Ci ha lasciato a soli 57 anni, ma il suo cinema ha avuto tutto il tempo di entrare nei nostri cuori. La sedia della felicità, il suo ultimo film, ci lascia forse la più grande testimonianza della leggerezza con cui Carlo Mazzacurati, come artista e come uomo, e il suo cinema erano capaci di prendere la vita. Pieno di personaggi bizzarri e straordinari nel loro essere realistici, il film ci racconta la storia di un tesoro nascosto in una sedia e di come un uomo, una donna e un prete tutto pepe si mettono sulle tracce di questa fantomatica poltroncina sfidando gli imprevisti e le assurdità della vita di tutti i giorni. Prodotto da Angelo Barbagallo con la sua Bibi Film e presentato in anteprima allo scorso Torino Film Festival, La sedia della felicità è stato presentato dai tre attori protagonisti, dal produttore e dai due sceneggiatori Marco Pettenello e Doriana Leondeff e arriverà nelle sale a partire da giovedì 24 aprile in circa 150 copie distribuito da 01Distribution. Presenti in sala commosse ma sorridenti la moglie di Mazzacurati e assistente alla regia del film Marina Zangirolami e la figlia del regista Emilia, alla quale il film è dedicato. Nel cast tanti nomi celebri del nostro cinema come Roberto Citran, Milena Vukotic, Raul Cremona, Katia Ricciarelli e Marco Mazzocca ma segnaliamo anche tre piccoli cammei di Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio e Silvio Orlando che hanno risposto volentieri alla chiamata dell'amico Carlo.
Ricordando Carlo"Di Carlo e della lavorazione del film ricordo solo un grande entusiasmo quotidiano, tanto che noi attori non ci siamo nemmeno accorti che stava male" - ha raccontato con emozione Valerio Mastandrea - "avrei voluto lavorare con lui molto tempo prima ma per lui evidentemente non era così (ride), non sto qui a dirvi quanto mi mancherà ma posso dirvi che era uno che il cinema lo amava veramente, molto più di me, è stato l'unico regista che mi ha parlato in terza persona del mio personaggio, Dino per lui non ero io ma era una figura presente nel suo immaginario". Un cast di grandi attori ne La sedia della felicità che Mazzacurati ha voluto a tutti i costi anche per piccoli ruoli come ci ha raccontato anche Giuseppe Battiston: "Ha chiamato gli attori a cui voleva più bene e quando mi parlò di questo progetto io gli chiesi se fosse sicuro che tutti avrebbero poi accettato. Mi rispose 'chi vuoi che dica di no a un povero malato?', ecco questo era Carlo Mazzacurati e questo era lo spirito con cui affrontava la vita e il suo mestiere. Il suo sguardo umano e divertito sul mondo è la cosa che più mi mancherà di lui". Allergico alla retorica e convinto che questo sia uno dei pochi mestieri al mondo che fa vivere le persone a lungo anche dopo la loro morte, Carlo Mazzacurati non faceva mai finta che le cose brutte non esistessero ma era capace di raccontarle con una tale leggerezza che tutto d'un tratto appariva meno cupo: "Quando, come nel suo caso, questo mestiere è sinonimo di passione allora ti dimentichi di tutto" - ha dichiarato Isabella Ragonese che nel film è protagonista nei panni di Bruna, un'estetista che rincorre l'amore e la speranza di una vita migliore e che lo stesso Mazzacurati aveva definito una specie di eroina colorata come quelle dei film di Miyazaki - "non ho mai percepito le sue difficoltà fisiche sul set e mi piace pensare che i suoi ultimi mesi non siano stati in un ospedale ma insieme a noi, facendo una cosa che gli piaceva fare".
Un'ingiusta distanza
Per tanto tempo il film ha portato un altro titolo, La regina delle nevi, poi si è trasformato ne La sedia della felicità grazie a un bambino come ci ha raccontato il produttore Angelo Barbagallo: "Un giorno eravamo sul set e il figlio piccolo del nostro montatore ci ha suggerito il nuovo titolo e per premiarlo di questa illuminazione gli abbiamo regalato la sedia, Carlo era impazzito di gioia e il pensiero che fosse stato un bimbo a trovare il titolo giusto lo aveva reso non felice ma di più. Lui d'altronde era così, allegro e scanzonato come il tono del film, un narratore straordinario al quale piaceva la compagnia, si inventava storie continuamente e continuamente se le dimenticava facendo scoprire che non ci aveva raccontato la verità". Doriana Leondeff ha scritto con lui ben quattro film e ci ha spiegato come il desiderio di leggerezza per questo film venisse in realtà da molto lontano perché il soggetto era stato scritto molto tempo prima che il regista venisse a conoscenza della sua malattia: "Quando ha saputo di essere malato paradossalmente il lavoro ne ha acquistato in termini di leggerezza e buonumore perché sia Carlo che tutti noi abbiamo sgombrato la mente da tutto quello che era inutile in quel momento, abbiamo cercato sempre di supportarlo in tutto e di arrivare al cuore allegro delle cose che stavamo raccontando". A testimonianza del fatto che Mazzacurati non sospettasse minimamente del fatto che quello sarebbe stato il suo ultimo film la Leondeff ci ha raccontato anche del progetto nuovo cui stavano lavorando quando è sopraggiunta la morte: "Si trattava di un film piccolo da girare in Toscana, in un luogo a lui familiare tra vigneti, immigrati senegalesi e diseredati, e sempre con Mastandrea" - ha aggiunto la sceneggiatrice - "era un soggetto che stava prendendo forma ma di cui avevamo messo su carta solo suggestioni e appunti sparsi". Anche l'altro sceneggiatore del film Marco Pettenello ci ha confermato questo aspetto aggiungendo: "In tutti i film che ho scritto precedentemente con Carlo si partiva dal voler fare una commedia e poi arrivavamo ad un certo punto in cui calava un'ombra di malinconia che trasformava tutti, ne La sedia della felicità non è successo, è rimasta anche nel tempo un'opera spensierata e, a posteriori, posso dire che è bello che il suo cammino si sia concluso in allegria, se avesse potuto scegliere un modo per concludere lo avrebbe scelto esattamente così".