Recensione Il magico Natale di Rupert (2004)

E' visivamente accattivante e ricco di inventiva, quest'esordio di Flavio Moretti nel lungometraggio: purtroppo, però, il film manca di una vera sceneggiatura e soffre della presenza di attori poco convincenti e fuori parte.

Rupert cerca una sceneggiatura

Come ogni anno, il piccolo Rupert viene mandato a trascorrere il Natale dalla temibile nonna Porfilia, che lascia il ragazzo solo in soffitta con lo scopo di trovare un puntale per addobbare l'albero. Rovistando tra le cianfrusaglie, Rupert trova una scatola contenente strani marchingegni, tutti appartenuti al vecchio inquilino della soffitta, il misterioso Rufus. Tra le invenzioni di Rufus, il ragazzo scopre un paio di occhiali che incredibilmente sembrano dar vita alle figure dei fumetti; ma i guai iniziano quando, collegando alla presa di corrente una strana lampada, Rupert lancia involontariamente un messaggio ad una bellicosa razza abitante su un pianeta lontano, che interpretando il segnale come un messaggio di ostilità, decide di raggiungere la Terra e di impadronirsi della casa.


Sono abbastanza evidenti, gli intenti di questa produzione low-budget nostrana, esordio nel lungometraggio del regista Flavio Moretti, già apprezzato autore di corti dagli anni '80 ad oggi: il regista ha voluto rendere omaggio all'universo favolistico di Tim Burton, in un film che sembra targetizzato principalmente ad un pubblico di giovani e giovanissimi, con un soggetto che prende a prestito idee anche da alcune pellicole del Joe Dante degli anni '80. E' curioso, quindi, che alla luce dell'importanza dei modelli di base, quello che clamorosamente manchi a questa pellicola sia proprio una vera sceneggiatura. Il livello della scrittura del film sfiora purtroppo il dilettantesco, con idee appena accennate dallo script e poi tralasciate completamente, e un'incredibile serie di ingenuità e trascuratezze che purtroppo è impossibile non notare seguendo il film con un minimo di attenzione. Solo per fare qualche esempio, non viene dato seguito alla scoperta del viaggio nel tempo del nonno del protagonista, non c'è nessuna evoluzione nel personaggio quando questi scopre non solo di essere stato presente all'evento, ma di esserne stato lui il responsabile, e la ricostruzione dell'evento nella memoria dei due protagonisti è a dir poco scricchiolante (il ragazzo non se ne ricorda nulla e non sembra aver mai chiesto spiegazioni sull'accaduto, mentre la nonna, in dodici anni, non sembra aver mai notato un particolare su di una foto che fa capire chiaramente il coinvolgimento di Rupert). Inoltre, per come viene presentata la rievocazione dell'esperimento e per come viene enfatizzato il personaggio del nonno di Rupert, ci si aspetta da un momento all'altro uno svilupppo della trama che contempli un suo ritorno, cosa che poi non accade.
Unitamente ai macroscopici difetti di sceneggiatura, c'è poi da aggiungere l'infelice scelta degli attori, che finisce per sottrarre ulteriormente gradi al già compromesso coinvolgimento emotivo del film: a una "nonna" poco credibile e inutilmente sopra le righe come Piera Cravignani va aggiunto un protagonista (il giovane Gianmaria Corolla) di un'antipatia unica, oltretutto, già dal volto, completamente inadatto al ruolo assegnatogli (quello di un ragazzino timido e un po' solitario).

Ed è da dire che dispiace, dispiace molto far notare questi grossi difetti, perché il film ha anche dei pregi (soprattutto estetici) altrettanto evidenti, che gli fanno assumere ancor più il carattere di un'occasione mancata. Nonostante il suo carattere low-budget, c'è uno sforzo notevole per curare la confezione del film, a partire dalle scenografie (visivamente accattivanti, e che rimandano esplicitamente a Burton) per arrivare ai costumi. La fotografia, curata dal purtroppo scomparso Pietro Sciortino è davvero molto bella, e non fa che accentuare il carattere favolistico del tutto. L'idea dei personaggi dei fumetti che si animano è molto buona, e le sequenze che vedono l'interazione tra Rupert e questi ultimi sono gustose e decisamente riuscite; i piccoli, letali alieni (che rimandano un po' ai Critters dell'omonimo b-movie anni '80) sono simpatici e incarnano bene quel mix di brivido e divertimento che fu alla base di tanti film analoghi, quali quello appena citato e soprattutto il Gremlins dantiano.
E' un peccato, quindi, che i difetti di questo Il magico Natale di Rupert siano così decisivi, specie alla luce dell'indiscusso talento visivo e dell'inventiva mostrati dal regista, caratteristiche che, si dice, Moretti aveva già avuto modo di esprimere nei suoi corti (che chi scrive non ha ancora avuto modo di vedere). Nonostante l'amaro in bocca lasciato da questo esordio, quindi, non possiamo che augurarci di poter vedere presto nuovi lungometraggi diretti da questo regista, magari coadiuvato da un buon sceneggiatore: per la tanto auspicata (ma ancora, apparentemente, lontana) rinascita del cinema di genere in Italia, c'è sicuramente bisogno di autori con tanta inventiva e genuina (e si vede anche qui) voglia di fare cinema.

Movieplayer.it

3.0/5