Recensione Frida (2002)

Non era impresa facile far rivivere Frida Kahlo in un film, eppure la regista Julie Taymor è riuscita ad equilibrare le esigenze narrative cinematografiche con il materiale storico e biografico a disposizione, senza sbiadire la figura dell'artista, ma riuscendo a raccontare abilmente la sua vita straordinaria ed uno stralcio di storia.

Ritratto di celluloide

"Fate attenzione, questo cadavere respira ancora", le prime battute pronunciate da Salma Hayek nel ruolo di Frida Kahlo, riferendosi a se stessa, descrivono metaforicamente la figura della pittrice messicana nell'immaginario collettivo moderno: una donna appassionata che a tanti anni dalla sua scomparsa riesce ancora a far parlare di se ed a raccontarsi attraverso i colori accesi e sanguigni delle sue opere. Non era impresa facile far rivivere Frida Kahlo in un film, dopo quanto è stato già detto, eppure la regista Julie Taymor è riuscita ad equilibrare le esigenze narrative cinematografiche con il materiale storico e biografico a disposizione, senza sbiadire la figura dell'artista, ma riuscendo a raccontare abilmente la sua vita straordinaria ed uno stralcio di storia.

Il film è concepito come una serie di vivaci tableaux vivants disposti su più livelli narrativi, in modo da rendere al massimo la multidimensionalità di Frida e raccontare nello stesso contesto la sua arte, la sua personalità e la sua vita, tenendo ben salda la messa a fuoco anche sul contesto storico-culturale messicano di quegli anni. Si inizia quindi dall'adolescenza di Frida, lo spaventoso incidente che la costrinse a letto per mesi ma non imprigionò assolutamente la sua immensa creatività anzi, diede fuoco alla sua voglia di esprimersi; l'incontro e il successivo matrimonio con Diego Rivera e gli alti e bassi della loro relazione appassionata, ma costellata di tradimenti e liti furibonde; l'affermazione come artista e come donna, malgrado la fama e il carisma del marito fossero grandi; la sua amicizia con la fotografa italiana Tina Modotti; la sua relazione con Leon Trotsky e il rapporto con la sua famiglia, il legame intenso che la legava a suo padre Guillermo, l'arrendevolezza e le incomprensioni di sua madre e il rapporto con sua sorella Cristina, incrinato violentemente dalla scoperta della sua relazione con Diego Rivera. Gli episodi essenziali della vita di Frida sono legati tra loro tramite le sue opere che tra simbolismi ed immagini surreali raccontano le sue sofferenze e la sua vitalità: i dipinti prendono vita, quindi e si fondono con le vicende personali dell'artista senza forzature e senza cadere nel ridicolo, ma formando un quadro complessivo che con un pizzico di audacia si potrebbe paragonare ad un'opera della stessa Frida, come "Lo que el agua me ha dado"

Straordinari gli interpreti, Alfred Molina perfetto nel ruolo di Diego Rivera, personaggio tenero e carnale al tempo stesso, brutto quanto affascinante e carismatico; Salma Hayek piccola e combattiva, nel ruolo di Frida, cosÏ innamorata del personaggio da aver preso parte alla produzione del film e da aver sbaragliato tutte coloro che ambivano al ruolo e conquistando persino la stima della nipote di Frida Kahlo, generalmente infastidita dalle esumazioni cinematrografiche e bibliografiche della celebre zia. La Hayek veste perfettamente dentro e fuori se stessa la personalità ed i colori di Frida: farfalle che addolciscono rigidi busti di gesso, scatti di rabbia, sensualità fiammeggiante e intelligenza viva in netto contrasto con un corpo straziato dalle malattie e dai molteplici interventi chirurgici. Un ruolo, il suo, che non ha mancato di suscitare polemiche: dei messicani più tradizionalisti che avrebbero voluto un film parlato in spagnolo e non in inglese e soprattutto un cast messicano, ma non abbastanza tradizionalisti da ricordare che la stessa Frida aveva origini europee.

Movieplayer.it

4.0/5