Recensione Biagio (2014)

Un uomo abbandona ricchezze e tranquillità per mettersi in gioco e aiutare il prossimo; il protagonista di Biagio, nuovo film di Pasquale Scimeca, è un eroe coraggioso che combatte la povertà con la forza della fede e del messaggio di Francesco D'Assisi.

Quando si parla di spiritualità e religiosità ci si dovrebbe sempre muovere in punta di piedi, per evitare di banalizzare o svilire temi molto delicati, o meglio, argomenti che sono di importanza cruciale per la vita delle persone, che attengono ad una sfera intima inattaccabile. E' essenziale, quindi, provare a mantenere la giusta distanza, senza essere scettici o cinici, ma senza rinunciare ad una visione critica della questione. Biagio di Pasquale Scimeca, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, nella sezione Cinema d'Oggi è un piccolo lungometraggio che racchiude in sé una grande storia, quella di un uomo "scandaloso", coraggioso a tal punto da lasciare agi e ricchezze familiari per diventare un missionario laico e aiutare i poveri.

Ad un certo punto della sua vita Biagio Conte, che a Palermo, la sua città, chiamano affettuosamente Fra Biagio, decide di seguire le orme di Francesco D'Assisi ed in inizia un lungo e tumultuoso percorso alla ricerca di sé stesso, del senso della propria vita. Vaga dapprima tra i boschi nell'entroterra siciliano, in balia degli eventi, poi incontra un pastore che lo prende a benvolere e che lo mette in contatto, dopo una prova terribile, con una piccola comunità di francescani. Poi la decisione suprema di camminare verso Assisi per trovare quella pace a lungo desiderata. Infine, il ritorno a casa, in una città in cui fame e povertà sono molto più diffuse di quanto si possa pensare, con la volontà di creare un luogo di scambio in cui tutti potessero sentirsi accolti come in una grande famiglia.

Storia di un uomo straordinario

Biagio: Marcello Mazzarella in una scena del film di Pasquale Scimeca
Biagio: Marcello Mazzarella in una scena del film di Pasquale Scimeca

Biopic sui generis, costruito attorno ad un personaggio carismatico che è riuscito sempre con grande efficacia a respingere le lusinghe della pubblicità facile, Biagio è un film che sfugge di mano e che il regista fatica a "gestire". Cultore di un cinema genuinamente realistico, Scimeca prova a mettere a disposizione di questa vita fuori dall'ordinario, il suo sguardo attento e umanamente connesso ai personaggi, ma quasi mai riesce ad elevarsi da quanto raccontato, proponendoci un prodotto che soffre in più di un punto di un'estenuante povertà stilistica e di un didascalismo del tutto nocivo per i propositi della pellicola.

Scimeca sceglie un approccio metacinematografico mostrandoci, quasi in parallelo, la storia di un regista/giornalista che cerca di intervistare Biagio e che alla fine viene conquistato dalla personalità del suo dirimpettaio; una decisione narrativa che in qualche modo serve a mettere in campo un altro elemento in gioco, ovvero la presenza, interna al film, dell'alter ego del cineasta, che però appesantisce ulteriormente la struttura dell'opera.

Missione di Speranza e Carità

Fatta salva la volontà, l'urgenza di raccontare la storia di una figura particolarissima della nostra società, un epigono di Francesco D'Assisi, povero tra i poveri, umile e coraggioso, il film di Pasquale Scimeca si perde quindi nei meandri di una narrazione fumosa e pedante, in cui la semplicità, che è l'elemento chiave dell'esperienza umana di Biagio, interpretato con dolente adesione da Marcello Mazzarella, diventa purtroppo povertà a livello cinematografico, sia dal punto di vista linguistico che stilistico.

Biagio: Marcello Mazzarella in una scena del film 'Biagio'
Biagio: Marcello Mazzarella in una scena del film 'Biagio'

Conclusione

Biagio: Vincenzo Albanese con Marcello Mazzarella in una scena del film di Pasquale Scimeca
Biagio: Vincenzo Albanese con Marcello Mazzarella in una scena del film di Pasquale Scimeca

Pasquale Scimeca dirige un film che rappresenta una sfida assoluta, ovvero raccontare la vita di un uomo fuori dall'ordinario; la sensazione è che, pur volendo evitare a tutti i costi il ritratto agiografico del protagonista, anche per aderire il più possibile alla personalità di una persona che mal sopporta le luci dei riflettori, la sua scrittura didascalica ha trasformato il materiale di partenza in un prodotto troppo scarno per arrivare al cuore.

Movieplayer.it

2.0/5