L'Italia che non c'è
Marco si è appena sposato con Floriana, ma pochi minuti prima della partenza per il viaggio di nozze si imbatte nuovamente in Consuelo, una fresca bellezza esotica che riporta a galla i rimpianti di un amore mai concretizzato. Dall'altra parte della città, invece, Max e Sandra sono destinati ad incontrarsi a tutti i costi e a combattere insieme l'incredibile dose di sfortuna che testardamente li perseguita. Per non parlare di Fabio, affetto da depressione cronica per essere stato abbandonato dalla sua ex fidanzata con un semplice SMS. Dopo aver tentato più volte il suicidio, il ragazzo decide di dare libero sfogo al suo cuore infranto sul lettino di un analista, ma proprio quando la cura sembra ottenere i primi risultati ecco arrivare Valentina, compagna di depressione e pene d'amore, e capace di rimettere in circolo i sentimenti. Situazione totalmente diversa per Antonio, eletto deputato europeo che, lungo il tragitto da Napoli a Bruxelles, s'innamora di una affascinante straniera davanti ad una cotoletta e ad un bicchiere di vino. Politico senza scrupoli, pronto a sfruttare l'elezione a suo unico vantaggio, in nome della passione riscopre il gusto dell'onestà e dell'etica, rinunciando all'ambita poltrona e ad una moglie affamata di successo. Ad unire tutte queste esistenze, tra le quali s'inserisce la variabile del single Paolo, è la condizione di ex che, nelle sue innumerevoli variabili, rappresenta l'elemento universalmente aggregante di una umanità altrimenti sempre più scomposta.
Una produzione di grande tradizione, un cast corale composto dai soliti noti del grande e piccolo schermo e due conoscitori del cinema che, anche solo per semplici motivi famigliari, dovrebbero padroneggiare la materia con sicurezza; ecco come impegnarsi per realizzare un prodotto dotato di personalità eppure non riuscire nell'intento. Tornati ad una leggerezza probabilmente più consona alle loro corde dopo l'esperimento di Sotto il vestito niente - L'ultima sfilata, i fratelli Carlo Vanzina e Enrico Vanzina giocano con Ex: Amici come prima! la carta che a suo tempo portò tanta fortuna a Fausto Brizzi, ma il risultato ottenuto è una narrazione tendenzialmente superficiale con una vaga presunzione di critica sociale. Posto che la gloriosa commedia all'italiana abbia smesso di dare segni di vita alla fine degli anni Settanta e che al suo posto si sia fatto largo un erede costantemente inadeguato caratterizzato da una comicità forse più sfacciata ma anche meno potente, ci si chiede se sia davvero necessario e inevitabile rinunciare anche alla sottile crudeltà e all'ironica amarezza con cui quel cinema osservava e rifletteva la natura reale di un paese. Ecco che, privato di questa visione privilegiata, di questa lente d'ingrandimento con cui evidenziare il genotipo dell'italiano, il cinema dei Vanzina perde consistenza, limitandosi a proporre una serie di quadri animati il cui sfondo non svela proprio nessun segreto. Con l'illusione di comprendere e prevedere una realtà sociale sempre più spudorata, Ex: Amici come prima! non riesce a fare altro che sfiorare la superficie offrendo, al massimo, il ritratto di un ristretto gruppo sociale che al nostro paese sembra appartenere solo per una fortuita casualità. E se è vero che in tempo di crisi si cerca di alleggerire l'animo del pubblico con storie dai toni meno neorealistici, è pur valido il principio secondo cui il cinema popolare dovrebbe, per sua stessa definizione, parlare attraverso una rappresentazione riconoscibile e comprensibile a molti. Una identificazione che, almeno in questo caso, viene completamente disattesa da una girandola infinita di personaggi dalle esistenze privilegiate, con abitazioni lussuose ed una disponibilità economica infinita che proprio non ne vuol sapere di piegarsi ad una realtà in affanno. A questo punto è sempre più evidente che i borghesi piccoli piccoli hanno perso il loro appeal, almeno agli occhi di chi il cinema lo scrive e lo realizza. E se il massimo che un certo tipo di commedia garbata può immolare sull'altare della contemporaneità è una vaga ironia sul rapporto tra premier ed escort, potrebbe essere giunto il momento di riflettere sulla natura di un prodotto che va lentamente diluendosi nell'utilizzo del product placement, nei flashmob del momento o nel rimpasto di un prodotto già visto e archiviato. Figlio della cultura televisiva, riscontrabile soprattutto nell'utilizzo di volti provenienti dal piccolo schermo e dalla visione di un certo tipo di cronaca, al film dei Vanzina non rimane che aggrapparsi con forza disperata all'esaltazione del sentimento che, ben lontano dall'avare il retrogusto ironico della commedia anglosassone cui si sono dichiaratamente ispirati, continua ad essere ancora l'unico elemento universalmente riconoscibile nonostante la sostanziale inconsistenza di un cinema trasformato in franchising.
Movieplayer.it
2.0/5