Forti, coraggiosi, intrepidi e pronti al rischio: sono gli uomini forgiati dal sacro fuoco della Settima Arte. In un universo chiamato a farsi finestra possibile sulla nostra realtà, i protagonisti maschili si elevano a stereotipi perfetti di quell'immagine modellata dal volere di una società che indica il genere maschile come l'eroe e il nemico, il forte e il risoluto, ma mai il debole o il fragile. Uno schematismo ripeso e riprodotto ad libitum dai tempi del cinema classico, eppure disconosciuto da una mole di autori ora pronti a prenderlo e destrutturarlo, per dar vita a una nuova creatura, figlia dei tempi che cambiano e di emozioni non più nascoste dal sostrato di mille tabù.
"Boys don't cry", cantavano i The Cure, eppure al cinema gli uomini hanno finalmente imparato a piangere, a emozionarsi, fino a rivelare le proprie fragilità. Analizzando a fondo la sua carriera, e le scelte coraggiose compiute nel corso del tempo, a farsi sempre più portavoce di questo mutamento è soprattutto Ryan Gosling. Lui, l'interprete partito come la giovane versione di Hercules, ossia dell'eroe mitologico, forte e coraggioso per antonomasia, oggi si fa l'ultimo dei romantici al cinema. Prestacorpo di un personaggio saturnino, pensieroso, a tratti imbranato e indeciso, l'attore di origine canadese abbassa le proprie difese, elimina i filtri per mostrare una versione frastagliata, sensibile e fragile dell'essere uomo oggi.
Come un Michelangelo della recitazione, Gosling colpisce l'esterno dei propri personaggi per far fuoriuscire la loro anima imperfetta, mutevole, cangiante, e per questo umana. Maschere del dolore e della gioia, nell'attimo in cui toccano con mano un sentimento come l'amore, ecco che gli uomini interpretati da Gosling si slegano da quell'icona di maschilismo che non deve chiedere mai, per lasciar spazio a fratture interne, battiti perduti, guance bagnate da lacrime e sguardi bassi. Ma sono anche uomini innamorati, che non hanno paura di dimostrarlo, nonostante il destino, nonostante la mole di ambizione e desideri intrinsechi a loro stessi, che li frena, li blocca, congelandoli per sempre in un attimo che poteva compiersi, e che adesso può solo essere immaginato.
La galleria umana infusa di vita dall'attore nasce pertanto aderendo a pieni mani da quel bacino aureo di sentimenti nascosti, ed emozioni represse, poste in nuce da un'interpretazione profonda, sfaccettata, introspettiva come quella di Noah in Le pagine della nostra vita (rom-com ormai di culto diretta da Nick Cassavetes). L'amore diventa fonte essenziale di un vortice caleidoscopico di sentimenti ed emozioni che vanno a intaccare, modellandolo, un prisma caratteriale che Gosling non ha paura di riprodurre sia nelle sue vesti più torbide e criminali (si pensi a Love & Secrets di Andrew Jarecki), dilanianti e dolorosi, felici e sognatori. Uno, nessuno e centomila versioni di quell'uomo slegatosi dai pregiudizi e dai canoni imposti dalla società, per mostrarsi autentico in ogni lato del proprio carattere finzionale. Un percorso facilmente rintracciabile che lo ha fatto diventare l'ultimo, sfortunato, esemplare dei romantici cinematografici di oggi.
Da Barbie a Lars e una ragazza tutta sua, quando l'affetto è di plastica
Prima ancora di Barbie, Ryan Gosling aveva legato il proprio destino cinematografico a un'altra bambola, questa volta senza autocoscienza, razionalità, o semplicemente vita. Eppure, agli occhi del protagonista di Lars e una ragazza tutta sua quella abbracciata, tenuta tra le mai, trattata con cura, è a tutti gli effetti una donna vera (non a caso il titolo originale dell'opera è Lars and the real girl), una donna che respira, che ama, che salva. Se in Barbie il Ken di Ryan Gosling nasce come elemento accessorio, nella pellicola diretta da Craig Gillespie, la Bianca di plastica serve allora per superare i limiti di una mente congelata in una timidezza patologica e una sociofobia delimitante.
Rivestito di quegli stessi abiti intessuti dal cinema ottimista e agrodolce di Frank Capra, il film di Gillespie si fa microcosmo di un costrutto cittadino entro il quale Gosling è chiamato a dar vita a un uomo che schiva le relazioni interpersonali, quasi in risposta a una società che gli ha insegnato il timore dei legami. Tra le curve di plastica di Bianca, l'attore costruisce un sistema psicologico dolce e fragile, incapace di sostenere il peso delle delusioni e per questo pronto a scappare in una realtà alternativa, proprio come alternativo è l'universo di Barbieland.
