Prendete un Woody Allen d'annata, mescolatelo con un tocco di Nouvelle Vague, aggiungete le musiche eterne di Georges Delerue e agitate bene. Il risultato è Frances Ha, irresistibile pellicola firmata da Noah Baumbach. L'autore americano ci aveva già mostrato la sua vena poetico-intimista in opere come Il calamaro e la balena e Lo stravagante mondo di Greenberg, quest'ultima pervasa da un'inusuale nota di rabbia sorda in sottofondo.
Con Frances Ha questa nota rancorosa scompare. Sarà merito del legame con la sua musa (nel film e nella vita) Greta Gerwig? Cominciamo col dire che senza la Gerwig Frances Ha non esisterebbe. L'attrice e co-sceneggiatrice di questo gioiellino girato in bianco e nero con un budget ridotto è la vera anima del film. Una delle interpreti più intelligenti del giovane cinema americano si cuce addosso un personaggio tanto imperfetto e irrisolto quanto affascinante. Frances Ha buca lo schermo come la Annie Hall di alleniana memoria. Stavolta, però, non c'è un 'io' maschile a far da contraltare, ma una donna di nome Sophie.
Libera come il vento
Gli uomini non contano nella vita di Frances, ventottenne immatura, impacciata, confusa... un vero disastro. Il suo sogno di mantenersi facendo la ballerina non trova concretizzazione e le sue relazioni terminano al momento di prendere una decisione da adulta e legarsi seriamente a qualcuno. L'esistenza di Frances trova ordine solo in relazione alla presenza della sua migliore amica e coinquilina Sophie, ma un giorno Sophie decide di trasferirsi a Tribeca insieme al fidanzato che, poco dopo, lascerà gli Stati Uniti per lavorare in Giappone. Dopo aver perso il suo punto di riferimento, e senza soldi, Frances inizia a peregrinare da un appartamento all'altro. Sono proprio i vari indirizzi delle case in cui si trasferisce, sempre provvisoriamente, a scandire i capitoli in cui il film è diviso.
Una lettera d'amore
Frances è capace di affermare di se stessa 'Non sono ancora una vera persona', ma il suo personaggio rimarrà a lungo nella memoria dello spettatore. Questo grazie a una performance piena di vitalità ed eleganza e al coraggio di un'attrice che non teme di mostrare i propri difetti, trasformandoli in vezzi capaci di far innamorare chiunque. Come la sua protagonista, pazzerella e irresponsabile, anche il film non ha una struttura solida, ma è costruito come un collage di episodi separati da piccoli, deliziosi montaggi di scene tratte dal quotidiano di Frances. La vediamo ballare, correre, inciampare, fare gaffes, salire sulla metropolitana o vagare per le strade di New York, il tutto sempre con la solita grazia. Lo sguardo che la segue da vicino, o più a distanza con interminabili carrellate, è quello di un innamorato che non osa avvicinarsi troppo né rivelarsi per non spezzare l'incantesimo della visione. Frances attraversa la sua vita confusa con la stessa spontaneità, con quello sguardo ingenuo da bambina valorizzato da uno script libero, vitale, ironico e ricco di dialoghi non sempre dotati di un senso. Ma nella vita non sempre tutto ha un senso.
Movieplayer.it
4.0/5