Torna a casa Sam
Un'operazione come quella del nuovo La casa è di quelle che destano istintivamente un certo scetticismo, più che comprensibile. La domanda, ripetuta come un mantra (in questa come in tante altre occasioni) è sempre la stessa: "perché rifare un classico, perfettamente attuale, e godibile, ancora oggi?" Una scontata risposta è dettata innanzitutto da considerazioni economiche (il richiamo, nonostante tutto, sui fan dell'originale) e artistiche (la penuria di idee, specie in un genere apparentemente spremuto come l'horror). A ciò, si aggiunga una considerazione semplice, diremmo persino scontata, quanto troppo spesso dimenticata: la tendenza ai rifacimenti è qualcosa di connaturato alla stessa industria hollywoodiana, vecchia quanto la sua stessa storia. Nemmeno Alfred Hitchcock e Cecil B. DeMille (che rifecero loro stessi) ne sono stati immuni. Quindi, si tratta di capire come si affronta la nuova versione di un classico, se si fa una rilettura, un adattamento del soggetto allo spirito dei tempi, o una mera fotocopia dell'originale. In ultimo, si tratta di stabilire quali siano i risultati di questa operazione: qualche volta, anche le "fotocopie" (quando consapevoli) hanno prodotto risultati interessanti: si veda lo Psycho di Gus Van Sant.
Questo lungo preambolo, frutto di considerazioni non certo nuove, è per specificare che la versione 2013 di Evil Dead si colloca da qualche parte tra le prime due categorie, tra quelle sopra citate. Fare una fotocopia del La casa originale, d'altronde, sarebbe stato ben difficile (troppo diverso il modo attuale di intendere l'horror, nonché i meccanismi produttivi dietro ai film di genere) e forse commercialmente poco sensato. Lo stesso Sam Raimi (che ha co-prodotto il film insieme agli stessi numi tutelari dell'originale, Robert G. Tapert e Bruce Campbell) ne era probabilmente ben consapevole. Così, il film diretto da Fede Alvarez cerca di non tradire lo spirito dalla pellicola del 1981, adattandolo alla realtà, globalizzata e con molto meno spazio per la spontaneità, del cinema "di paura" di tre decenni dopo. L'operazione portata avanti da Alvarez (al suo attivo un corto apprezzato come Panic Attack!, del 2009) è in gran parte riuscita: anche se è necessario fare alcune, inevitabili, precisazioni. Il trailer, circolante già da diversi mesi, aveva mostrato con chiarezza che il nuovo film non avrebbe fatto sconti sul piano della graficità: se la serie si è sempre caratterizzata per il gore esplicito, per la ricerca dell'effetto-shock che non lesina in dettagli repulsivi, qui lo spirito non viene tradito. Di sangue ne scorre molto, e in più viene quasi del tutto annullato quell'effetto grottesco, da cartoon sanguinolento, che aveva caratterizzato il sequel La casa 2 (e che sfocerà nel sostanziale cambio di registro de L'armata delle tenebre). Un punto in comune di questo reboot con l'originale è la sua "serietà": l'intento è tenere incollato alla sedia lo spettatore per poi farlo "saltare" nei punti giusti, puntando sul ritmo e sulla successione degli spaventi, più che sulla costruzione dell'atmosfera. Come nel film dell'81, l'effetto grottesco è semmai indiretto, risultato della reiterazione e dell'eccesso. La sceneggiatura reinventa, di fatto, il soggetto originale, eliminando il personaggio di Ash e costruendo, intorno al suo motivo essenziale (un gruppo di amici in gita in un cottage di campagna) una storia di tossicodipendenza e di amicizie tradite. Puro contorno, come si scopre presto: i personaggi sono in realtà delineati in modo piuttosto basilare, mentre il cuore del film resta la loro sanguinolenta odissea contro i temibili demoni, incautamente risvegliati. Questa viene scandita attraverso i quadri del Necronomicon rivenuto nella cantina, che predice, attraverso le sue illustrazioni, la sorte toccata a ognuno dei cinque ragazzi. Questa struttura più evidentemente "costruita", questa maggior presenza della scrittura nel susseguirsi degli eventi, finisce inevitabilmente per sottrarre un po' al carattere anarchico che aveva sempre caratterizzato la saga. Pur essendo riuscito a ricreare, riadattandolo al mood dell'horror moderno, quel sentore di prodotto estremo (e visivamente senza compromessi) che aveva caratterizzato il film di Raimi, questo remake paga inevitabilmente qualcosa in termini di fascino "indipendente": manca, cioè, un po' di quella spontaneità da piccolo film, fatto con lo stomaco più che con la testa, che aveva decretato il successo dell'originale. Le soggettive con la shakeycam di Raimi, tanto più sorprendenti quanto più artigianali nel sapore che evocavano, sono un lontano ricordo: malgrado la sovrabbondanza di effetti splatter, la regia di Alvarez è piuttosto pulita e leggibile, anche se priva di grandi invenzioni. In tempi di orrori asettici e inoffensivi, la scossa del nuovo La casa è comunque salutare. Il regista, accostandosi con rispetto al soggetto originale, fa quello che può per restituirne il senso ultimo: quello di un horror tosto e per stomaci forti, con tanta emoglobina, una buona quantità di spaventi, e quel sano senso di divertimento (non dichiarato) che può essere colto solo dai fan del genere. La nostalgia per il gore anni '80 e per la sua libertà, creativa e narrativa, comunque si fa sentire. Ma Raimi, cineasta affermato che continua a divertirsi con i suoi film, come farebbe un bambino coi suoi giocattoli, non rinuncia a stupire: è notizia recente, infatti, che non solo ci sarà un Evil Dead 4, prosecuzione della saga originale (ma sarà presentato, probabilmente, come seguito de L'armata delle tenebre), nonché un sequel diretto di questa nuova pellicola; ma che le due linee temporali si incroceranno, successivamente, in un crossover, in cui vedremo comparire i personaggi di entrambe. Lo stesso Raimi, d'altronde, è anche il "demiurgo" che può fare ciò che vuole col suo universo: è suo, e i fans non avranno certo problemi a seguirlo nelle sue evoluzioni. Piccola nota finale: i fan di vecchia fata (e solo quelli) restino in sala fino al termine dei titoli di coda.
Movieplayer.it
3.0/5