L'esperimento di portare prodotti seriali televisivi ad un festival cinematografico non è esattamente una novità, tante altre kermesse, Cannes in primis, hanno tentato questa strada con ottimi risultati, eppure l'arrivo alla Mostra di Venezia di una miniserie ha comunque fatto aggrottare le sopracciglia di molti, quasi come se bastasse la mera presenza di un prodotto televisivo a sminuire l'importanza dell'evento cinematografico italiano dell'anno.
La verità - e dopo la visione anche il più critico e scettico non avrà dubbi a confermarlo - è che questo Olive Kitteridge rappresenta invece un evento nell'evento, un'anteprima mondiale che dona grande prestigio a Venezia e che dimostra un'apertura mentale da parte dei selezionatori ammirevole, ma soprattutto necessaria.
Perché che il mondo delle serie ormai non abbia nulla da invidiare a quello cinematografico lo stiamo imparando perfino nel nostro paese grazie all'ottimo Gomorra, e il discorso vale ancor di più in questo caso, visto che parliamo di un prodotto HBO (garanzia di qualità da diversi decenni), per di più alle prese con una nuova collaborazione con la Playtone, casa di produzione di Tom Hanks, a cui dobbiamo già alcuni veri e propri gioielli quali Band of Brothers, The Pacific e John Adams.
Dal libro al piccolo (e grande) schermo
Il progetto assai ambizioso parte dall'attrice Premio Oscar Frances McDormand, o meglio dalla sua lettura del romanzo omonimo di Elizabeth Strout, premio Pulitzer nel 2009, e dalla volontà di provare a portarlo a tutti i costi sullo schermo. Operazione non facile considerato che il romanzo consta in realtà di tredici racconti, tutti ambientati all'interno di una immaginaria cittadina del Maine e aventi come filo conduttore un'insegnante di matematica, moglie del farmacista locale, e, suo malgrado, punto di riferimento per la piccola comunità.
Impossibile quindi farne un film di breve durata se si voleva anche solo tentare di riprodurre il vero punto di forza dell'opera, ovvero la capacità di riuscire a rendere viva un'intera cittadina, con le sue ipocrisie e i suoi segreti e soprattutto con un gran quantità di personaggi, alcuni in primo piano, altri solo di passaggio, ma tutti comunque ricchi di sfumature e dettagliatissimi nella caratterizzazione. Il grande pregio della sceneggiatura di Jane Anderson e della regista Lisa Cholodenko è proprio quello di essere riusciti a lasciare intatta la coralità insita nel libro, la sua rappresentazione di un'intera e dettagliatissima comunità, senza per questo togliere spazio o profondità a nessuno dei suoi protagonisti.
Una produzione di alto livello
A rendere ancora più efficace il loro ottimo lavoro di adattamento c'è un reparto tecnico che può contare su nomi importanti, come per esempio Frederick Elmes, ex direttore della fotografia di David Lynch, la scenografa Julie Berghoff che aveva già lavorato con la regista ne I ragazzi stanno bene, così come il compositore dei Coen Carter Burwell o la costumista Jenny Eagan, che ha lavorato in HBO con True Detective.
Per quanto riguarda gli attori, oltre la McDormand ci sono l'eccellente Richard Jenkins nel ruolo del marito dell'eroina eponima, Henry Kitteridge, ed un convincente John Gallagher Jr. (già noto agli spettatori HBO grazie alla serie The Newsroom) in quelli del figlio Christopher; in ruoli più piccoli ma comunque intensi troviamo poi tra i tanti Bill Murray che interpreta un ricco vedovo caduto in depressione, Rosemarie DeWitt come madre bipolare di uno degli alunni di Oliver, Peter Mullan insegnante scontroso e affascinante e Zoe Kazan, giovane assistente nella farmacia di Henry.
Scene da un matrimonio
Al centro della miniserie, però, ci sono Olive e suo marito Henry, ed in particolare il loro rapporto apparentemente sempre sull'orlo della crisi, disseminato di tentazioni e possibilità di fuga, ma comunque solidissimo. Nei venticinque anni raccontati, spesso alternando in maniera efficace i vari piani temporali, non viene mai da mettere in discussione, nemmeno nei momenti più difficili, la grande complicità che c'è tra i due coniugi, due personalità opposte e davvero difficili da far convivere, ma che danno vita nei loro quadretti familiari a momenti davvero memorabili. Non è quindi un caso che i personaggi interpretati da McDormand e Jenkins siano forse gli unici ad essere presenti in ciascuno dei quattro episodi da un'ora che compongono la miniserie; e se spesso si tratta di una mera presenza, e la donna per esempio non è altro che una semplice osservatrice proprio come noi spettatori (anche se probabilmente ben più disincantata e cinica), basta uno sguardo od una quasi impercettibile smorfia ad illuminare la scena e renderla immediatamente familiare.
Questo perché il personaggio di Olive è assolutamente splendido, e la McDormand, che ha opzionato il romanzo e ne ha prodotto l'adattamento, nel tenerlo per sé si è così regalata quello che è forse il più bello della sua (già) impressionante carriera; ma il regalo lo fa soprattutto ai lettori del romanzo, e alla sua autrice, perché il personaggio di Olive è, attraverso la sua impeccabile interpretazione, più vivo che mai. La McDormand sottolinea con il suo infinito talento tutte le imperfezioni, i rimpianti, le debolezze e le contraddizioni di un personaggio duro, orgoglioso e complesso, ma non per questo meno amabile: il suo essere una moglie orgogliosa e difficile, una madre severa e quasi anaffettiva, ma anche una persona che ha toccato il cuore di chiunque abbia incontrato, forse ben più di quanto lei stessa possa immaginare.
Le quattro ore che passiamo insieme a lei scorrono veloci e senza alcun peso, e hanno semmai il difetto di lasciarci desiderosi di altre storie. Ma per quello c'è sempre il romanzo, magari (ri)letto tenendo a mente il volto mai così bello, anche quando invecchiato dall'ottimo lavoro di trucco, di un'attrice che da oggi amiamo ancora di più.
Conclusione
La HBO ci ha da tempo abituato a standard qualitativi altissimi, ma con questo Olive Kitteridge riesce comunque a sorprenderci e ad alzare l'asticella ancora più in altro. Parte del merito è senza dubbio dell'ottimo materiale di partenza, ma Frances McDormand e il resto del cast ce la mettono tutta per non disilludere le aspettative e danno vita a personaggi e situazioni davvero memorabili. Anche dal punto di vista visivo il risultato è davvero eccellente, e lo conferma il fatto che anche vista sul grande schermo di una Mostra del Cinema la miniserie non sfigura davanti a prodotti artistici che, almeno sulla carta, dovrebbero essere ben più prestigiosi.
Movieplayer.it
5.0/5