un cerchio che riporta la luce, all'ultima sonata, al punto d'origine, da dove era iniziato tutto.
La chiusura di Opus è un forte lascito, perché nel momento in cui l'intera interpretazione termina, il pianoforte continua a suonare, muovendo da sé i tasti: è un forte messaggio al futuro, reso ancora più potente dal fatto che Sakamoto, ai tempi delle riprese, fosse ancora vivo e consapevole del fatto che stesse facendo tutto per lasciare un'eredità forte e un messaggio ai posteri. Sebbene il suo corpo non sia più tra noi, la sua musica continua a essere qui: è la forza dell'immortalità, di chi resta impresso nelle pietre miliari della storia non solo della musica, ma dell'arte in generale. Sakamoto, d'altronde, è stato un gigante del cinema, dei videogiochi, dell'arte tutta. Il pianoforte continua a suonare, perché anche se lui non è più a premere i tasti, la sua musica continuerà a riverberare in tutto il mondo.
Conclusioni
Ryuichi Sakamoto | Opus è un documentario che non possiamo consigliare a tutti. Vorremmo poterlo fare per far sì che l'opera del Maestro sia raggiungibile e accessibile a tutti, ma peccheremmo di superbia. Assistere a un'ora e mezza di un concerto per pianoforte non è un'esperienza per tutti e ne siamo fortemente consapevoli. Il lavoro di Neo Sora è lodevole, in ogni caso, perché ha trasformato l'ultimo concerto di suo padre in un potente lascito, nonché in un'espressione artistica della sperimentazione di Sakamoto, riconducendola là dove era tutto iniziato: al pianoforte e ai suoi colori. Nell'ambito della video-arte siamo dinanzi a un grande lavoro, di pregio. Saremmo ipocriti, però, nel dire che Opus è un film consigliato a tutti: per chi vuole vedere e ascoltare il Maestro suonare ancora una volta, questo è il modo migliore a disposizione che abbiamo.
Perché ci piace
- Alcuni brani suonati in modo inedito
- Concetti visivi che esaltano la regia
- La poetica di Sakamoto racchiusa in un'ora e mezza
Cosa non va
- Si poteva aggiungere qualche commento di Sakamoto