Redigere una recensione con fare critico significa soprattutto affidarsi totalmente all'impianto visivo e narrativo di cui consta l'oggetto della propria analisi. Tutto il resto, polemiche e dibattiti, scalpori e clamori, deve essere lasciato al di fuori della cornice cinematografica, o televisiva.
Ciononostante, come sottolineeremo in questa recensione di Regina Cleopatra, uno degli elementi che più hanno fatto parlare della docu-serie Netflix prodotta e narrata da Jada Pinkett-Smith si ritrova suo malgrado come parte integrante della critica stessa; un paradosso scaturito dall'opera medesima e dalla natura dicotomica con la quale Cleopatra è stata sviluppata e realizzata. Proponendosi nelle vesti di documentario seriale, Cleopatra è chiamata ad affidarsi a una certa veridicità storica dei fatti narrati; una prerogativa, questa, che prevede l'aspetto esteriore della sovrana (colore della pelle compreso) farsi parte integrante di questa soglia di attesa. La sola presenza di studiosi e ricercatori non basta, infatti, a infondere nell'opera una parvenza di storicità, soprattutto se a farsi da contraltare è una ricreazione drammatica e attoriale che rende tutto fittizio, romanzato, fantasioso.
Quello che viene proclamato come risultato ultimo di una volontà celebrativa della forza delle donne attraverso la storia ancora inedita di un personaggio come Cleopatra, pare svilirsi dietro a quella che sembra essere l'intenzione primaria: la promozione del black power per mezzo di un'appropriazione culturale interessante e giustificabile negli intenti, ma errata e auto-sabotatrice nei fatti.
Cleopatra: la trama
Prima di una serie di documentari dedicati alle leggendarie regine africane, con i suoi quattro episodi Regina Cleopatra promette di ripercorrere la vita, i successi e gli amori di una delle donne più potenti della storia. Il retaggio di Cleopatra è stato oggetto di molti dibattiti accademici, perlopiù ignorati dal mondo di Hollywood. Ma ora questa serie riconsidera questo lato affascinante della sua storia.
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Storia di essenze contrastanti
In Regina Cleopatra battono due cuori, due ritmi cardiaci che danno il tempo a due esistenze distinte, autonome, che tentano di vivere in simbiosi, ma finiscono per entrare in conflitto, alimentandosi parassitariamente l'una della sostanza dell'altra. Da una parte c'è il desiderio di elevarsi a documentario, supportato da una mole di studiosi che con le loro parole e le loro nozioni riempiono l'aria di un passato che ritorna che ma ben presto cadrà a terra, tradito dagli attacchi sferrati dalla propria controparte drammatica. Dall'altra, si infiltra sempre più in Regina Cleopatra la forza di una ricostruzione cinematografica che prende e disintegra ogni testimonianza storica, ogni frammento mnemonico del passato.
Tutto nella docu-serie firmata Netflix si riconduce a un'osmosi mancata, una danza fuori tempo tra storia e drammaturgia, antichità e performance attoriali. La presenza degli studiosi si sveste della propria autorevolezza, riducendo ognuno di loro a mero narratore di un racconto che dal campo del documentario storico scade sempre più nell'ambito prettamente cinematografico, risultando irreale, fittizia, artificiosa, fiabesca. È il paradosso che si muove silente tra i raccordi di un montaggio dove lo scarto tra commenti storici e ricostruzioni in studio, si riduce a zero, lasciando che la forza del set si aggrappi, fino a divorarla, quella documentaristica. E così un'opera nata nelle sembianze di una docu-serie, finisce per tramutarsi nella più canonica e tradizionali delle serie televisive (scene di passione comprese).
Una Storia mancata
La natura dicotomica e contrastante di due forze che tentano di convivere, finendo per farsi inconsciamente la guerra, è una caratteristica che finisce per intaccare, come un seme del male, ogni più piccolo elemento messo in campo in Regina Cleopatra. La riproposizione di momenti storici restituiti con epicità da una fotografia calda, intensa, come il deserto circostante, o le emozioni che vivevano in Cleopatra, viene affiancata da un montaggio dissonante, dove la storicità di un passato antico danza su un commento musicale di stampo contemporaneo. Uno scarto solitamente d'impatto (si pensi a Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann), che disorienta lo spettatore, esacerbando una data emozione, o più celato sentimento, sulla scena. Eppure, nel contesto di un documentario storico, tale scelta - prettamente cinematografica - allontana ancor più la serie dal suo intento primordiale, lasciando che sia la componente visiva (più che nozionistica) a prendere il sopravvento. Le stesse performance attoriali risultano spesso macchinose, poco naturali, ingabbiate in uno schematismo in cui lo stupore visivo tenta di surclassare quello storico.
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Input storici per racconti fiabeschi
Un'involuzione felice, quella di Regina Cleopatra, nata sotto il segno di incongruenze storiche orgogliosamente dichiarate come veritiere e rivoluzionarie (nel primo episodio si asserisce senza alcuna prova, che la pelle della sovrana fosse nera, affermazione screditata dalla discendenza greco-tolemaica della stessa), che finiscono per perdersi nel deserto di un racconto bipolare e poco armonioso. La mancanza di nozioni interessanti e davvero inedite, con cui ammaliare e coinvolgere anche lo spettatore meno avvezzo alla storia dell'antico Egitto, non aiutano di certo un'opera che non aggiunge alcunché a quanto già appreso e divulgato nel corso degli studi scolastici riguardo la storia di Cleopatra e del suo regno. La salita al potere, i tradimenti fraterni, l'alleanza con Roma e le relazioni con Giulio Cesare, e Marco Antonio, sono canovacci di informazioni riprese e riportate senza alcuna aggiunta nozionistica, ma utili al solo scopo di dar vita a una ricostruzione drammatica, fatta di attori e battute, che presa singolarmente potrebbe anche nascondere un forte, mancato, potenziale.
Si ritrova qui, nel dubbio amletico sull'essere o meno un documentario su Cleopatra, (o una mera serie biografica a lei dedicata), il grande cruccio di quest'opera. Nell'eterna indecisione, il risultato che ne consegue è quello di una docu-serie poco funzionale all'obiettivo prepostosi; una narrazione che corre su binari occupati da altri treni in corso e che per questo non può che finire schiacciata sotto il peso delle proprie ambizioni e di un coraggio di racconto tutto vantato, ma poco concretizzato.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Regina Cleopatra, sottolineando come la docu-serie in quattro puntate firmata Netflix sia apprezzabile per il suo intento di celebrare la figura della sovrana egizia - e con essa di tutte le donne - se non fosse per una componente spettacolare che disintegra ogni barlume di natura documentaristica e di divulgazione storica.
Perché ci piace
- L'impianto visivo e fotografico.
- Il tentativo di celebrare la forza delle donne attraverso la figura di Cleopatra.
Cosa non va
- La mancata armonia tra la parte documentaristica e quella drammatica.
- Le performance degli attori, soprattutto degli interpreti di Marco Antonio e Giulio Cesare.
- La mancanza di informazioni inedite; tutto sembra essere preso dai libri di scuola.