Tre indizi fanno una prova. Se per il secondo anno di fila il RomaFictionFest Excellence Award Kids&Teens va nelle mani di un rappresentante dell'animazione francese (lo scorso anno fu premiato Jacques-Remy Girerd), è il segno di una grande fioritura, anzi di una conferma assoluta, per il movimento artistico transalpino. Artefice di questo nuovo successo, Marc Du Pontavice, fondatore dello Xilam Studio, una casa di produzione che si è segnalata negli anni per le sue creazioni originali e simpatiche come Space Goofs, su un gruppo di alieni costretti dalle circostanze a trasformarsi in umani e Maledetti Scarafaggi, sulla difficile convivenza tra un gatto e tre fastidiosi insetti.
A Roma per presentare la versione seriale e cinematografica di I Dalton, Hubert e Takako e Oggy e i maledetti scarafaggi, l'autore francese ha scambiato qualche battuta con noi per parlare della propria esperienza di produttore. Gli chiediamo subito quale sia il senso di un riconoscimento così importante, in qualità di rappresentante di una scuola artistica peculiare. "E' sempre emozionante ricevere un premio, specialmente in un settore complicato come quello dell'animazione, che riserva pochi allori e richiede tanta fatica - ci dice Du Pontavice -. Se devo dirla tutta la gioia è doppia perché il premio è arrivato dall'Italia, non dalla Francia e questo vuol dire che i nostri progetti viaggiano bene. E poi perché l'Italia per noi di Xilam è un paese molto importante; fin dall'inizio abbiamo trovato dei partner che ci hanno sostenuto e con loro abbiamo avuto rapporti straordinari. E poi i miei programmi da voi sono molto diffusi".
Il mondo di Marc
Un felino e tre pestiferi insetti (Oggy e i maledetti scarafaggi), un maiale ed una mosca, amici per la pelle (Hubert e Takako), una famiglia che deve nascondere i suoi poteri magici (Un pizzico di magia). Sono tantissimi i personaggi che affollano il coloratissimo mondo delle creature dello Xilam e ognuna richiede cure e attenzioni particolari. "La sfida è sempre ai massimi livelli - ci racconta -, l'idea iniziale passa attraverso un lungo esercizio critico. Prima ci chiediamo se la storia e i personaggi apportano qualcosa di nuovo e se non sia qualcosa che abbiamo o hanno già fatto. Il nostro è un pubblico composto prevalentemente da bambini, il pubblico più difficile che ci sia al mondo. Non sono per niente conservatori, o meglio, se amano un determinato prodotto lo fanno per sempre, ma se cercano qualcosa di nuovo, sono molto esigenti". Poi, il lunghissimo lavoro tecnico. "Si parte da una storia scritta, poi arriva lo storyboard, ma tra il punto iniziale e lo storyboard c'è un processo in cui tutto può andare perso. Per cui, sull'idea iniziale, che possiamo definire quasi un'illuminazione, bisogna costruire un processo che sia fedele all'idea iniziale, ma che sia in grado di farla crescere".
Le ragioni di un successo
Nelle motivazioni del premio consegnato all'animatore e produttore francese, si rimarca il suo approccio estetico e morale, improntato sullo stesso impegno pedagogico di Michel Ocelot e Sylvain Chomet. Un impegno che per Du Pontavice si traduce nella massima onestà possibile nei confronti degli spettatori. "Noi non lavoriamo mai per un tipo di pubblico specifico, i nostri cartoni piacciono agli adulti e anche ai bambini - spiega -. Vorrei citare Antoine de Saint-Exupéry dicendo che ci rivolgiamo al bambino che è nell'adulto, a quella parte infantile che è in tutti noi. E' questo che stabilisce il nostro legame con il pubblico".
E qual è la sua più grande paura, la trappola da evitare a tutti i costi per non rompere questo patto col pubblico? Du Pontavice si prende una lunga pausa prima della risposta. "La banalità. Sì, credo sia proprio la banalità. Personalmente provo a non dimenticare mai quanto lavoro serva per fare un cartone animato, per questo dico che bisogna lasciare perdere le cose troppo facili. E' un tranello da cui non mi faccio attirare".