Recensione Infanzia clandestina (2011)

In questo modo dalla sua esperienza di figlio di desaparecidos, Benjamin Avila da vita ad un'opera prima di intensa umanità che, lasciandosi alle spalle il terrore e la sofferenza dei suoi predecessori cinematografici, lascia comunque spazio alla forza dirompente della speranza.

L'età dell'innocenza

Nello sguardo dei bambini si rintraccia un senso del reale che sorprende e sconcerta allo stesso tempo. A dispetto di quanto si possa pensare, i bambini comprendono e traducono meglio di chiunque altro i segreti della vita con cui, sempre per volontà di altri, si trovano a confrontarsi. Dalla loro parte, però, hanno quel naturale senso di leggerezza che, unito ad una propensione per il sogno e la fantasia, li aiuta non a modificare ma ad adattare la quotidianità. In questo modo, è possibile che un bambino riesca a sopravvivere e mantenere intatto il desiderio di sperimentare le scoperte dei suoi anni anche nelle difficoltà della resistenza armata, condotta nel nome di un paese vessato da un tiranno. Questa è l''esperienza di Juan, figlio di attivisti politici argentini che, alla dittatura del generale Jorge Videla rispondo con il grido "Viva Peron. Libertà o Morte". Ed è nel nome di questo fervore politico che Cristina e Horacio decidono di tornare in Argentina dall'esilio volontario a Cuba, nonostante la preoccupazione per l'incolumità dei loro figli.


Così, immerso completamente nelle convinzioni dei suoi genitori, Juan accetta senza problema apparente di cambiare la sua identità in Ernesto, nascondere l'accento cubano ed esibire una data di nascita che non è la propria. Il suo compito all'interno dell'organizzazione è quello di osservare da lontano, comprendere il significato dell'orgoglio patriottico, l'accettazione del sacrificio e, in caso di emergenza, mettere in salvo sè stesso con la sorella ancora in fasce. Eppure tutta questa dose di responsabilità non sembra incidere troppo sulla quotidianità di un ragazzino che si prepara naturalmente ad abbandonare l'infanzia. Nel percorso di crescita lo guidano i nuovi compagni di scuola e, soprattutto, l'amore per Maria. Delicata come un giunco, la ragazzina si trasforma nell'oggetto di sogni romantici e dei primi turbamenti sessuali. Ed è per lei e con lei che Juan costruisce un mondo di fantasia in cui una macchina bruciata si trasforma nel mezzo ideale per fuggire in Brasile verso le spiagge assolate.

In questo modo dalla sua esperienza di figlio di desaparecidos, Benjamin Avila dà vita ad un'opera prima di intensa umanità che, lasciandosi alle spalle il terrore e la sofferenza dei suoi predecessori cinematografici, lascia comunque spazio alla forza dirompente della speranza. Anzi, filtrata attraverso il punto di vista defilato di un bambino, la lotta e la repressione assumono un valore più alto attribuendo al termine resistenza una vitalità naturale e mai suicida. Perché, a differenza delle scelte stilistiche e narrative perseguite da altri film di denuncia come Garage Olimpo, Infanzia clandestina parte proprio dalla salvaguardia di una quotidianità che, nonostante, il pericolo costante cui è sottoposta, viene in parte "manomessa" ma mai annullata. Da questo punto di vista i canti, i balli, la costruzione dell'amore famigliare e di quello adolescenziale sono la forma di opposizione più accanita che si possa mettere in atto oltre e a prescindere dell'intervento armato. E per lo stesso motivo, probabilmente, Avila decide di non trasformare il suo film nell'elegia della sofferenza sacrificale rendendo la violenza solo intuibile o mostrandola in immagini fumettistiche di tarantiniana ispirazione. Tutto questo perché, nella comprensione e riabilitazione del proprio passato, un paese e il suo popolo non dovrebbero mai vivere nel ricordo esclusivo della morte ma, celebrare la vita come unica e assoluta speranza di vittoria.

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4.0/5