Credo davvero che sarà importante, nei prossimi anni, assicurarci di accettare i rischi insieme alle certezze, e che la libertà dell'espressione artistica venga nutrita e tenuta in vita; perché credo che tenendo in vita la diversità si terrà in vita anche la nostra professione.
Le parole pronunciate la sera del 24 marzo 2002 dal palco del Kodak Theatre, poco dopo aver ricevuto l'Oscar alla carriera dalle mani della collega Barbra Streisand, ci aiutano a sintetizzare in qualche modo la 'traiettoria' del percorso professionale di Robert Redford: ovvero, il percorso di un attore che non si è accontentato di diventare una superstar, forse l'attore più amato della sua generazione, ma che ha adoperato il prestigio acquisito per mettersi continuamente in gioco e, soprattutto, per contribuire a far evolvere l'industria di cui fa parte da ormai sei decenni.
Quando a trent'anni arrivò finalmente al grande successo, dopo aver maturato una lunga esperienza fra teatro e televisione, questo biondo e atletico ragazzo californiano, un metro e ottanta di altezza e occhi azzurrissimi, sembrava il prototipo dell'all American boy, ovvero il giovanotto wasp, bello ed elegante, con l'immagine perfetta per incarnare il divo hollywoodiano in piena regola. A lungo accusato di essere più bello che bravo, Robert Redford ha dimostrato in compenso un'intelligenza impeccabile nello scegliere i ruoli: mai un passo falso, ma al contrario la capacità di far leva sul proprio star power per portare avanti progetti di grande spessore, con un occhio rivolto all'arte e un altro al botteghino.
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Buon compleanno, Mr. Redford
Ma a Redford, un po' come al coetaneo Warren Beatty, non è bastato essere l'attore di punta degli anni Settanta, il sex symbol con la passione per il cinema impegnato: e così, sull'esempio di Beatty, superati i quaranta ha deciso di intraprendere anche l'attività di regista. Il suo primo cimento dietro la macchina da presa, Gente comune, dramma familiare in magnifico equilibrio fra rigore e sentimento, si rivelerà nel 1980 un meritato trionfo, facendogli conquistare addirittura l'Oscar come miglior regista (l'anno dopo, analoga sorte toccherà a Warren Beatty e al suo Reds). Da allora Redford si è sempre diviso fra il lavoro di attore e quello di produttore e regista, realizzando nel tempo altri film validissimi (su tutti Quiz Show e L'uomo che sussurrava ai cavalli) e partecipando alla nascita di quello che, nel 1991, diventerà ufficialmente il Sundance Film Festival, nello Utah, ovvero il più importante evento cinematografico dedicato al cinema indipendente, nonché una formidabile vetrina per tantissimi cineasti agli esordi.
Una quantità incalcolabile di successi, almeno una decina di ruoli iconici che si chiude ufficialmente con Old Man & The Gun, il suo ultimo film della sua carriera d'attore prima del ritiro ufficiale, ma pure l'impegno civile e politico (è da sempre uno dei più accesi sostenitori del Partito Democratico), più volte trasmesso nelle sue opere da regista (in particolare nei recenti Leoni per agnelli e La regola del silenzio), la difesa dell'ambiente e della cultura dei pellerossa e, non ultima, l'attenzione per quel cinema nato al di fuori dell'industria mainstream, ma a cui attraverso il Sundance ha contribuito a conferire visibilità e riconoscimenti: sono i motivi per i quali oggi abbiamo scelto di celebrare gli ottanta, splendidi anni di Robert Redford. E di ripercorrere la sua carriera mediante dieci ruoli che, grazie a lui, ci sono entrati nel cuore.
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10. A piedi nudi nel parco
In una filmografia in cui abbondano i ruoli drammatici, A piedi nudi nel parco rappresenta una delle rare incursioni di Robert Redford nel territorio della commedia. Diretto nel 1967 da Gene Saks dall'omonimo testo teatrale di Neil Simon, che lo stesso Redford aveva già interpretato in palcoscenico pochi anni prima, A piedi nudi nel parco gioca sul contrasto psicologico fra due giovani neo-sposi: il Paul Bratter di Redford è infatti un uomo posato, convenzionale e con la testa sulle spalle, mentre sua moglie Corie, impersonata da Jane Fonda, è uno spirito libero e anticonformista. Fra gag e sentimenti, il film di Saks funziona anche grazie all'alchimia fra i due protagonisti, ed è la pellicola che ha trasformato definitivamente Redford in una star.