Se quello di Greta Gerwig è da considerarsi femminismo (e lo è) ecco allora che nell'universo di Barbie tutto deve volgere verso un certo equilibrio di genere, dove nessuna prevaricazione è ammessa, e ogni parte in gioco vale degli stesso diritti e medesime opportunità dell'altra. A confermare tale teoria è proprio il personaggio di Ken, che da accessorio si fa mente pensante e a tratti dominante, per poi ritornare sui propri passi e accettarsi così come è, e per questo lontano da quell'essere uomo incerto se vivere o morire "a life of blonde fragility". Fragilità: non si sottolinea mai abbastanza quanto nel personaggio di Gosling tale caratteristica vada a farsi traccia predominante del carattere di Ken. E allora, ecco che ancora una volta l'attore asseconda i mutamenti umorali del suo personaggio, li assimila e li interiorizza per trasformarli in sfumature espressive ed emotive di una bambola fattasi uomo che oltre alla forza apparente non ha più paura di rivelare anche le proprie insicurezze e fragilità.
Barbie, le opinioni della redazione
Il buio delle ambizioni: l'uomo tra le mani di Damien Chazelle
La luce della città delle stelle e il buio dell'atmosfera lunare. Sono ambienti agli antipodi quelli che attorniano i personaggi di Damien Chazelle affidati a Ryan Gosling. Eppure, in queste atmosfere in combutta, si ritrova una medesima matrice umana e caratteriale che nasce, cresce e modella sia Seb (La La Land), che Neil Armstrong (First Man - Il primo uomo). Figli di quella sete di ambizione che arde, fino a bruciare, i legami d'amore che li tiene stretti alla loro metà perfetta, i due personaggi interpretati da Gosling rientrano perfettamente nella visione umana che tanto caratterizza la produzione del giovane cineasta canadese. Risultati di una fiamma creativa in cui l'ambizione è una corrente che li spinge al largo, tra le onde di un oceano in cui è facile perdersi e naufragare, ognuno di questi personaggi vede crollare il proprio castello di carta relazionale a discapito di un sacrificio umano e professionale più grande di loro.
Per Seb è l'arte del jazz, per Armstrong quella di dominare il cielo, e poi il suolo lunare. Musica e spazio; sogni e incubi: vi è qualcosa di profondamente realistico che vive nello spazio della performance di Gosling. Tra le mani di Chazelle - e nel corpo di Gosling - i due uomini sbagliano, inciampano, risultano vincitori nella sfera professionale barattando il proprio successo con la stabilità di un cuore che batte a ama. Le mani che cercano di toccarsi nonostante il vetro che separa Neil e la moglie in First Man - Il primo uomo, e lo sguardo colmo di una malinconia forgiata da quel "cosa sarebbe successo se..." di Seb nel finale di La La Land non sono solo il cuore e l'anima del cinema di Chazelle, ma anche l'essenza di due esistenze che hanno permutato il lieto fine con il realismo cinematografico. Non basta la scrittura per rendere plausibile un personaggio: serve un corpo, un'anima, un cuore. Ryan Gosling ancora una volta accetta la sfida, svestendo entrambi i personaggi della loro corazza di uomini fieri e perfetti, per lasciarli nudi nella loro fragilità umana.
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Blue Valentine e Come un tuono: Love is a Losing Game
Se con Damien Chazelle Gosling si fa prestacorpo di uomini che hanno scambiato il proprio cuore per il proprio successo, con Derek Cianfrance sono i battiti perduti, gli sguardi corrucciati, e gli occhi bassi a farsi tessere di un'essenza umana distrutta dal peso di un legame perduto. Le sequenze interpretate da Gosling si fanno pertanto frammenti di un'identità a pezzi, che tenta di recuperare un legame interrotto anche a costo di abbracciare la delinquenza (Come un tuono), o vivere su un continuo ritorno al passato, tra memorie e disarmante nostalgia di giochi temporali in cui l'inizio di un amore insegue e si fa inseguire dal proprio epilogo (Blue Valentine).
Grazie a Cianfrance Gosling ha tra le mani la possibilità di dimostrare che a insidiarsi tra le intercapedini dell'animo maschile è un dolore insopportabile, lo stesso che accomuna indistintamente uomo e donna, amante e amato. Nessuno slancio da latin lover, o da uomo sicuro di sé: quello qui portato sullo schermo non è il riflesso ribaltato del maschio perfetto (come invece avviene con Crazy, Stupid, Love), o dell'eroe senza macchia (The Nice Guys), ma il risultato di un amore cercato, voluto, vissuto appieno e ora perduto forse per sempre.