Tre uomini e un'adolescente
Il risultato più ambito cui una commedia italiana possa aspirare oggi è creare dello stupore favorevole. Un traguardo raggiungibile puntando tutto su un ottimo soggetto che, arricchito da un'ironia originale e da personaggi finalmente determinanti, contribuisce a creare la magia sempre più rara del ritmo comico. Solo ed esclusivamente in questo modo, utilizzando la qualità per rendere ancora più vendibile e commerciale il prodotto, si può uscire da schemi preordinati all'interno dei quali si producono racconti in serie sempre più sterili e uguali a se stessi. Da questo pericolo è fuggito l'attore e regista Edoardo Leo che, per il suo secondo lungometraggio, sceglie di mostrare un tocco personale scegliendo di basare la solidità del film proprio su un'ottima scrittura. In questo modo Buongiorno papà, nonostante dei dubbi iniziali, vince qualsiasi reticenza e dimostra che è possibile realizzare una commedia dignitosa senza perdere nessuna sfumatura ironica. L'idea alla base del soggetto scritto da Massimiliano Bruno è in se piuttosto semplice. Ci troviamo di fronte ad un personaggio, quello di Andrea, solidamente avvinto ad un'eterna gioventù nonostante i quarant'anni ormai compiuti.
A popolare le sue giornate sono una carriera in ascesa in un'agenzia di product placement, avventure di una notte, una chiara venerazione per le lampade solari e l'avversione per qualsiasi segno di vecchiaia. Accanto a lui, testimone silenzioso e spesso invisibile, c'è Paolo, l'amico di sempre, destinato al ruolo di spalla e vittima consenziente. Fino a qui, dunque nulla di veramente innovativo o che faccia sperare in un'inversione di rotta, almeno fino a quando Bruno e Leo non decidono d'inserire la variabile rappresentata da una figlia diciassettenne con tanto di capelli rosa. Oltre la paternità improvvisa e non desiderata, però, il regista mette in scena una varietà umana diversificata capace di dare corpo, forma e tempismo al momento comico. Perché più che un film di situazioni, Buongiorno papà è una storia di personaggi affiancati e utilizzati per creare sinergie bizzarre e dare vita ad un umorismo naturale. A rappresentare il fulcro di questa struttura è Marco Giallini che, solo attraverso le visioni notturne di un sonnambulo perso tra Rolling Stones e New Trolls, riesce a definire la natura del rockettaro Enzo destinato a imporre una vera e propria rivoluzione musicale e di costume all'interno di un gruppo altrimenti troppo statico. Il primo a lasciarsi conquistare da questo nuovo stile è proprio Edoardo Leo, trasformando l'amico scemo Paolo in un personaggio attivo la cui purezza è messa costantemente al servizio della risata. Allo stesso modo, anche Bova rifiuta lo stereotipo di bello e impossibile, mettendo alla berlina la maniacale superficialità di Andrea e sottoponendo la sua granitica fisicità ad una serie di inconvenienti paradossali. In questo modo, pur seguendo un ritmo diverso dettato dalla natura dei loro personaggi, i tre interpreti riescono a comporre una melodia comica non solo orecchiabile ma assolutamente trascinante. Ed è in questa struttura fluida che Leo riesce a ridere di se e del suo ambiente, andando a scandagliare tra i retroscena del making of cinematografico e le dure leggi commerciali le quali, unite alla naturale follia degli autori, nella nostra realtà attentano fin troppo alla riuscita del prodotto finale. Il tutto senza lanciare accuse feroci o pungenti, ma continuando ad utilizzare quella leggerezza un po' incantata e ingenua che, nel caso specifico, riesce a trasformare la risata in un vero esercizio di stile.
Movieplayer.it
4.0/5