Recensione Gli amori di Astrea e Celadon (2007)

Un vero e proprio film ecologico, con una natura che entra prepotentemente nello schermo e sembra volerlo abbattere per accompagnare alla forza dell'amore quel senso di libertà che solo un mondo incontaminato baciato dal vento può dare.

Ritorno all'amore

La sfida che Eric Rohmer intende lanciare col suo nuovo film pare evidente: far ritornare il pubblico alle origini, del cinema, dei sentimenti puri, di un mondo non deturpato dall'arroganza del cemento. E per farlo sceglie di adattare per il grande schermo Gli amori di Astrea e Celadon, un libro scritto da Honoré d'Urfé agli inizi del XVII secolo, storia dal sapore antico di un amore contrastato e disperatamente riconquistato. I due amanti del titolo sono due giovani pastori del Seicento che, per una serie di equivoci causati dall'opposizione della famiglia di lui al loro rapporto, finiscono divisi dalla gelosia della ragazza e dal gesto disperato di Celadon che preferirà consegnarsi alle acque di un fiume, piuttosto che vivere anche un solo giorno senza la possibilità di poter rivedere la propria amata. Creduto morto da Astrea, in realtà il ragazzo sarà recuperato ancora vivo da tre ninfe amorevoli pronte a curarlo in cambio del suo affetto (c'è chi pretende l'amore e chi s'accontenta invece della sua amicizia), prima di imporsi un esilio nella foresta per tener fede alla promessa fatta alla giovane che, accecata dalla gelosia, gli ha chiesto di non vedersi mai più. Tra patimenti d'animo e la riscoperta di sentimenti genuini e della potenza dell'amore, i due cercheranno di riconquistarsi e di non abbandonarsi più.

Quello di Rohmer è un invito accorato a recuperare un'idea più autentica e potente d'amore, abbandonando frivolezze e quell'obbligo al transitorio che la nostra epoca impone. Per farlo evoca, seguendo il testo originale, le divinità greche e l'intrecciarsi delle loro gesta per la scoperta di quanto più tenero c'è nell'animo degli uomini. L'amore per Rohmer può essere soltanto quello totale di due esseri umani destinati, nonostante gli impedimenti, a restare insieme per sempre. Un'idea che attualmente sembra divenire sempre più obsoleta, come datato potrebbe sembrare il film del grande cineasta francese: nessuna concessione a tecniche moderne, nessun azzardo in fase di montaggio e didascalie da film muto che raccontano dello scorrere del tempo. Il suo, che più che in costume potremmo definire spogliato di ogni elemento superfluo, è un vero e proprio film ecologico, con una natura che entra prepotentemente nello schermo e sembra volerlo abbattere per accompagnare alla forza dell'amore quel senso di libertà che solo un mondo incontaminato baciato dal vento può dare. Ed è nei titoli di testa il primo monito del regista, nei quali dichiara che per girare il film ha dovuto abbandonare, per via dell'urbanizzazione, l'idea di ambientarlo nei luoghi originali del racconto ed ha così spostato i sospiri e i lamenti di Astrea e Celadon altrove, dove l'erba alta e i paesaggi sconfinati possono ancora dare l'illusione di un tempo passato. Gli amori di Astrea e Celadon non è certo un film facile per lo spettatore postmoderno, ma siamo convinti che c'è ancora chi riuscirà a trovare spazio nel proprio animo per godere dell'immergersi dentro la natura filmata da Rohmer e nel racconto di sentimenti così puri.