Il pugno della vendetta
Cinema e videogiochi, due mondi che si avvicinano sempre di più, sovrapponendosi a volte, creando in entrambi gli ambiti opere che risultano ibride: se in campo videoludico apprezziamo giochi capaci di immergere il gamer in storie di stampo cinematografico, dall'altro le arrivano in sala film che rappresentano meri pretesti per mettere in scena sequenze d'azione spettacolari che sembrano uscire dagli schermi, più o meno piccoli, casalinghi. E se a volte quest'ultima caratteristica può apparire quantomeno limitante, considerando l'elevata profondità narrativa di tanti nuovi prodotti della next-gen videoludica, altre rappresenta la semplice e diretta conversione di giochi che non cercano nuove vie di comunicazione, ma semplicemente di perfezionarne di già esistenti.
E' il caso di Tekken, il franchise creato da Namco nel lontano 1994, tra i primi del genere ad avvalersi di grafica 3D e tra gli ultimi ad approdare sul grande schermo dopo i rivali Street Fighter e Mortal Kombat, incentrato sull'omonimo torneo di arti marziali in cui i numerosi protagonisti si affrontano per conquistare la sontuosa somma di denaro in premio per il vincitore.
Una linearità che farebbe pensare ad un background limitato ad un semplice pretesto per dar via ai combattimenti tra i pittoreschi personaggi, ma che si rivela invece più articolato di quanto ci si aspetterebbe, perchè ogni combattente ha la sua storia (nonchè il suo curato stile di lotta), a cominciare dal protagonista Jin Kazama, introdotto nella serie di giochi a partire dal terzo capitolo, Tekken 3. Ambientazione e storie che al loro approdo su grande schermo nel Tekken di Dwight H. Little deviano leggermente dalla traccia conosciuta dai fan della serie per console.
Siamo nel 2039, in un mondo post-guerra mondiale suddiviso in territori governati da multinazionali. La Tekken (nel gioco Mishima Zaibatsu) è una di queste e, posseduta dal potente Heihachi Mishima, gestisce anche l'omonimo torneo di arti marziali pensato per controllare la grossa fetta povera della popolazione. Dal mondo dei poveri, dal quartiere periferico di Anvil, arriva il Jin Kazama interpretato da Jon Foo, mosso da sete di vendetta nei confronti di Heihachi Mishima (e non verso Ogre, come nel gioco) che ritiene responsabile della morte della madre, uccisa nel corso di un'azione di forza nei potenti nei quartieri poveri. Jin decide di partecipare al torneo e lega subito con un altro personaggio noto ai fan dei giochi Namco, Christie Monteiro, a cui dà volto e corpo Kelly Overton.
Scontro dopo scontro, le alleanze si definiscono e Jin scopre la vera identità del padre (che nei videogame gli era già nota), sempre guidato dagli insegnamenti della madre scomparsa fino al faccia a faccia finale con il responsabile della sua morte. Pur nelle numerose deviazioni dalla traccia originale dei giochi di partenza, il Tekken cerca di tenersi fedele al pubblico per il quale questi prodotti erano pensati e, definite ambientazioni e motivazioni nella parte iniziale, si concentra sui combattimenti che devono essere il fulcro di un film di questo tipo. E le scene di lotta rappresentano infatti le sequenze più curate dell'adattamento, pur essendo non particolarmente originali e costrette in un'arena che non rende giustizia ai variegati scenari che nel gioco fanno da sfondo ai combattimenti: potenti ed articolati, gli scontri non vengono soffocati dalla regia di Little, che sa sottolinearne sia la durezza che la creatività.
Si cerca di mantenersi fedeli nella rappresentazione dei personaggi, almeno di quei pochi scelti per far parte del film tra l'ampia schiera di lottatori che dà vita ai giochi, con Jon Foo discretamente somigliante a Jin ed il tentativo di avvalersi di abbondante dose di trucco per trasformare Cary-Hiroyuki Tagawa in Heihachi, senza dimenticare l'ammiccante costume di scena della Overton per sottolineare le grazie di Christie Monteiro. Tekken si muove quindi sul difficile confine tra fedeltà ed adattamento, riuscendo a rendere giustizia ad alcuni degli elementi che hanno fatto amare i giochi, cercando di sopperire alle inevitabili mancanze con alcune citazioni rivolte direttamente a chi ai diversi capitoli della serie Namco ha dedicato tempo e passione nel corso degli anni (un consiglio agli appassionati: non lasciate la sala prima della fine dei titoli di coda). Per gli altri resta uno dei tanti film di arti marziali con cui passare una serata estiva, di cui resterà poca traccia nella memoria e nella storia del cinema.
Movieplayer.it
3.0/5