Nel 1993, mentre Steven Spielberg commuoveva il pubblico di tutto il mondo con la parabola del coraggioso Oskar Schindler nel suo capolavoro Schindler's List, sul Wall Street Journal veniva pubblicato un articolo firmato da Dorothy Rabinowitz, dal titolo emblematico: An Army of Schindlers from Italy. L'"esercito italiano di Schindler" al quale faceva riferimento la giornalista americana indicava la rete di solidarietà e di protezione che, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, molti cittadini italiani offrirono agli ebrei per permettere loro di sfuggire ai rastrellamenti messi in atto dai fascisti e dai tedeschi.
Questo articolo ha attirato l'attenzione del produttore Joseph Perella, che quasi per caso si è ritrovato a proporre il progetto ad Oren Jacoby, affermato documentarista che proprio in Italia, a Roma, aveva svolto una parte della propria formazione da cineasta. L'incontro fra Perella e Jacoby ha segnato l'inizio di un percorso che, diversi anni dopo, ha portato alla realizzazione del film My Italian Secret - Gli eroi dimenticati, presentato come evento speciale al Festival Internazionale del Film di Roma 2014, in occasione della commemorazione del 71° anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma.
Eroi di tutti i giorni
In attività fin dai primissimi anni Novanta, nel corso della propria carriera Oren Jacoby si è occupato di una grande varietà di argomenti, dalla storia alla musica al teatro, e nel 2004 ha ricevuto una nomination all'Oscar per il miglior cortometraggio documentario con Sister Rose's Passion, incentrato sulla figura di Rose Thering, una suora che ha dedicato la propria esistenza alla lotta contro l'antisemitismo. La narrazione dell'Olocausto, del resto, non rappresenta una sfida inedita per Jacoby, che già nel 2007, con Constantine's Sword, aveva esplorato il legame fra la comunità ebraica italiana e la Chiesa Cattolica, occupandosi anche delle persecuzioni attuate dal regime fascista e dagli occupanti tedeschi. Con My Italian Secret (che nella versione originale si avvale della voce narrante di Isabella Rossellini), lo sguardo si allarga invece su una casistica assai ampia e variegata, relativa agli uomini e alle donne che, nel periodo del secondo conflitto mondiale, si adoperarono personalmente, in molti casi mettendo a rischio la loro stessa vita, allo scopo di nascondere e proteggere i concittadini ebrei: soltanto in Italia, infatti, il nazifascismo provocò circa ottomila vittime all'interno della comunità ebraica, ma allo stesso tempo un gran numero di individui sfuggirono ai rastrellamenti grazie a gesti di altruismo rimasti, nella maggior parte dei casi, pressoché sonosciuti.
La necessità della memoria
Ed è proprio il valore della memoria, esigenza fondamentale per la trasmissione della testimonianza della Shoah alle future generazioni, il nucleo centrale di My Italian Secret: ricostruire la Storia mediante le singole storie di sopravvissuti, di familiari e di "eroi" che si ritrovarono ad attraversare una delle stagioni più tragiche e cupe del Novecento. A partire da una vicenda che ha avuto un protagonista d'eccezione: il campione di ciclismo Gino Bartali, il quale sfruttò la propria popolarità per contribuire, in gran segreto, a trasportare documenti falsi a favore degli ebrei, con la collaborazione del rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dell'arcivescovo Elia Angelo Dalla Costa. All'operato di Bartali (illustrato anche dalle parole di suo figlio Andrea), che apre e chiude il film, si aggiungono altri racconti, ambientati in varie parti d'Italia, in grado di offrire uno sguardo ulteriore e prezioso sul dramma dell'Olocausto e sulla straordinaria generosità di chi si impegnò, con i propri mezzi, a contrastare la barbarie nazifascista: fra questi il rabbino di Genova Riccardo Pacifici, il chirurgo romano Giovanni Borromeo, la marchesa Gallo e monsignor Beniamino Schivo, le cui gesta sono rievocate da chi, oggi, è vivo soprattutto grazie a loro. My Italian Secret è dunque una pellicola encomiabile negli intenti, la cui cui importanza risiede più nella materia narrativa al cuore del film che non nell'approccio scelto da Oren Jacoby, che sconta forse una certa convenzionalità di stampo televisivo, laddove sarebbe stata preferibile invece un'impronta stilistica più marcata e personale.
Conclusioni
In My Italian Secret, il regista candidato all'Oscar Oren Jacoby raccoglie un insieme di voci, di ricordi e di testimonianze che ci permettono di accostarci ad alcune pagine fondamentali sulle persecuzioni antisemite in Italia, portando alla luce atti di coraggio e di eroismo che mantengono ancora oggi uno straordinario valore. Ne risulta un film che, a dispetto di un'impostazione narrativa non particolarmente elaborata od originale, costituisce comunque un significativo documento relativo ad uno dei periodi cruciali della storia italiana ed europea dello scorso secolo.
Movieplayer.it
2.5/5