Quanto sei violenta Roma
Il poliziesco all'italiana torna a vedere la luce nelle sale italiane, grazie alla neonata Explorer Entertainment, che il 6 Dicembre distribuisce in 40 copie questo Roma Criminale, omaggio a un genere che dopo i fasti degli anni '70, è progressivamente caduto in declino fino a scomparire quasi completamente, bandito da qualsiasi produzione italiana o listino di distribuzione come tutto il resto del cinema di genere. Nel poliziottesco, nell'accezione vagamente denigratoria di una certa critica sempre avversa al genere (al pari dell'appellativo "maccheroni" o "spaghetti" per i film ispirati al genere western) si sono cimentati diversi registi tra quelli che oggi sono celebrati come i "maestri del genere", dopo la rivalutazione avvenuta negli ultimi anni grazie soprattutto a Quentin Tarantino, fan e cultore di film e registi italiani dell'epoca (celebrati di recente al Festival di Roma in un documentario chiamato appunto I Tarantiniani). Enzo G. Castellari con La polizia incrimina, la legge assolve, e soprattutto Umberto Lenzi, esplicitamente citato sia nel nome del protagonista (il commissario Marco Lanzi), che nel titolo stesso che richiama il suo Roma a mano armata, il film è un appassionato omaggio a quei registi e a quel genere, realizzato da un gruppo di lavoro legato non solo al mondo del poliziesco, ma ancor di più a quello degli stuntmen, che di questo genere, tra inseguimenti, sparatorie, risse, auto cappottate ed esplosioni, rappresentano l'anima e la memoria storica.
A partire dal regista esordiente Gianluca Petrazzi, figlio di Riccardo Petrazzi, più di cinquanta film polizieschi in carriera come stuntmen, assistente e aiuto regista; e anche anche nel cast, con la coppia di poliziotti composta da Alessandro Borghi, che ha iniziato anche lui come stuntment, ora noto per serie tv come Distretto di Polizia e RIS, e soprattutto il collega anziano Massimo Vanni, cugino di Enzo Castellari, ex stunt, maestro d'armi e controfigura storica di Tomas Milian. Nonché un cameo del regista Claudio Fragasso qui in veste di attore, uno degli ultimi baluardi del cinema di genere in Italia, tra thriller e poliziesco (Palermo Milano sola andata). Insomma uno sguardo al passato, al cinema come si faceva una volta, con gli inseguimenti e le sparatorie, con le tematiche ricorrenti del filone, la violenza metropolitana da cronaca nera, tra criminalità organizzata, spaccio di droga e traffico d'armi. Con una strizzatina d'occhio al presente, al Romanzo Criminale di Michele Placido, evocato nel titolo anche nei caratteri grafici e nei teaser, ultimo e isolato esempio di film poliziesco italiano di successo. Storia sui generis, con il giovane commissario della periferia romana Marco Lanzi (Alessandro Borghi), impulsivo e dai modi spicci, che non si è mai rassegnato alla morte del padre avvenuta anni prima sotto i suoi occhi. Il presunto mandante dell'omicidio, Vince Marrazzo detto "er Toretto" (Luca Lionello) ha scontato trent'anni in galera: appena uscito si ritrova in un mondo dove anche la criminalità è cambiata, per lui che è rimasto uno vecchio stampo, legato ad antichi valori e ai codici di un'epoca che forse non c'è più. Nonostante questo viene assoldato per un ultimo colpo da "er Columbia", spietato gangster, ex compagno di cella ed ora re del traffico di droga e di armi a Roma. Per Marco Lanzi è l'occasione di avere la sua vendetta: nonostante il suo compagno Gargiulo (Massimo Vanni) lo inviti alla prudenza, anche sospeso per cattiva condotta, continua ad indagare perché oramai la giustizia non c'entra più, ma è una questione personale. É francamente difficile visto quanto premesso sopra, adesso criticare e stroncare un film purtroppo mal riuscito. L'intento di omaggiare il genere è evidente, così come la passione messa in campo da un gruppo di lavoro legato al cinema di un tempo: alla prese con difficoltà produttive e di budget sicuramente enormi per loro stessa ammissione ("avevamo un solo giorno per terminare le riprese, alla fine non c'era quasi più luce e abbiamo dovuto sbrigarci a finire"), grazie allo sforzo del produttore Gino Montegrande, sono riusciti a far diventare un film quello che era pensato per essere un corto. I limiti e le carenze sono sin troppo evidenti, nella sceneggiatura, che nonostante la semplicità della storia ha dei buchi davvero incomprensibili (anche se Tarantino dice che in quei film la sceneggiatura non contava niente), e anche nella messa in scena stessa, soprattutto nella parte finale, davvero troppo tirata via: il tutto è condizionato probabilmente dai mezzi e dal budget troppo limitato per un film che vorrebbe ma non può e alla fine il risultato è davvero inconsistente e soprattutto approssimativo, compresa la recitazione degli attori. Il personaggio di Luca Lionello, l'unico meritevole di una performance degna di nota, fa continuamente riferimento al mondo criminale di una volta che adesso non c'è più, riferendosi forse a un cinema al quale ci si ispira e che si vuole omaggiare, ma purtroppo al di là degli intenti l'esito non può certo dirsi felice. Da apprezzare sicuramente il tentativo, l'entusiasmo e la passione di ridare valore ad un genere troppo presto dimenticato, ingiustamente snobbato, e sprofondato anche per la mancanza di volontà di rinnovamento, di adeguamento a nuove tematiche contemporanee e di voglia di scommettere dei produttori. Speriamo ci sia un'altra occasione, magari che conceda tempi di lavorazione più calmi e un budget più significativo, per ottenere sicuramente un risultato migliore, perché al di là degli intenti e anche se "probabilmente andava colta al volo perché rischiava di non ripresentarsi", questa sa tanto di occasione sprecata.
Movieplayer.it
2.0/5