Per il terzo anno consecutivo, la città di Ravenna si è trasformata nell'ombelico del mondo per gli appassionati italiani di horror e di cinema di genere in senso più ampio.
Dal 4 al 9 di ottobre, nel capoluogo romagnolo si è infatti tenuta l'edizione 2005 del Ravenna Nightmare Film Fest, manifestazione che nel giro di pochissimo si è affermata come punto di riferimento numero uno in Italia per quanto riguarda rassegne e manifestazioni dedicate al cinema dell'orrore.
Come lo scorso anno, il RNFF ha avuto come teatro parte del moderno multisala CinemaCity, che ha garantito qualità e comodità delle visioni, oltre che a spazi utili a lavoro e relax per stampa e pubblico. La struttura del festival di quest'anno ricalcava poi quella delle precedenti edizioni: un concorso internazionale per lungometraggi quindi, affiancato da un analogo concorso per i corti, due retrospettive, una dedicata al nostro Corrado Farina - anche membro della giuria assieme a Brian Yuzna e al produttore Ovidio Assonitis - l'altra all'americano Jeff Lieberman, che presentava anche in concorso Satan's Little Helper, il film che ha segnato il suo ritorno all' horror e ai set cinematografici dopo un ventennio d'assenza. E ancora, prestigiosi titoli fuori concorso come The Descent - Discesa nelle tenebre, Wolf Creek, I guardiani della notte e l'ultima fatica registica di Yuzna, Beneath Still Waters, oltre alla consueta fascia notturna Mighty-Night Express, amatissima dal pubblico, che quest'anno contava su titoli come Porno Zombi, La cavalcata dei resuscitati ciechi e Le vergini cavalcano la morte. Un offerta ricca ed abbondante, ulteriore merito da attribuire a tutta la squadra della manifestazione, capitanata dal direttore artistico Franco Calandrini e caratterizzata da professionalità, ospitalità e simpatia. Un'offerta che permette anche di ragionare sullo stato, sulle tendenze e sulla salute del cinema horror di oggi, partendo ad esempio dai film premiati.
È abbastanza sintomatico infatti che la giuria di quest'anno abbia (opinabilmente) premiato il ritorno all'horror del veterano Lieberman - il già citato Satan's Little Helper - e dall'altro abbia dedicato una menzione speciale a The Lost, film di un regista esordiente e giovanissimo come Chris Sivertson, amico e collaboratore di lunga data di quel Lucky McKee anche lui ospite del RNFF nell'edizione 2004 con il suo ottimo May. Da un lato quindi il risultato del festival vede affermarsi un "grande vecchio" del cinema horror, che propone uno stile ironico e derivativo rispetto alla grande tradizione del genere degli anni Settanta e Ottanta. Dall'altro si conferma la presenza negli Usa di una nuova generazione di registi in grado di approcciare l'horror in maniera nuova, di certo considerando e facendo tesoro delle lezioni del passato, ma utilizzando comunque uno sguardo inedito e immettendo tematiche e sensibilità personali e condivise.
Se poi nel complesso la qualità dei film in concorso al RNFF non era particolarmente elevata, questo è specchio della situazione generale del genere e nulla toglie all'importanza di una rassegna per l'appunto nodale per fotografare lo stato delle cose. Il genere horror sta sì vivendo un periodo di grande interesse presso pubblico e produttori, ma non riesce forse a presentare elementi di novità particolarmente rilevanti, con poche eccezioni. Oltre alla già citata generazione dei McKee e dei Sivertson - cui si può ascrivere forse anche l'Eli Roth che proprio in questi giorni al Sitges presenta il suo nuovo Hostel - è da fuori gli Stati Uniti che provengono le cose più interessanti: e a Ravenna la presenza di film come lo splendido The Descent (britannico) e Wolf Creek (australiano) ne è stata un'ulteriore conferma.
Quindi: spaccato efficace di una situazione e di un genere, attenzione alle novità che potrebbero rappresentare il futuro del genere e riscoperta dei classici più o meno segreti. Il RNFF è stato questo e molto altro. In conclusione, un'annotazione che ci pare doverosa: spiace constatare che un regista che ha segnato in maniera fondamentale l'horror contemporaneo come Brian Yuzna sembra aver smarrito del tutto la sua vena registica, colpevole di un film qualitativamente assolutamente fallimentare.