Recensione Vic and Flo Saw a Bear (2013)

La pellicola di Denis Côté unisce un meccanismo a orologeria tanto perfetto quanto spiazzante a una cura formale estrema, il tutto condito dal suo humour aspro.

Le amanti canadesi

Incorreggibile Denis Côté. Dichiara di volersi orientare verso un cinema più commerciale per conquistare una fetta di pubblico più ampia e poi sforna una fiaba nera surreal-drammatica che sembra un incrocio tra un Wes Anderson cinico e un thriller dei fratelli Coen. Il tutto virato al femminile. Protagoniste assolute di Vic and Flo Saw a Bear sono, naturalmente, le Vic e Flo del titolo (rispettivamente Pierrette Robitaille e Romane Bohringer), due ex detenute che hanno commesso gravi crimini di cui mai ci verrà svelata la natura e che finalmente, dopo che a Vic è stata concessa la libertà vigilata, possono vivere liberamente la loro relazione in uno sperduto cottage tra i boschi del Quebec. Intorno a loro ruotano una serie di personaggi curiosi e un tantino nonsense tra cui troviamo Emile, l'anziano zio di Vic paralizzato a causa di un ictus, Charlot, il ragazzo che lo accudisce e che nutre una smodata passione per i modellini telecomandanti, il di lui inferocito padre, il boy scout che suona la tromba e una sadica donna in cerca di vendetta che se ne va in giro per la foresta accompagnata da un enorme uomo di colore. In questo bestiario umano spicca per umanità e intelligenza Guillaume (l'ottimo Marc-André Grondin), ufficiale di polizia a cui viene affidato il caso di Vic.

In Vic and Flo Saw a Bear Denis Côté si diverte a giocare coi generi affastellando topoi per poi ribaltarli nel loro esatto opposto. Il vero focus del film sono, naturalmente, i personaggi, le loro relazioni e i sentimenti scandagliati attraverso accurate sequenze dialogiche, ma intorno a questo nucleo pulsante il regista costruisce una struttura mutevole e spiazzante condita da scenette intrise del suo humour aspro. Côté opera per sottrazione eliminando tutto ciò che ritiene superfluo. Allo spettatore viene demandato il compito di colmare i vuoti della storia e di rispondere ai quesiti sollevati dal regista in una pellicola ellittica che procede accostando scene chiave. A fianco degli improbabili personaggi, la natura diventa a sua volta protagonista della storia. Le lussureggianti foreste canadesi, il suggestivo lago dove Guillaume accompagna Flo, infortunata, per un lungo chiarimento, lo stesso orso presente nel titolo (il cui significato risulterà chiaro solo nel finale) hanno un enorme peso nella struttura narrativa. Nelle liti tra le due amanti emerge spesso il tema dell'isolamento. Vic, più anziana e meno avvenente, teme di perdere Flo che si lamenta spesso di per essere finita in un luogo che non ha niente da offrire, dove è quasi impossibile rifarsi una vita a causa della lontananza dai centri abitati.
La natura avvolgente viene mostrata attraverso quadri, per lo più statici, di grande bellezza. Lo sguardo di Denis Côté è ancora più puro, la sua consapevolezza del mezzo tecnico è ulteriormente maturata e il regista, aiutato dalla bellissima fotografia desatuarata di Ian Lagarde, lavora sulla composizione dell'immagine con maestria. I movimenti di macchina, ridotti al minimo, acquistano peso e contribuiscono a intensificare ulteriormente il senso di spiazzamento del pubblico di fronte ai colpi di scena contenuti nel film. Vic and Flo Saw a Bear vira più volte passando da commedia a dramma, da love story omosessuale a revenge movie, ma le svolte sono improvvise e fulminee proprio perché il regista evita con cura di lasciar trapelare la minima avvisaglia amplificando a dismisura l'effetto sorpresa. La pellicola unisce un meccanismo a orologeria tanto perfetto quanto spiazzante a una cura formale estrema e Côté si dimostra ancora una volta uno degli autori più originali e intelligenti del panorama attuale. Se proprio vogliamo trovargli un difetto, il regista non rinuncia alla sua impronta cerebrale producendo lavori (questa non fa eccezione) che, dopo un primo impatto straniante, necessitano di tempo e riflessione per radicarsi nell'animo dello spettatore. Un buon motivo per rivedersi i suoi film più e più volte.

Movieplayer.it

4.0/5