Un appassionato omaggio al genere poliziesco, anzi al "poliziottesco" all'italiana, come fu definito dai critici non senza una certa volontà denigratoria, da parte di un regista alla prima esperienza, Gianluca Petrazzi, che il cinema poliziesco lo ha nel sangue evidentemente, visto che il padre Riccardo Petrazzi era uno stuntman e aiuto regista con quasi 60 film di genere all'attivo. Oltre al protagonista Luca Lionello, un gruppo di lavoro legato al mondo degli stunt e al genere poliziesco in generale, come Alessandro Borghi di Distretto di Polizia e RIS. Tra gli attori, anche Massimo Vanni, anche lui stuntman e maestro d'armi, cugino di Enzo Castellari di Quel maledetto treno blindato, maestro tra i maestri del cinema di genere italiano degli anni '70 che solo di recente ha iniziato ad essere rivalutato grazie a Quentin Tarantino. Un produttore coraggioso, Gino Montegrande, che ha condiviso la passione e l'entusiasmo del progetto di rilancio di un genere che in Italia è stato praticamente bandito agli albori degli anni '80. Di questo e di altro abbiamo parlato con regista e cast nel nostro incontro a Roma.
Il film è chiaramente un omaggio al "poliziottesco" che tanto successo ha avuto in Italia negli anni '70. Gianluca Petrazzi: Sì, è assolutamente un tributo al genere e anche a mio padre, Riccardo Petrazzi, che come stuntman, assistente e aiuto regista ha fatto ben 59 film polizieschi. Anche il cognome del protagonista, il commissario Lenzi, è evidentemente un omaggio a Umberto Lenzi, e al suo Roma a mano armata. Inizialmente il film doveva essere un corto, poi grazie a Gino Montegrande che ha creduto in noi e in questo progetto, è diventato un film.
Massimo Vanni: Io ho avuto la fortuna di lavorare con i maestri del cinema di genere negli anni '70, come Bruno Corbucci o Enzo Castellari: insieme a Gianluca volevamo fare un omaggio a questo genere e fare un film alla vecchia maniera per poterlo riproporre, alla base dell'idea c'è prima di tutto il piacere di realizzare questa cosa, siamo un gruppo di amici che si è imbarcato insieme in un'avventura per passione, ci siamo divertiti a farlo, e abbiamo avuto la fortuna di trovare Gino che ha creduto in questo progetto.Diciamo che l'idea di riproporre il poliziesco in voga negli anni '70 è lodevole, anche perché oggi nessuno vuole investire più in questo tipo di cinema, e sembriamo esserci dimenticati cosa significava e del successo che aveva il cinema di genere. Oltre a questo ci sono buoni spunti e una bella idea di partenza, ma sembra che alla fine ci siano delle lacune nel film, buchi di sceneggiatura, l'ultima parte specialmente sembra un po' tirata via, carenze forse dovute alla fretta di doverlo terminare entro i tempi stabiliti o alla mancanza di un budget. Sarebbe forse stato meglio aspettare per girarlo, vista la bontà del progetto, fare le cose diciamo con più calma per avere un risultato migliore?
Gianluca Petrazzi: Sicuramente una critica costruttiva che ci servirà speriamo per il prossimo film, se riusciremo a farlo, se questo magari andrà bene. Ci siamo accorti in effetti di qualche incongruenza, qualcuna l'abbiamo volutamente ignorata, tra sparatorie, sangue, inseguimenti, questo era quello che piaceva alla gente in questi film (anche Tarantino se ne fregava della sceneggiatura nei film anni '70 con cui è cresciuto); qualche altra dipende soprattutto dal budget e dai tempi. Gino Montegrande che ha prodotto il film ha già fatto un enorme sforzo per riuscire a a fare quello che abbiamo fatto, abbiamo dovuto girare in sole cinque settimane, l'ultima scena con solo un giorno a disposizione, abbiamo cominciato prestissimo e alla fine non avevamo quasi più luce. Con più tempo e più soldi avremmo sicuramente potuto mettere a posto tutto quello che non va: ma era importante cogliere l'attimo, nessuno oggi ha più il coraggio di provare a fare un film così, e l'occasione poteva non ripresentarsi.Anche il personaggio di Luca Lionello, er Torello, ben costruito e caratterizzato all'inizio, sembra perdersi un po' verso la fine. Luca Lionello: Direi che ho lavorato molto sulla psicologia del personaggio, la sua cattiveria si stempera man mano, non volevo un cattivo cattivo, ma un cattivo che in un certo modo nobilitasse la criminalità di una volta, legata a certi valori e codici, rispetto a quella di oggi, rappresentata dai colombiani senza scrupoli e morale. Rispetto al discorso precedente sulle difficoltà e sul budget, posso solo dire che nell'ultima scena siamo stati quasi costretti a spararci sul serio per far vedere il sangue, perché non avevamo più neanche quello finto.
Il tuo personaggio riporta alla mente il Gobbo di Tomas Milian.Sicuramente il personaggio è un omaggio ai cattivi dei film d'azione dell'epoca con cui sono cresciuto; abbiamo tenuto sempre presente Tomas Milian cercando però di non scimmiottarlo.
Quindi c'è la speranza di fare ancora polizieschi in Italia? Gianluca Petrazzi: E' molto difficile, perché per farlo servono budget alti, tra sparatorie, macchine, incidenti, esplosioni, nessuno lo vuole più fare. La prima volta che ho messo piede su un set era quello de Il giustiziere sfida la città dove mio padre faceva la controfigura a Tomas Milian: ce l'ho nel sangue, é dura ma non ci arrendiamo
Massimo Vanni: Siamo andati a trovare Tomas Milian di recente io e Gianluca, per proporgli di tornare in un progetto nuovo. Ma in Italia ancora nessuno ne vuol sentir parlare quando gli proponi un poliziesco di genere.