Dopo aver conquistato il premio Fice a Venezia con la sua opera prima Good Morning Aman, questa volta Claudio Noce approda al festival di Roma per portare La foresta di ghiaccio in concorso nella sezione Cinema d'Oggi. Il film, ambientato nella Valle del Chiese in una zona di confine, utilizza la struttura del thriller per concentrare l'attenzione sull'emotività dei personaggio e costruire un moderno fairy tale ispirato alla problematica del traffico dei clandestini.
"La clandestinità è un argomento che è stato sempre molto caldo anche nei miei lavori precedenti - specifica il regista - In questo caso, però, mi ha aiutato a esternare quello che avevo dentro attraverso gli schemi del cinema di genere. La grande sfida era costruire proprio una favola nera che però fosse credibile e reale." Con lui per presentare il film, che uscirà nelle sale il 13 novembre, anche i protagonisti Kseniya Rappoportt, Adriano Giannini e Domenico Diele.
Le sfide del genere
Ma come è possibile costruire un thriller andando oltre le stesse regole del genere? Noce si è posto più volte questa domanda prima dell'inizio della lavorazione. La risposta, però, non è stata rassicurante, perché se si vuole percorrere una strada che sia personale e originale si deve inevitabilmente correre qualche rischio. "Il progetto nasce da una dicotomia positiva - continua - ossia quella di cimentarci nel genere, quindi con un cinema che deve sottostare a delle regole e dei meccanismi, ma senza rinunciare tutto ciò che riguarda le emozioni e i personaggi. Per questo motivo mi sono chiesto se volevo arrivare alla fine avendo svelato tutto o preferivo assumermi il rischio di confidare nell'impatto emotivo sui personaggi. Questa è la scelta che ha caratterizzato tutto il lavoro. In questo senso, poi, mi ha aiutato la durezza della montagna, ossia il set più difficile che io abbia mai affrontato. Però ho capito fin dall'inizio che si trattava del palcoscenico ideale in cui mettere in scena un dramma tra amicizia, appartenenza etnica e vendetta."
Costruire il personaggio
Lorenzo è un cow boy che "cavalca" un quod sognando il Brasile, Lana sembra essere lanciata alla rincorsa dell'orso ma in realtà con la,sua macchina fotografica coglie i movimenti di Ben altre creature. E per finire c'è Pietro, presenza esterna che sembra arrivare come un'estate a quel mondo per poi dimostrare di farne parte nel profondo. "Costruire il mio personaggio di Lorenzo non è stato facile - ammette Giannini - Claudio ha cominciato a parlarmi di questo film due anni fa, in fase di scrittura. Quando poi ho letto la sceneggiatura ho capito il film che voleva realizzare e cosa voleva fare del mio personaggio. La sua intenzione era di confondermi in un branco di uomini attori/non attori con il viso tagliato e forgiato dal vento e dalla neve, che parlano del cervo che stanno cacciando da due anni e che appartengono fisicamente al territorio che abitano. Devo essere onesto. All'inizio avevo paura di non riuscire in questa mimetizzazione e di non rendere credibile l'intero film. Così abbiamo iniziato a fare un lavoro sui costumi e sulla pesantezza che doveva caratterizzare Lorenzo. Da parte mia ho mangiato di più, bevuto con più scioltezza e dormito poco. Tutto per arrivare sul set con il viso sfatto e deformare la mia impronta da pariolino."
A lui fa eco la Rappoport, chiamata ad interpretare una misteriosa figura femminile in action. "Con Claudio abbiamo iniziato a costruire il personaggio. All'inizio, però, avevo molti dubbi e domande. Nella sceneggiatura il mio personaggio non era molto chiaro, come non lo era il suo passato. Mi sembrava troppo misterioso e desideravo che fosse più riconoscibile. Poi ho accettato la visione di Claudio ed ho cominciato ad immaginare Lara con lo stesso animo di un lupo delle favole russe. Ossia un animale pauroso esternamente ma mosso da buone intenzioni."
Dirigere Kusturica
Accanto all'imponenza delle valli e dei monti del Trentino, però, sul set si ergeva anche la forza e l'autorialità di un regista come Emir Kusturica che, in alcuni momenti, ha messo in difficoltà Noce. "Devo ammettere che in alcuni momenti ho avuto paura di dirigere un mostro sacro come lui. Però ho cercato di trasformare questa sensazione in un punto di forza. Inizialmente mi ha studiato molto. Ricordo che il primo giorno mi osservava, voleva guardare il monitor in continuazione. Poi si è fidato all'improvviso. A quel punto ha iniziato a mettere molto di suo ed ogni tanto mi ha fatto dei regali meravigliosi. Certo, la sua visione cinematografica di alcuni aspetti, come la violenza, ad esempio, è molto diversa dalla nostra. Pensate come mi sono sentito, in quei momenti, a dover spiegare ad un autore come lui che alcune cose non funzionavano per il film."