9. La mia Africa
Sesta delle ben sette collaborazioni fra Robert Redford e il suo amico di lunga data, il regista Sydney Pollack, La mia Africa ha rappresentato nel 1985 un autentico trionfo di critica e di pubblico, con incassi strepitosi al box office e sette premi Oscar, tra cui miglior film e regia. Questa commovente trasposizione del memoriale della scrittrice danese Karen Blixen è dominata ovviamente dalla presenza di Meryl Streep nei panni della Baronessa Karen Dinesen, ma la love story fra Karen e Denys Finch Hatton, il cacciatore dall'animo romantico interpretato da Redford, costituisce il cuore pulsante del film: non a caso l'idillio fra i due personaggi sullo sfondo del paesaggio africano ha commosso milioni di spettatori.
8. Il grande Gatsby
Con quasi quarant'anni d'anticipo rispetto alla versione con Leonardo DiCaprio, nel 1974 è stato Robert Redford (attore a cui DiCaprio è stato spesso paragonato) a confrontarsi con uno dei personaggi più iconici e popolari della letteratura anglo-americana: Jay Gatsby, l'affascinante e misterioso milionario al centro del romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Ne Il grande Gatsby, trasposizione elegante benché un po' accademica del capolavoro di Fitzgerald, diretto da Jack Clayton su una sceneggiatura di Francis Ford Coppola, il carisma di Redford, affiancato da Mia Farrow e Sam Waterston, è uno dei principali elementi di forza di un film non troppo apprezzato dalla critica, ma accolto all'epoca da un ampio successo.
7. Corvo Rosso non avrai il mio scalpo
È ancora Sydney Pollack a dirigere Robert Redford, nel 1972, in un altro film consacrato come un classico della Hollywood degli anni Settanta: Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, un anomalo western ambientato fra le Montagne Rocciose intorno alla metà dell'Ottocento. Redford si cala nel ruolo di Jeremiah Johnson, veterano del conflitto messicano che decide di recarsi a vivere in solitudine fra le montagne, come gli esploratori soprannominati trapper; qui entrerà però in contatto con una tribù di pellerossa chiamati Corvi, trovandosi coinvolto negli scontri fra le varie tribù ostili e stringendo pure legami inaspettati. Fra gli ultimi, grandi esempi di un genere al tramonto come il western, Corvo Rosso non avrai il mio scalpo rappresenta una delle vette della filmografia di Redford e di Pollack.
6. All Is Lost - Tutto è perduto
È sorprendente considerare come una delle migliori interpretazioni in assoluto nella carriera di Robert Redford, nonché la sua prova più estrema e difficile anche da un punto di vista fisico, sia arrivata per l'attore in età avanzata. Eppure Redford aveva settantasei anni quando, nel 2013, è stato il protagonista di All Is Lost, survival movie per la regia di J.C. Chandor. Un vero e proprio one man show: Redford è infatti l'unico attore in scena per l'intero film, che lo vede nel ruolo di un uomo a bordo di una barca tra i flutti dell'Oceano Indiano, alle prese con un incidente che metterà a repentaglio la sua vita. Un disperato confronto con la natura, condotto da Redford in un silenzio quasi assoluto, in una performance che sorprende per il livello di intensità.
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5. I tre giorni del Condor
Uno dei massimi esempi, probabilmente il più famoso, nel filone dei cosiddetti paranoia movie, particolarmente diffusi negli anni Settanta: un thriller di alta classe, magistralmente diretto da Sydney Pollack nel 1975 sulla base di un romanzo di James Grady. Ambientato in una New York livida e minacciosa, I tre giorni del Condor racconta la pericolosissima indagine di Joe Turner, analista della CIA il cui nome in codice è Condor, unico superstite di una strage consumata in un ufficio della CIA e disposto a tutto pur di scoprire la verità sul massacro, con l'aiuto della fotografa Kathy Hale (Faye Dunaway). Dominato da una suspense dal taglio quasi hitchcockiano e attraversato da un costante senso di angoscia, I tre giorni del Condor è un'opera che ha fatto scuola, ancora ammirata e imitata dopo oltre quarant'anni.
