Recensione The President (2014)

L'iraniano Makhmalbaf riflette su potere e dittatura, attraverso la storia di un presidente che fugge da una nazione in guerra contro di lui; al suo fianco, il nipotino di cinque anni, un bambino che vedrà il proprio nonno ormai debole e in crisi.

Lusso e potere si mescolano quotidianamente nella vita di un dittatore. Egli vive al riparo da tutti in una torre d'avorio da cui comanda il mondo. Non prova amore, non ha rispetto per il prossimo, cerca solo di conquistare il potere e di mantenerlo fino alla fine dei suoi giorni. Almeno fino a quando i suoi "sudditi" non si risvegliano dal torpore e non decidono di rovesciare il regime. E' quello che succede al protagonista del nuovo film di Mohsen Makhmalbaf, The President, presentato nella sezione Orizzonti della 71.ma Mostra Internazionale d'Arte cinematografica di Venezia.

Il presidente, di cui non conosciamo il nome, concentra il suo affetto sul nipotino, primogenito del figlio, assassinato assieme alla moglie dai ribelli. I suoi giorni trascorrono uguali tra beghe familiari e decisioni da prendere. Nel momento in cui gli oppositori, con l'assenso dei militari, riescono a destituirlo, per il presidente si rende necessaria la fuga. L'uomo porta con sé il nipote, alla ricerca della salvezza per entrambi. Peregrinare in incognito da un villaggio all'altro, però, gli mostrerà il grado di disperazione raggiunto dal suo popolo, non più disposto a scendere a patti con l'odiato tiranno.

Notizie dalla città della luce

Non è certo semplice rappresentare il momento esatto in cui un regime dittatoriale cade. Il regista iraniano lo fa mostrando un bambino e un signore anziano, che giocano assieme; quello che appare come uno scherzo innocente, provare cioè a chiudere ed accendere le luci della città, nasconde invece una realtà desolante. L'uomo è lo spietato dittatore di uno stato non meglio identificato, il piccolo è il suo nipote adorato, e insieme provano a comprendere cosa voglia dire davvero esercitare un potere assoluto su un'intera nazione, illuminandola e poi facendola piombare nel buio. Fino al momento in cui, com'è naturale che sia nella storia di una nazione che cerca disperatamente la libertà, il gioco cessa di esistere e i comandi impartiti dai due ottengono solo silenzio.

The President: una scena del film
The President: una scena del film

"Questa è una brutta storia, questa è la nostra storia"

Obiettivo principale del cineasta è chiarire come la fine di un regime possa (e debba) essere letta su diversi piani, cercando di non mettere mai tra parentesi l'umanità, per evitare il ripetersi di certe situazioni. Tenuto conto dell'importanza del compito di Makhmalbaf, possiamo dire che The President possiede molte qualità e difetti non trascurabili. E' un film che soffre in più punti di una certa pesantezza, con un ritmo rallentato che ne impedisce una comprensione profonda. Non gli giova, poi, una partenza che, paragonata ad un epilogo di grande vigore, ci appare totalmente straniante. La fuga del presidente e del suo nipotino isola i due personaggi da un contesto che diventa sempre più caotico e violento, che ci viene raccontato solo dai giornali radio. Se da un lato questa decisione mette in luce l'aspetto più umano del dittatore, che si manifesta pienamente nel rapporto con il bambino, da un lato impoverisce la struttura stessa di una narrazione che sembra non avere chiaro il proprio punto di vista. L'altruismo del presidente, il suo aspetto caritatevole in una circostanza a lui ostile, diventa quasi grottesco se paragonato alle violenze perpetrate dai militari e dai ribelli, che sarebbero dovuti ripartire con un approccio completamente diverso e che invece somigliano al proprio despota più di quanto loro stessi vogliano immaginare.

La caduta degli dei

The President: Misha Gomiashvili in una scena del film
The President: Misha Gomiashvili in una scena del film

Tale mancanza di equilibrio rischia di vanificare una sostanziosa riflessione del regista su potere e politica, che viene però esaltata da un finale commovente che ne restituisce in pieno la pregnanza. In balia di un gruppo di persone che lo hanno smascherato, il presidente diventa oggetto di un processo sommario, in cui è il desiderio di vendetta a prevalere sulla giustizia, uno slancio talmente distruttivo da travolgere anche il bambino. Saranno un ex prigioniero politico mite e ragionevole e un musicista, a salvare il piccolo. La sorte del presidente non sarà altrettanto pietosa, ma ciò che resta fuori campo ci basta per capire che una democrazia può nascere da un atto di guerra, ma per rafforzarsi deve essere costruita su basi solide. Molto interessante ci è parso quindi il discorso sull'identità del dittatore, che riesce ad esercitare il potere attraverso le raffigurazioni del suo corpo, che ne diffondono capillarmente la presenza nella nazione. Il protagonista di The President gioca a distruggere l'immagine di sé data al popolo, rendendosi irriconoscibile, contribuendo per questo ad amplificare un senso di smarrimento abissale, che la popolazione continua a provare anche quando l'oppressore è ormai lontano.

Conclusione

Una partenza poco aggraziata e un epilogo commovente, The President, di Mohsen Makhmalbaf racconta la caduta di un regime dittatoriale immaginario, con realismo e momenti poetici, ma senza quelle sfumature che una storia del genere avrebbe meritato; la parte finale, però, riscatta in pieno la storia e ci mostra un fatto sostanziale, che il potere è destinato a sciogliersi come i castelli di sabbia. Per ricostruire da capo tutto, ci vogliono fondamenta sicure.

Movieplayer.it

3.0/5