Il gigante e il bambino
L'infanzia è un privilegio che Arbor e l'amico Swifty sembrano destinati a non dover conoscere. Affetto da disturbi nervosi il primo e lasciato completamente a se stesso il secondo, sono entrambi il prodotto di famiglie disfunzionali e assenti. Così, figli della classe operaia inglese e della comunità gipsy, i due vivono una quotidianità on the road, cercando di carpire i segreti di un universo adulto che, lontano dal tutelarli, tende a sfruttare la naturale impreparazione della loro età. In questo modo per i due ragazzi il mondo si trasforma in un campo di battaglia quotidiano, dovendo destreggiarsi tra genitori affetti da egoismo e l'arrivismo di chi è pronto a mettere in pericolo la loro incolumità per un guadagno facile. In questa situazione di disagio culturale e sociale di cui non sembrano nemmeno rendersi conto, Arbor e Swifty decidono di abbandonare gli studi per dedicarsi al "commercio" di cavi elettrici e metallo. Ma, nonostante le aspettative di provvedere ai propri bisogni e a quelli delle loro famiglie, i due si imbattano nella ruvida incomprensione di Kitten, un "gigante egoista" - il The Selfish Giant del titolo - che, senza riguardo per le debolezze della loro età, li porterà a sperimentare la necessità di vendetta e il peso del senso di colpa.
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Sarà per l'uso di una lingua, come l'inglese, che tende all'essenziale ma il suo sguardo sembra evitare automaticamente qualsiasi orpello emotivo e mirare dritto, senza esitazioni, al nucleo del racconto. E così, utilizzando immagini sporche senza cadere nel compiacimento e seguendo passo dopo passo gli spostamenti dei suoi personaggi, riesce a rendere tangibile la disperazione sorda che nasce dalla povertà e l'invisibilità che proviene dal disagio affettivo.
Uno stile naturale che, dopo aver applicato alla vicenda drammatica narrata in The Arbor, oggi viene utilizzato per tratteggiare le difficoltà di un'infanzia destinata a finire senza essere mai realmente cominciata. Fin dalle prime inquadrature attraverso le quali viene definita la condizione familiare e sociale, si comprende quanto i due giovani protagonisti siano destinati ad essere le vittime sacrificali di un mondo che a stento sembra essere disposto a comprendere se stesso. Così, nel loro girovagare su di un calesse in cerca di merce da rottamare, Arbor e Swifty portano alla memoria la solitudine dei Sciuscià di De Sica e l'invisibilità di Antoine Doinel, solo che questa volta non arriverà la magia del cinema e di una affiche rubata a salvarli dalla loro miseria.
Movieplayer.it
4.0/5