4. Tutti gli uomini del Presidente
L'accoppiata da sogno di due fra gli attori più amati e carismatici della loro generazione, benché molto diversi l'uno dall'altro: nel 1976 Robert Redford si trovò infatti a interpretare la parte del giornalista Bob Woodward, reporter del Washington Post, accanto a Dustin Hoffman nei panni del suo collega Carl Bernstein. Il film, che non ha certo bisogno di presentazioni, è Tutti gli uomini del Presidente, rigorosa e avvincente ricostruzione dell'inchiesta che, appena due anni prima, aveva portato allo scoppio dello scandalo del Watergate e alle conseguenti dimissioni del Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon. Ricompensato con quattro premi Oscar, il capolavoro di Alan J. Pakula è un'opera esemplare nell'ambito del cinema sul giornalismo, sorretta con abilità proprio dalle validissime performance di Redford e Hoffman.
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3. Come eravamo
Se talvolta le doti d'attore di Robert Redford sono state sottovalutate è anche per la sua umiltà nel saper recitare all'occorrenza sotto le righe quando si tratta di far spazio al proprio comprimario. In questa categoria rientra il duetto fra Redford e una strepitosa Barbra Streisand nell'intramontabile Come eravamo diretto da Sydney Pollack nel 1973, una delle storie d'amore più giustamente celebri negli annali del cinema americano. Ambientato a cavallo fra gli anni Trenta e la "caccia alle streghe" del Maccartismo, Come eravamo narra le varie tappe della relazione fra Hubbell Gardiner, giovanotto wasp di belle speranze con un talento per la scrittura, e Katie Morosky, attivista di sinistra in prima fila nelle campagne per i diritti civili. Il romanticismo struggente ma mai stucchevole del racconto e la perfetta alchimia fra i due protagonisti hanno reso Come eravamo un cult davvero senza tempo.
2. Butch Cassidy
Il Sundance Film Festival fondato e patrocinato da Robert Redford deve il proprio nome a Sundance Kid, ovvero lo pseudonimo di Harry Longabaugh: un bandito che, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, fece parte della banda del "Mucchio selvaggio" capitanata dal famigerato Butch Cassidy. Questi due personaggi, legati all'immaginario del tramonto del West e al mito della Frontiera, sono protagonisti di uno dei film più popolari degli anni Sessanta, Butch Cassidy, con il grande Paul Newman nel ruolo eponimo (ma il titolo originale, più correttamente, è Butch Cassidy and the Sundance Kid) e Redford in quello del suo giovane compare. Diretto nel 1969 da George Roy Hill e vincitore di quattro premi Oscar, Butch Cassidy è un western giocoso, ironico e venato di malinconia, accompagnato dalle splendide musiche di Burt Bacharach.
1. La stangata
Quattro anni dopo Butch Cassidy, nel 1973 Paul Newman e Robert Redford tornarono a fare coppia in un'altra pellicola realizzata dal regista George Roy Hill, riuscendo non solo a superare il successo già enorme del film precedente, ma a dar vita a un altro classico che, con il suo sopraffino cocktail di avventura e umorismo, ha incantato più di una generazione di spettatori. Ambientato nell'Illinois del 1936, La stangata racconta la complessa e geniale truffa organizzata da due scanzonati imbroglioni, Henry Gondorff (Paul Newman) e Johnny Hooker (Robert Redford), ai danni del boss della malavita Doyle Lonnegan (Robert Shaw). Contraddistinto dal fascino dell'evocazione storica e dal tormentone ragtime The Entertainer di Scott Joplin, La stangata ha segnato l'apice del carisma divistico di un Robert Redford praticamente perfetto. L'opera di Hill ha ottenuto ben sette premi Oscar, tra cui miglior film e regia, ed è valsa a Redford la sua unica nomination all'Oscar come miglior attore.