Teen-thriller
Il genere thriller, proprio per la sua natura fluida e magmatica, è tra quelli che si prestano alle maggiori contaminazioni, disseminandosi in svariati filoni - dall'action alla spy story, dal noir al giallo puro - e "sporcandosi" con altri generi, come ad esempio la commedia e la parodia. Abduction - Riprenditi la tua vita si segnala, invece, come un particolare e inconsueto esempio di contaminazione tra il genere thriller e quello del teen movie. Evidentemente il fortunato esempio di Twilight ha fatto scuola: se infatti la lucrosa saga vampirica ha riletto i connotati del cinema horror per adattarli al contesto delle nuove sub-culture giovanili, in un certo senso anche il film di John Singleton ritenta una simile operazione, operando però nell'ambito dell'action movie.
Non è di certo un caso, infatti, che a essere protagonista di questo esperimento (che può dirsi riuscito dal punto di vista commerciale, visti i risultati al box office americano) sia proprio Taylor Lautner, meglio conosciuto come l'affascinante licantropo Jacob Black della serie di Twilight. Balza subito agli occhi come Abduction sia interamente costruito sulla presenza fisica del giovane attore, nel tentativo magari di lanciarlo come nuovo action-man di riferimento per il pubblico adolescenziale. Al suo fianco, invece, troviamo la modella Lily Collins, che aveva già avuto modo di farsi notare in un altro film d'azione indirizzato a un target giovanile, Priest.
Lo spettatore non deve dunque stupirsi se, guardando la prima mezz'ora di film, gli sembrerà di assistere a un tipico high-school movie: il protagonista, Nathan, è un normalissimo adolescente americano che si divide tra i compiti in classe, la cotta per la sua vicina Karen, le sbronze insieme agli amici, e un rapporto difficile e contraddittorio con i suoi genitori Mara e Kevin (interpretati da Maria Bello e Jason Isaacs).
Soltanto dopo questa prima parte del racconto, finalizzata a inquadrare il contesto in cui vive il personaggio, inizia a prendere il sopravvento la componente thriller vera e propria. Nathan, infatti, visita per caso un sito Internet dedicato a dei bambini scomparsi, trovando - con grande sorpresa - anche la sua foto, e scoprendo così che Kevin e Mara non sono i suoi genitori biologici. Ben presto sarà catturato da un'intricata trappola spionistica, finendo per essere catapultato nel mezzo di due fuochi: da una parte gli dà la caccia l'agente della Cia Burton (Alfred Molina), dall'altra un ex capo dei servizi segreti serbi (Michael Nyqvist). Per la restante ora e mezza dunque l'intreccio di Abduction si dipana secondo le regole della classica "caccia all'uomo", all'insegna di tutti i luoghi comuni e le convenzioni più ricorrenti del genere. La sceneggiatura del neofita Shawn Christensen punta addirittura a modelli alti come Alfred Hitchcock (la sequenza ambientata in treno ricorda decisamente Intrigo internazionale), oppure Blake Edwards (l'epilogo del film, ambientato in uno stadio di baseball, pare essere ispirato a quello di Operazione terrore). Il problema tuttavia è che le citazioni e gli omaggi non sono rielaborati in maniera originale e personale, e al contrario sembrano mancare degli elementi davvero innovativi. L'unica eccezione è appunto rappresentata dal fatto che in questo caso si scomodano alcune ansie tipicamente adolescenziali, tra cui la sensazione (comune a molti teenager) di essere stati adottati. John Singleton, dal canto suo, pur dimostrandosi un valido orchestratore di sequenze adrenaliniche, non rinuncia allo stile registico sovraccarico e un po' "cafone" tipico delle sue produzioni action, come Shaft e 2 Fast 2 Furious, in questo caso impiegando in maniera ossessiva la steadycam e abusando di movimenti di macchina e zoom per conferire maggior concitazione alle scene.
Insomma, al di là del potenziale successo commerciale del film, se Abduction - Riprenditi la tua vita voleva essere il trampolino di lancio per la futura carriera action di Taylor Lautner, l'operazione non può dirsi pienamente compiuta: non tanto perché l'attore non abbia il necessario physique du rôle (anzi, tutt'altro), quanto perché la struttura del film, eccessivamente piatta e convenzionale, non gli consente di emergere abbastanza dal punto di vista espressivo.