Recensione Gentlemen (2014)

Opera seconda del talentuoso regista scandinavo Mikael Marcimain, il film si propone come l'ideale proseguimento di Call Girl nel mostrarci le storture di una società apparentemente pacificata come quella svedese.

Henry Morgan, compositore jazz, pugile, erede di una ricca famiglia di Stoccolma, una di quelle dinastie con tanti segreti da nascondere, incontra il giovane scrittore Klas e a lui offre la possibilità di vivere in una delle stanze della grande casa, affidatagli dal nonno. Per Klas, tampinato da un editore che pretende di fargli curare un saggio dedicato al dramma di August Strindberg, La camera rossa, l'occasione si rivela più che propizia. Henry, infatti, è un personaggio affascinante e misterioso, un "buono", si direbbe a prima vista, un uomo che per mantenere intatta la propria moralità ha rinunciato al grande amore della vita, Maud, infelice compagna di uno degli uomini d'affari più influenti della nazione, Wilhelm Sterner.

Appassionatosi alla storie che gli racconta, Klas decide di mettere nero su bianco quelle avventure, il più delle volte tragiche, e di dedicarsi così alla composizione di un grande romanzo di cui l'antieroe Henry e il suo geniale fratello, malato di mente, siano spettatori attoniti delle terribili malefatte compiute dai potenti di turno, un'elite tanto forte e protetta quanto intimamente malvagia, che plasma a propria immagine e somiglianza una società molto meno pacificata di quanto non possa apparire ad un primo sguardo.

Provaci ancora, Mikael

Gentlemen: David Dencik con Ruth Vega Fernandez in una scena del film
Gentlemen: David Dencik con Ruth Vega Fernandez in una scena del film

Di certo non si può dire che a Mikael Marcimain manchi il coraggio. A due anni dalla presentazione al Torino Film Festival della sua opera prima Call Girl, dedicata allo scandalo sessuale che interessò la Svezia negli anni '70, l'autore scandinavo porta in concorso nella rassegna torinese un film che possiamo considerare una sorta di ideale prosecuzione del precedente, un lungometraggio ambizioso, ricco di temi, quasi abnorme nella gestione dei suoi sviluppi, che vuol mostrarci la perversione di una società apparentemente evoluta, non più dal punto di vista di un gruppo di donne abusate e mercificate, ma da quello di coloro che abusano e mercificano. Gentlemen (versione condensata di una serie televisiva in quattro parti), tratto dal romanzo di Klas Östergren, somiglia ad una spy story, e in certi momenti ne ricorda i codici, con i personaggi ambigui, la cui moralità si conforma all'utilità e all'interesse, ma diventa poi un attacco frontale nei confronti di un mondo dissoluto nel profondo.

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La camera rossa

Per capire nel profondo un'opera complessa come questa, molto pasticciata nella sua presentazione eppure piena di motivi di interesse, dovremmo seguire il fil rouge proposto dal regista con la presenza dello spettro di Strindberg e di quella Camera rossa che racconta la storia di un impiegato statale idealista che, diventato scrittore, scopre ipocrisia e corruzione in ogni settore esplorato. La Svezia, unanimemente considerata come una delle nazioni più democratiche del mondo, appare nel ritratto firmato da Marcimain, come luogo di abiezioni, in cui la logica del profitto prende il sopravvento su tutto e in cui si finisce schiacciati dagli ingranaggi del potere, una famiglia disfunzionale in cui, come avviene a Casa Morgan, si riduce alla pazzia chi potrebbe tentare di cambiarla, mentre agli altri non resta che scegliere da che parte stare, se da quella dei cattivi o da quella dei testimoni silenziosi.

Henry (David Dencik) non è ovviamente un santo né un martire, riesce anzi con una certa comodità a districarsi nei meandri di istituzioni putride, Klas (David Fukamachi Regnfors) ha dalla sua una certa capacità di analisi che lo "salva" dalla sicura perdizione.

Gentlemen: David Dencik nel ruolo di Henry Morgan in una scena del film
Gentlemen: David Dencik nel ruolo di Henry Morgan in una scena del film

Lo schermo grigio

Tanto chiaro e diretto è il regista nella sua invettiva, ponendo, ad esempio, in risalto il legame tra industriali scandinavi e i Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la Svezia era "formalmente" paese neutrale, quanto poco limpido è lo sviluppo a cui la consegna, bloccandola in un congegno narrativo a scatole cinesi, minuziosamente dettagliate dalla voce fuori campo, che non ci permette a pieno di seguire quanto vediamo sullo schermo. Marcimain possiede grandi di doti nella messa in scena, ma continua a frapporre un velo tra la storia narrata e lo spettatore, quasi si deliziasse del gioco della rappresentazione e fosse più interessato a questo che non alla resa finale. Anche l'alternanza di epoche, di cui il regista sottolinea la diversità con dei bellissimi cambi di fotografia, dal colore "sporco" tipico dei filmini amatoriali dei Settanta al bianco e nero dei Sessanta, non sempre riescono a dare una direzione allo spettatore, che rischia di sentirsi frastornato dalla grande quantità di temi affrontati: la follia, incarnata dal fratello del protagonista, un poeta incapace di rivelare una verità scomoda e per questo travolto da essa, la forza non sempre trascinante della controcultura, la corruzione politica ad ogni livello, l'accusa ad un sistema-informazione connivente coi potenti e, infine, la riflessione sulle donne, ancorate a vecchi retaggi sessisti, allo stesso tempo manipolatrici e succube del maschio forte.

Conclusioni

Gentlemen: Sverrir Gudnason in una scena del film
Gentlemen: Sverrir Gudnason in una scena del film

Gentlemen è un prodotto che, nonostante l'abbondanza di argomenti in campo, rischia di non soddisfare a pieno lo spettatore. Se ci sembra efficace quindi il racconto di una Svezia marcia nel profondo, avremmo gradito una maggiore asciuttezza della narrazione da parte del regista che conferma i pregi visti nel suo debutto, soprattutto nella padronanza mostrata nell'uso della macchina da presa e nella grande capacità di saper ricostruire epoche storiche passate, e anche i difetti di una poetica ancora acerba e schiava del racconto a effetto.

Movieplayer.it

3.0/5